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IL DRIBBLING DI Mario Frongia. Cagliari, crisi ad alzo zero: un intervento della proprietà è davvero così in salita?

Sarebbe il caso di parlarne, la tifoseria merita rispetto. A pochi giorni dalla gara di Marassi col Genoa si vuole continuare nel nascondere la testa sotto la sabbia

La crisi è palese! Undici partite senza vincere. Colpa degli stadi vuoti, del Covid, degli infortuni, degli equivoci tattici, di un mercato raffazzonato, di una rosa incompleta e inadeguata, di un allenatore ingarbugliato e tradito, delle dighe stracolme e delle cavallette. Forse. Ma adesso, pare di sentire la campanella dell’ultimo giro: il traguardo del Cagliari, simpatico o meno da dire, per tanti versi è domenica a Marassi. Contro il Genoa di Ballardini, pratico e concreto come pochi. Eppure, nel pre e post Milan, si è continuato a parlare di progetto, futuro, bel gioco, giovani. Il risveglio è sempre duro. Ma è tutto meno che brusco perché le avvisaglie sono di vecchia data. Tre vittorie in diciotto gare. Con il Torino, che ha già sostituito il tecnico, con Crotone e Sampdoria, giocate con l’uomo in più per almeno un tempo. Un lettore-tifoso che ne ha viste tante mi segnala, e lo ringrazio, che quando le cose vanno male la faccia debbano mettercela tutti i protagonisti. Accade ovunque. Il presidente Giulini, ad esempio. Se non ora, quando. Due minuti di speech, magari per dire che il progetto “parte sinistra” e “decimo posto”, per adesso si accantona. Che si guarda onestamente in faccia la realtà. Che si cerca di uscire quanto prima dalla melma, altrimenti potrebbe essere troppo tardi. Che ci sarà da soffrire. Che ogni minuto di ogni partita sarà fondamentale, chiunque giochi, arrivare per primi sulla palla.

Che servirà sudore e sangue, forse un ritiro. Che lo spettacolo è tema da riannodare in seguito perché adesso serve non perdere, avere la testa e le gambe giuste per il punticino. Orgoglio e presupponenza non portano lontano. Occorrono consiglieri di rango, quindi con un passato abituato anche allo scantinato della serie A. Serve qualcuno che rafforzi Eusebio Di Francesco, anche moralmente. Alla squadra, cosa diversa dal gruppo, pare arrivino sbiadite le urla del tecnico in gara ed è facile immaginare cosa dica durante la settimana. Occorre anche un molosso che tenga sotto tiro vecchi e nuovi, meglio se lontani da miasmi e facili convenienze. Misure da asilo? Forse. Ma mantenere la categoria è fondamentale per l’intera Sardegna, sportiva o meno. Scusarsi dei propri errori è umano. Ripartire umilmente con il sostegno di tutti, tifosi in testa, aiuta, dà fiducia, consolida l’autostima. Invece, si assiste a balbettii in diretta tv che paiono giungere da un pianeta sconosciuto. Il Cagliari deve risorgere con forza, passione, scienza e coscienza. Aggiungo identità, fattore che ci fa diversi. Da sempre.  

TRASPARENZA. Scrivete in tanti, ottimo. Il confronto è vitale. È il sale della democrazia e della libertà. Così come difendere le proprie idee, argomentale e accettando, al contempo, le opinioni differenti. Quel che conta, alla lunga, non è solo la coerenza, perché qualcuno ha già detto che solo gli idioti non cambiano pensiero. Ma è l’onesta intellettuale e la trasparenza. Poi, è qui le sabbie diventano mobili, c’è il rispetto. Che talvolta sembra l’attuale difesa del Cagliari, dove qualcuno, Benevento o Milan poco importa, riesce a passare. Mi secca, e tanto, ma se mi tirate per i capelli devo ri-parlare del mio mestiere. E dei quesiti che di tanto in tanto lasciate cadere. Per rispetto, vostro e mio, nulla più. Partiamo da chi mi contesta la lettura di moduli e posizioni. Come tutti, posso sbagliare. Gianni Brera diceva che non sbagliano solo quelli che non fanno cronaca e tabellino. Quel che conta sono i numeri e la narrazione veritiera. Ieri Ibra ha fatto la punta centrale, il rifinitore, è andato anche a prendere palla in mezzo. Dicono i cinesi: allo stolto indichi la luna è quello guarda il dito. Mi si critica per la cronaca, inservibile e definita da anni Sessanta.

Premessa: scrivo in diretta, IL DRIBBLING… sul Milan l’ho inviato alle 22.47. Poi, c’è da pensare a quando qualcuno (ci sarà sempre, tra un mese o cinque anni) andrà a rivedersi anche le pagine di CalcioCasteddu e si imbatterà in un pezzo, mio o di altri. Sapere che Nainggolan ha giocato l’intera gara, Duncan dal via dopo due allenamenti, ci sono stati due falli in area, un rigore dato e uno no, che Donnarumma ha fatto una parata, un gol dato con il VAR, che in tribuna c’era una vagonata di gente (nonostante lockdown, copri fuoco alle 22 e motivi indispensabili per potersi muovere) potrebbe essere utile. Solo chi vive alla giornata può rinunciare alla memoria. È  libero di farlo. E di sopportarne le conseguenze, spesso dettate da chi invece ricorda.

