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IL DRIBBLING DI MARIO FRONGIA… Con Diego Godin, l’asticella che sale

L’uruguayano è senza dubbio un difensore extralusso per i colori rossoblù a disposizione di Di Francesco e per tutta la squadra

I calici alti, un rosso di qualità, forse Turriga degli Argiolas, magari Sincaru di Vigne Surrau, per brindare assieme . Alla prosecuzione di una meravigliosa avventura, per la mezzala di Conte, nato alla Scuola calcio Gigi Riva. Per un altro capitolo di una carriera sontuosa, per il difensore di Rosario. Nicolò Barella e Diego Roberto Godin Leal, un  filo che unisce e intreccia Cagliari e il Cagliari. Ha legami con la Sardegna, passa per Madrid e Milano, non scorda l’Uruguay. Un curioso e av-vincente modo di intendere, con caratteristiche, tecnica e garra differenti, il calcio e l’impegno. L’attaccamento alla maglia, quel magico destino di sfide e successi che accomuna i campioni. Questione di feeling, cantano Cocciante e Mina.

Feeling e intesa, da ex compagni, con la palla e la maglia. Eppure, tra i due corrono undici anni e 9 giorni di differenza: candeline a febbraio per entrambi, il 7 del 1997 per l’ex rossoblù, il 16 dell’86 per il Faraone. Gli almanacchi segnalano che quando Godin vinceva la prima coppa, Barella sgambettava più o meno negli Allievi. Adesso, i due migliori in campo nella finale di Europa League, persa 3-2 con il Siviglia, con marcatura del pareggio del Faraone, si sono salutati con affetto. Pronti a ripartire su territori che conoscono e impareranno a conoscere sempre meglio. La storia siamo noi (parole e musica di Francesco De Gregori). Un po’ quel è accaduto ieri sull’asse Meazza-Sardegna Arena.

LEADERSHIP ED ESPERIENZA. Un padre nobile della difesa. Compagno che quando marchi Ibra o Insigne, Cr7 o Ungur, ti dice subito cosa non fare. Un signore che, qualsiasi sia l’obiettivo, conosce salite e inevitabili zone buie e delicate di una partita, di un girone, di un campionato. Godin è merce speciale per un Cagliari che si rimette in moto dopo il quindicesimo posto. Convincente compagno di viaggio per i giovani, da Walukiewicz a Carboni, per quanti cercano conferme e salto di qualità, come Lykogiannis e Faragò. Ma anche ottima spalla per i maturi Klavan e Pisacane.

Un bel colpo societario per un reparto, troppo spesso trascurato e non rimpinguato con tempismo quando ce ne sarebbe stato bisogno. Per Di Francesco l’uruguagio è avamposto anche sul fronte dei meccanismi tattici. Intanto, per essere stato svezzato dall’ex ct dell’Italia all’Inter. Poi, per aver metabolizzato un torneo – al di là, o anche, dell’emergenza Coronavirus – ostico, con poche certezze, duro dietro, in mezzo e in testa. L’analogia con Bruno Alves o Isla, meglio con Srna, balza agli occhi. Se Diego ha brillato da capitano e comandante di Uruguay e Atletico Madrid, Darjio è stato bandiera di Shakhtar e Croazia. L’auspicio? Un epilogo diverso nel Golfo degli Angeli.

IL BENVENUTO TRA PALLONE E SOCIOLOGIA. “Sono felice” hanno battuto le agenzie. “Contento di essere qui” hanno registrato i colleghi contingentati accorsi all’uscita dell’Aviazione generale del Mario Mameli di Elmas. Diego, lo sguardo di chi non si tira indietro. Il volto smunto dei combattenti. L’animo tipico di chi non ha trovato scorciatoie.  Infine, il sangue. Storici, sociologi e antropologi concordano: i tanti italiani, e tra questi un esercito di sardi, che fin dal primo dopoguerra hanno trovato in Sud America e in Uruguay lavoro, fatica e amori, hanno contribuito a forgiare figure che non mollano di un’unghia. Godin è tra queste. “Scelta con il cuore” ha detto il suocero, quel Pepe Herrera capace di scalfire il cuore dei cagliaritani negli anni di Tonino Orrù con Francescoli e Fonseca. “Per noi è un idolo. Non è solamente un giocatore, ovunque è stato ha sempre lasciato qualcosa. Una colonna per l’Atletico, giocatore importantissimo” ha twittato Giovanni Simeone. Buona fortuna per la tua nuova avventura!” ha scritto su Instagram Barella. “In bocca al lupo, Diego” ha rilanciato Radja Nainggolan. Godin ha incassato.

E ha salutato i suoi ex tifosi: “Grazie mille a tutta la famiglia nerazzurra per l’affetto e il rispetto ricevuto durante quest’anno. È stata una stagione intensa ed atipica per la situazione che ci è toccato vivere nel mondo ma nonostante quello credo che abbiamo fatto un buon lavoro e abbiamo portato la squadra di nuovo in alto, lottando per traguardi importanti come meritaMi porto il ricordo di tutti voi tifosi, che siete veramente quelli che fate grande questa società. E ovviamente con i miei compagni e tutte le persone che lavorano giorno dopo giorno a fianco della squadra e che mi hanno sempre trattato con un sorriso!”. Suerte, Diego.

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