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IL DRIBBLING DI… Mario Frongia. Cagliari, è un Natale da incubo!

Penultimo, con record di numeri negativi, spogliatoio che ricorda Kabul, epurazioni e contestazione. E il presidente…

Tre mesi fa la rosa era “più forte di quella dello scorso campionato. Sfido chiunque a dire il contrario”. Più che chiunque, il campo, gli osservatori, gli avversari, i tifosi. Il buon senso e l’umiltà indurrebbero a maggiore cautela. Invece no. Tommaso Giulini – il sottoscritto e la redazione di CalcioCasteddu gli augurano una pronta guarigione – dopo aver lanciato la sfida a Videolina, parla con l’Unione Sarda. Descrive gli errori e gli attribuisce alla società. Come fosse un dettaglio. Ma quel che è accaduto negli ultimi cinque anni tra penultimi e quintultimi posti e salvezze miracolose, allenatori (per non parlare del via vai di tecnici del settore giovanile) esonerati dall’oggi al domani senza un perché come Vittorio Pusceddu o Martino Melis), ds di comodo, preparatori atletici presentati come rivoluzionari e maestri del settore, è sotto gli occhi di tutti.

Una gestione che non può essere addebitata al maestrale. Solitaria e univoca. Così come l’acquisto dal via o a gennaio di ex grandi o meno, svincolati, con ingaggi faraonici (Godin, Asamoah, Andreolli, Van der Wiel, Paloschi, Thereau), spesso infortunati (Diakité), inesperti (Husbauer, Mpoku, Gabriel) o senza preparazione estiva (Caceres). O ancora magari formidabili intuizioni che in Serie A hanno stentato, faticano o si sono perse per strada (Despodov, Crisetig, Longo, Han, Tello, Caligara, Ceter, Cerri, Pereiro, Walukiewicz). Per stare al presente sono stati messi fuori e definiti indegni Godin (sarà curioso sentire a gennaio la versione della bandiera dell’Uruguay) e Caceres. Ma anche Strootman, Dalbert e lo stesso Keita Baldè (convocato ieri perla prossima Coppa D’Africa)  pare siano fuori dal progetto che potrebbe andare alla ricerca della salvezza. Nomi casuali? No, semplicemente il frutto della campagna acquisti firmata dal presidente.

Il diesse in vetrina. Serve pazienza e ancora, se ne rimane, un pizzico di fiducia. Ci sono diciannove partite da giocare. È dura, durissima. Ma ci si deve credere. Certo, le prossime sei settimane sono decisive: dal campo, con Samp e Bologna, pronti via. E da fuori: il mercato. Sul tema, serve un altro passo indietro. Sbaglia, e di molto, chi pensa che Stefano Capozucca ci abbia messo del suo nelle ultime esternazioni. Il diesse dà indicazioni e pareri di massima, ma tutti sanno chi dice l’ultima parola. Nessuno nasconde che il doppio infortunio di Rog sia stato letale e con il segno più ci sono gli arrivi di Grassi e Bellanova. Bene. Pur con l’indice di solvibilità che con altre cinque di A non ha permesso al club movimenti mirati, le operazioni sono state last minute e poco meditate. Inoltre, aver chiesto la luna per Cragno, Deiola, Lykogiannis, Walukiewicz giusto per citare qualcuno che poteva ambire ai saluti, non ha aiutato. E Grassi e Bellanova bastano per stare in A? Il campo – dopo 19 partite con una vittoria, sette pareggi, e nove sconfitte, cinque in casa, 17 reti segnate e 40 subite! – dice di no. Ma non fatelo notare al numero uno.

In casa d’altri. Un lettore inferocito mi scrive dello Spezia che batte il Napoli: la bellezza del calcio fino a un mese fa. Poi, se perdi Koulibaly, Insigne e Osimhen il discorso non può che cambiare. Un altro segnala come il Venezia combatta contro tutto e tutti. Idem come sopra. Con un però: il progetto tecnico, troppo spesso sbandierato e puntualmente tradito in casa Cagliari, altrove viene studiato e meditato a lungo. Poi, condiviso, proposto e difeso. Dando agli esperti del caso (allenatore, ds, dg, team manager eccetera) lo spazio e la fiducia assoluta. Senza ingerenze e visioni legate solo al business e alla convenienza economica. Antonio Conte forse non è tra più simpatici del mondo, ma quando dice che non si può entrare – né tantomeno dirlo a tutti con prosopopea fuori luogo!- in un ristorante stellato dove si spendono 150 euro a persona se si hanno in tasca dieci euro, dice bene. Il Cagliari è la Sardegna, i suoi tifosi, i centosettantamila emigrati, i colori rossoblù, uno scudetto e tanto altro. Patrimonio materiale e immateriale che merita doppia attenzione su tutti i fronti.

Sbandierare con conferenze pompose programmi e ambizioni senza aver dietro un rispetto assoluto per i valori e la storia del club, è come voler fare i cento metri alle olimpiadi con i calli ai piedi. Che poi la si venda in altro modo e senza mai dare risposte dirette e trasparenti, è storia vecchia. Enzo Biagi diceva che tra i giornalisti, ma anche nelle altre categorie gli esempi non mancano, c’è qualcuno che si china senza che neanche il padrone di turno glielo chieda. Peraltro, nessun club ha mai vinto lo scudetto o la coppa del nonno, o evitato di retrocedere, con la cronaca amica. Mettere sotto il tappeto polvere e il resto dura poco e non porta da nessuna parte. Prima o poi, i fatti, come tappi di sughero tenuti a forza sotto l’acqua, vengono a galla. Adesso, serve lavoro e chiarezza d’intenti. Senza almeno quattro pedine fresche ed esperte, pronte per la Serie A, e tenuto conto di chi parte (tutti eccetto, forse, Joao Pedro, sono possibili partenti se arriva la cifra giusta), per andare alla caccia di almeno 26 punti per stare in A, è indispensabile un’inversione di rotta. Netta. Umile. Onesta. Competente.

Il Dribbling, se nel frattempo non ci sono altre epurazioni, dimissioni pesanti o comprano Messi, Mbappé e Chiesa, o magari mettono la prima pietra del nuovo stadio, torna per Sampdoria-Cagliari del 6 gennaio.

Per ora un sincero Buon Natale e tutto il resto a voi e ai vostri cari.

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