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IL DRIBBLING DI… Mario Frongia. Cagliari, un 3-0 che fa molto male

Il filotto positivo rossoblù si interrompe con una Lazio che fa valere qualità e tecnica. C’è da combattere, serve umiltà e continuità. A partire dal prossimo scontro diretto con lo Spezia

Walter Mazzarri alla vigilia è stato profetico. Una partita come quella con la Lazio la si deve giocare con la determinazione di chi non ha scelte. Non è andata così. Il 3-0 degli ospiti è meritato, ma il Cagliari deve fare un lungo e meditato mea culpa. Sia chiaro, la salvezza non è roba che si compra al mercato. Per mantenere la categoria occorre continuità, sacrificio gara dopo gara. Oltre al cuore e alla testa: senza di soffre. E se di fronte trovi una formazione con un tasso tecnico elevato, tutto diventa difficile. Si può perdere ma non con un atteggiamento che ricorda i 10 punti e la caterva di sconfitte da incubo dell’andata. L’auspicio è che la sconfitta – giunta dopo un filotto eccellente – serva da lezione.

SOTTO DI DUE RETI. La Lazio che non perde con il Cagliari da quindici turni, i rossoblù che sono reduci dalla splendida zampata di Torino. Non solo: il sedicesimo ko fa sì che, alla pari della Juventus, la squadra di Maurizio Sarri sia quella che in A ha condannato più volte il team di Mazzarri. La musica è stonata fin dal via. I rossoblù paiono meno affamati del solito, in ritardo sulle seconde palle, con una voragine tra attacco, Joao Pedro, Pereiro e Marin, e la mediana, con Grassi schiacciato dietro, poco supportato da Deiola e dagli esterni. A seguire, una eccessiva leggerezza, forse anche psicologica, nello scegliere le soluzioni per uscire e ripartire. Ma, soprattutto, il pressing: lento, a macchia di leopardo, altra cosa rispetto a quel che il Cagliari ha messo in mostra con il Napoli in casa e con il Torino in Piemonte. Poi, c’è l’enorme bagaglio tecnico della Lazio. La ragnatela di passaggi, una qualità nella gestione e nelle giocate di prima, il fraseggio insistito ai limiti dell’area rossoblù.

Con poca o nessuna pressione e una gestione della palla lenta, sempre all’indietro. Bellanova e Dalbert, le superfrecce della rinascita? Presenti, ma poco esplosivi. E anche da JP10 poca roba. Pereiro? Un primo tempo da dimenticare, nel senso che viene complicato ricordare qualche iniziativa di rilievo dell’uruguagio. E, quel che è peggio, si sono rivisto i lanci lunghi da dietro, ottima idea per i guanti comodi di Strakosha. Con i rimproveri in campo tra difensori e centrocampisti, rimarcati dalle urla disperate di Mazzarri. In mezzo, tra un quintale di lentezza, qualche sprazzo di cuore, tentativi di Deiola e Bellanova. Poco per rimediare al 2-0, rigore di Immobile (ha raggiunto Piola con 143 reti con la maglia della Lazio) per fallo di mano di Altare, e il raddoppio di Luis Alberto, piattone a chiudere un contropiede micidiale. Si chiude con gli ospiti avanti: 9 tiri contro 2, 66 per cento di possesso palla contro il 44, 241 passaggi contro 168, con l’82 per cento andati a buon fine contro il 74. Il Cagliari? Ha avuto dalla sua solo due angoli contro uno.

IL MAGO FELIPE. Il primo tiro nello specchio della porta laziale lo firma Marin al primo minuto della ripresa. Il piglio d’avvio del secondo tempo pare buono. Poi, si perde palla con troppa facilità e la Lazio mette i brividi in contropiede. Cragno c’è, Lovato pure. Mazzarri fa rifiatare Altare, ecco Carboni. Deiola cede il posto a Pavoletti: scelta offensiva, al fischio finale mancano 35′. Sarà un caso la Lazio che gioca sulle punte, è leziosa e pecca in presunzione suona la sveglia al Cagliari: JP10 si invola, ancora Marin impegna Strakosha. Ma è un fuoco di paglia. Felipe Anderson si inventa il 3-0. E chi sa di calcio, anche in curva, lo applaude. Ci si aspetta la reazione: ma è frammentaria, con palloni regalati anche senza pressioni particolari. La baracca la tengono alla meno peggio Marin, Grassi e Lovato.

Scomparsi o quasi dai radar Pereiro (impalpabile, gli subentra Baselli), Dalbert e Bellanova. Ci sta. Mazzarri cerca di ridare indicazioni alla squadra: parliamone. Joao parla a lungo con il tecnico. la risposta è a spanne, discontinua, poco incisiva. C’è lo spirito ma non basta. La stagione è ancora lunga, ci sarà da soffrire. Zappa e Ceppitelli sostituiscono Goldaniga e Dalbert. Keita? Ha avuto la colpa di essere convocato dal Senegal per partecipare alla Coppa d’Africa. Per di più è doppiamente colpevole perché ha fatto parte della nazionale che l’ha anche vinta! Ma ci si chiede: è possibile che l’attaccante ex Monaco e Inter non possa avere neanche una chance? Intanto, il mago Felipe si divora il 4-0. E Maresca indispettisce tutti non ammonendo Strakosha che perde tempo all’inverosimile.

NOTARELLE

CORSI E RICORSI STORICI.. Un lettore mi scrive: “Maresca è antipatico, con lui ne abbiamo perso sei su sette, ma la storia dei 7′ di recupero e della sconfitta con gol di Caicedo, è ora di lasciarla agli almanacchi”. A proposito di almanacchi e precedenti non uguali ma comparabili, anche il Cagliari nell’extratime ha colto punti preziosi. Vado a memoria, vittoria decisiva per la salvezza con il Parma (all’87’ i rossoblù perdevano 3-1) con Pereiro e Cerri, Nainggolan ha pareggiato a Genova con la Samp, Nandez ha firmato l’1-1 a Napoli. Il calcio, passione e memoria.

I COLORI DELLA PACE. In curva sud dicono la loro. Sette striscioni multicolore per ricordare l’atroce e impietosa guerra scatenata dalla Russia alla Ucraina. L’applauso e il cordoglio va agli oltre duemila morti, tra questi un centinaio di bambini. Il tutto a duemilasettecento chilometri circa dall’Italia. Scioccante. Anche Cragno e soci nel riscaldamento indossano la tshirt che riproduce la bandiera ucraina e la scritta “We stand for peace”. Bravi.

 

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