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Joao Pedro: “La squadra ha consapevolezza. Io e Maran? Siamo simili”

“Raggiungere l’Europa? Dovremmo cominciare a pensarci anche a Cagliari…”. Terza e ultima parte dell’intervista a Joao Pedro: la stagione in corso, la crescita personale, la fede, la nazionale e il rapporto coi tifosi rossoblù.

PARLA JOAO PEDRO. Ventisei anni e la maturità di chi, nella vita, le ha vissute quasi tutte. Geraldino dos Santos Galvão, per tutti Joao Pedro. Una vita che ora il numero 10 rossoblù vive in un presente felice chiamato Cagliari. Come racconta il brasiliano in un’intervista a tutto tondo rilasciata al magazine Cuore Rossoblù.

Di seguito la terza parte dell’intervista (qui la prima parte; qui la seconda parte).

IL PRESENTE. “Girone chiuso con gli stessi punti dello scorso anno? Dipende da diversi fattori, tra cui il calendario. Ma la consapevolezza della squadra è diversa. E sono certo che a fine campionato faremo meglio. Siamo una squadra di qualità, dobbiamo conquistare la sicurezza che serve per rischiare di più. Ogni partita dipende da tanti episodi, fortunati o meno, ma sappiamo che stiamo giocando nel modo giusto. Molti pareggi e poche vittorie? Quando capiamo che possiamo farcela dobbiamo provarci“.

MISTER MARAN. “Col mister il miglior rapporto possibile. Ci siamo capiti subito e siamo simili: pochi discorsi, molti fatti“.

LA CRESCITA. “Da Palermo, dove sono sbarcato in Italia, a oggi sono cresciuto incredibilmente, soprattutto sul piano tattico. Prima ero un ragazzo che giocava con la palla, adesso so esattamente dove devo stare. E cerco di aiutare la squadra. Ho cercato di essere un giocatore completo e ora voglio essere un giocatore in più. Sono più competitivo degli inizi, mi sono costruito, ora ho gambe e fiuto per reggere e non più solo i piedi. Tiro meno in porta? Ogni pallone è prezioso, ogni palla persa o guadagnata fa la differenza. In campionati come questi può significare una partita vinta o persa. Non tiro per tirare, perché oggi avverto questa responsabilità“.

LA FEDE.Credo tantissimo e prego prima di ogni partita. Parlo con Dio di continuo. Ho imparato a credere da piccolo e non ho mai spesso. Credere è la mia vita.  È essere più severi con sé stessi che con gli altri. E tutto ciò che ho oggi lo devo a Dio. Ho un’idea libera della fede e molto interiore. Ognuno deve trovare il proprio modo di pensare, credere e vivere. Questo è ciò che insegnerò ai miei figli“.

TRA BASKET E CALCIO.Mi affascina il basket americano. I top player giocano cento partite l’anno. Si può imparare anche da altri sport. Per imparare devi arrivare al limite delle tue possibilità. Questa consapevolezza li rende professionisti. Nel calcio, in una partita ci sono molte cose oltre al vincere e al perdere. Io sento di avere ancora molto da imparare. Per questo dico che bisogna sapersi donare“.

LA SARDEGNA E I TIFOSI. “Il rapporto con l’Isola? Bellissimo. In cinque anni ho girato e incontrato tante persone. Ho cercato di capire cosa significhi essere sardi. È bellissimo il rapporto coi tifosi, sempre più attivi e sempre più presenti: questo ci porterà punti in più“.

NAZIONALE ED EUROPA. “La Seleçao? Ci ho giocato nelle giovanili. Ora la guardo in televisione. In Portogallo arrivai quarto davanti a Sporting e Porto, fu una grande soddisfazione, anche perché raggiungemmo le coppe europee. E dovremmo cominciare a pensarci anche a Cagliari. Sono molto orgoglioso di ciò che abbiamo raggiunto e ora voglio di più. Qui c’è una società che ha un grande progetto per il futuro“.

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