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IL DRIBBLING DI… Mario Frongia. Cagliari, ventesima straziante sconfitta

L’Inter passa 3-1 alla Domus. Un filo tiene i rossoblù in A. Domenica ultimo step stagionale a Venezia, nella speranza che la Salernitana non vinca in casa con l’Udinese

“Giulini, Giulini vaffa…”. Ma anche “presidente incompetente”. Sono stati questi i coretti rabbiosi degli Ultras. In coda al match, uno sfogo più che comprensibile. La ventesima partita persa, con l’alito della B che annichilisce, ha tolto anche l’ultimo residuo di ottimismo e coraggio. Poi, tutto può ancora succedere: la Salernitana è avanti di due punti, a quota 31. Domenica il Cagliari va a Venezia, matematicamente retrocessa ma capace di prendersi un pareggio all’Olimpico con la Roma. I campani ospitano l’Udinese. facile per chiunque farsi due conti. Poi, il calcio è spettacolare anche perché riserva sorprese esemplari. Intanto, il 3-1 stabilisce la retrocessione del Genoa e dà la salvezza alla Samp.

Per stare in casa nostra, l’ottimismo nella tifoseria non abbonda, anzi. Meglio essere chiari, serve qualcosa che somigli a un miracolo. Ad essere realisti c’è da sentirsi male. La categoria a rischio è un danno di dimensioni planetarie. Retrocedere, per la seconda volta con la deficitaria presidenza Giulini, sarebbe una mostruosa vergogna. E guai ai paragoni impropri. Adesso, non si deve mollare. Ma la classifica dice che si deve tifare Udinese. In caso di sconfitta con i friulani e di vittoria sarda al “Penzo“, si starebbe miracolosamente e per l’ennesima volta in A. Non si retrocede neanche se la Salernitana pareggia e il Cagliari vince a Venezia: a parità di punti sono i Quattro mori a gioire per migliore differenza reti. Incrociare le dita e sperare, non resta altro. Ed è un’amara constatazione.

Copione già visto. Cagliari-Inter 1-3 la sintesi di una stagione da incubo. Intanto, è arrivato il ventesimo ko. Ma non è il momento degli schemi, dei moduli, della tattica sbagliata o male interpretata. Su organico, scelte e decisioni aziendali ci sarà tempo per parlarne. Con i nerazzurri serviva un po’ di cuore. E per quello messo nelle precedenti trentasei giornate, non è stato difficile vederne almeno il minimo sindacale. “Giocate fino alla fine” ha urlato la Nord. Cagliari-Inter si è chiusa 1-3. La corsa scudetto e quella per la retrocessione sono ancora aperte

La testa giusta. Approccio e voglia di provarci sono stati opera di Alessandro Agostini. Ma il tecnico fa il tecnico, se si voleva una magia andava chiamato Silvan. Che, conoscendo i trucchi, avrebbe rifiutato. Il Cagliari è partito con un 3-5-2 anomalo: su Barella – che tristezza quei fischi! – si è attaccato Dalbert. Lykogiannis, su Darmian, ha spesso raddoppiato. Ma non è stata la partita delle mosse da scacchiera. E per quanti vogliono i dettagli, su CalcioCasteddu ci sono le pagine con la cronaca puntuale dei colleghi. Per il resto, Marin si è messo da subito sulle tracce di Brozovic, aiutato da Grassi, e Bellanova su quelle di Perisic. I sedicimila hanno spinto la squadra. Tutti in piedi per i tiri di Lyko, parata di Handanovic, e Marin, a lato. I trecento interisti hanno urlato di tutto. La Sud ha replicato. Poi, vanno segnalati il gol annullato a Skriniar, il tiro centrale di Calhanoglu, la girata a lato di Lautaro. In avvio il Cagliari si è mosso con ordine, Joao Pedro e Grassi hanno accelerato.

Rog ha dato verve. Ma la sensazione è stata del gatto che gioca con il tipo. L’Inter è imprecisa ma ha dato l’idea di avere il pallino anche quando ha perso la palla. Ceppitelli e soci hanno smorzato e tenuto. Ma le ripartenze sono rimaste quelle di sempre: per lo più disastrose. Poi, Darmian ha segnato l’1-0 di testa. E i nerazzurri, inclusa la fastidiosa supponenza di Dzeko, hanno lasciato capire di non voler lasciar perdere la questione scudetto. Il Milan che ha battuto 2-0 l’Atalanta è a quota 83. Si gioca. Gli ospiti, palla su Brozovic e Barella, hanno sempre più di una possibilità. Condizione fisica, idee di gioco, motivazioni e tecnica fanno da sempre la differenza. Il palo, dopo le sterzate, di Lautaro, ad esempio. Ma se ti giochi il campionato negli ultimi 180′ è difficile prendersela con chi sta meglio e gioca bene. I numeri non mentono: Bastoni e soci prevalgono su possesso palla (65 e 35 per cento), tiri 12 e 2 (5 e 1 in porta), corner (5 e 1), passaggi (230 e 111) bontà del fraseggio (88 e 77 per cento). Doveri? L’arbitro romano lascia giocare, anche troppo. Ma è dura cercare ancora una volta scuse o alibi.

L’ennesimo capitombolo. Sette minuti e Lautaro, sul filo del fuorigioco, la mette sul 2-0. Poi, ci pensa Lykogiannis, sassata di sinistro, ad accorciarla. Agostini non si lascia sfuggire l’occasione: dentro Keita e Nandez, out Pavoletti e Rog. Simone Inzaghi richiama Barella e Darmian, in campo Dumfries e Gagliardini. L’uruguagio è da subito pericoloso. L’Inter ha accusato il colpo. Si vede un po’ di animo rossoblù. Bene. Ma non può bastare. Escono Bastoni e Dzeko ed entrano D’Ambrosio e Correa. Il Cagliari ha mostrato negli ultimi venti minuti una pressione più solida sull’uscita avversaria. Con Skriniar e compagnia che hanno cincischiato. Poi, Perisic ha messo i brividi, di testa a lato, a Cragno. Palla gol che è sfumata anche per Keita. Ma è  stata l’Inter con una ripartenza laser a chiudere il match sul 3-1: Lautaro. Gol e sostituzione, dentro Sanchez. Agostini ha risposto con Pereiro. Ci sarebbe da registrare anche un palo di Dumfries. Si chiude con percentuali leggermente migliori. Ma rimane una notte da dimenticare.

Notarelle

Tutti fuori. Quando si dice capirne di pallone. O almeno avere un filo di culo. “I generali? Meglio fortunati che bravi” diceva Napoleone. Il Cagliari che decide non è né l’uno né l’altro. Per dire, nella gara della vita si presenta con Strootman e Keita in panca. Lovato, Goldaniga e Baselli tra panchina e tribuna: la bontà della campagna acquisti estiva. Migliorata da quella invernale, “ragionato” dopo il girone d’andata chiuso con 10 punti. Ma la colpa era di Semplici prima, di Godin e Caceres e di Mazzarri poi. Delle cavallette adesso.

Viva il marketing. Trovare il tempo per promuovere il brand Isola, ancorché legati dai contratti di sponsorizzazione siglati con la Regione (soldi di tutti, meglio non scordarlo), è stata l’ultima strepitosa mossa della dirigenza. Subito reclamizzata dalla claque in servizio permanente effettivo. Sarebbe stato meglio stare con il gruppo. Magari si perdeva uguale. Ma ci sono cose come la dignità e l’opportunità.

 

 

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