PASSATO E PRESENTE. Altro appunto ricorrente: le mie punzecchiature alla società. Veramente, sul tema, speravo di essere stato chiaro in diversi pezzi, evidentemente scritti non al meglio, ma rintracciabili sul sito. Credo che il club abbia un vertice, libero di fare quel che gli pare – anche con la sponsorizzazione e tanti soldi pubblici, e di uno stadio che non riguarda solo la proprietà – che ha a cuore tante cose. Ma del patrimonio, della storia, della tradizione e del ruolo, anche immateriale che il Cagliari ha per i sardi, pare gli importi meno. Gli esperti di marketing dicono che si colora il pacco, ci sono i coriandoli, si sposano icone del passato e imbellettano scelte includenti. Sia chiaro, il business è fondamentale. La stabilità di bilancio e i conti sani, pure. Ma di Barella ne nasce uno ogni mezzo secolo. E fare denaro con i giovani e gli stranieri non è facile. Occorre tempo, umiltà e competenza. Doti, che così come il sapersi circondare da figure che sappiano dire anche no e conoscano l’abc del mestiere, negli ultimi anni sono scarseggiate.

E se il Dio denaro somiglia al vero bersaglio e diventa il motore del progetto, si rischia. E tanto. Le decisioni e le cifre dimostrano (piaccia o meno) che il presidente fa tutto da solo. Liberissimi, ovviamente, di pensare l’opposto. Ma c’è da sorridere amaro nel vedere le vostre bastonate su Carta (con le “pressioni” dell’ufficio stampa che chiede ai media di attribuirgli l’arrivo di Duncan: bravo!) e non solo. Le responsabilità vanno divise e pesate a seconda dei protagonisti, Di Francesco per primo. Ad esempio, stupisce che il tecnico abbia ingoiato il mancato arrivo di Nainggolan e di pedine poco adatte al suo credo fin dal via. E non si sia cautelato chiedendo due esterni bassi esperti e affidabili, così come un regista pronti, via.

Il CONDIZIONALE E IL TIFOSO. Qualche altro mi ha chiesto dove fossi, mi pare, in passato e ai tempi di Rastelli. In tribuna, anche a Trieste e Parma, a scrivere del Cagliari, magari in treno o in attesa del volo, a qualsiasi ora e condizioni meteo. Da trent’anni sulla Nuova Sardegna, dal 2005 sulla Gazzetta  e da pochi mesi anche su CalcioCasteddu. Conosco poco le comodità del divano, dell’aria condizionata e delle sentenze a posteriori. Firmo i pezzi, non so cosa sia l’anonimato e sono pronto a qualsiasi confronto civile. Sbaglio, come tutti, ma sempre dopo aver verificato news e fonti. E siamo ai condizionali. I se, i pare e i sembrerebbe, così come i dettagli sulle dinamiche, le persone e il loro mestiere, fanno parte di un lungo lavoro di indagine, contatti e relazioni. Territorio in cui se sbagli una virgola ti disconoscono, o peggio, ti querelano. Si chiamano querele temerarie, ovvero, possono portarti in tribunale e se sbagliano non pagano dazio. E magari chiedono in civile risarcimenti astronomici. Poi, il giudice dice che si è trattato di normale e democratico diritto di cronaca. E ti assolve, come accade nove volte su dieci. Ma hai passato quattro, cinque anni a pagare gli avvocati – che le società hanno comodamente in staff – e fare avanti e indietro dal tribunale. Attenzione, il punto non è questo: la querela è anche un macigno intimidatorio per la categoria.

Penso ai tanti giovani cronisti che ci provano e avvertono le aggressioni palesi e tacite da poteri forti, costituiti, solidali tra loro. Avranno mai il coraggio di dire che Cerri e Marin non valgono dieci milioni di euro a testa. O che magari la cessione di Han (a proposito, dov’è finito?) alla Juventus per cinque è parso un artifizio contabile. Che Pereiro è un doppione e che l’anno scorso sarebbe servito un centrale. Che è incomprensibile il mancato utilizzo di Pajac. Che forse Ionita sarebbe servito. Che ai tempi di Maran è mancato qualcosa che somigli al premio Europa. Magari qualcuno sentenzia: comprati il Cagliari e fanne quel che vuoi. La battuta, se da tifoso sei a 2 punti dall’ultimo posto in classifica e sei anni fa sei retrocesso, fa rabbrividire. Infine, è comprensibile che fare cronaca aspettando le notizie certificate come fossero rogiti notarili è impossibile. Se si scrivono cose false o diffamatorie se ne risponde penalmente. Il lettore non perda il filo, legga sempre fino in fondo e, se crede, provi a unire i puntini: dietro una notizia che pare senza solidità o appena insinuata, si cela la necessità di poter raccontare comportamenti e fatti utili alla collettività e non drogati o nascosti dai megafoni ufficiali. Insomma, si corre per scrivere.

Liberamente, per tutti, senza timore di apparire scomodi. Giorgio Pisano ripeteva spesso: se almeno una volta alla settimana non hai scritto qualcosa che infastidisca qualcuno, non stai facendo bene il giornalista. Purtroppo, una certa cedevolezza si insinua anche nella categoria a cui appartengo. A proposito, il cronista che si rispetti deve avere terzietà ed equilibrio. A tifare si va, si andava, in curva o nei distinti. Gli inglesi dicono “No claps in press stand”. Ma è da matti pensare che un sardo non voglia tutto il bene possibile per i colori della propria regione. E comunque, da ragazzino la mia seconda squadra era quella con il giglio sul petto: Antognoni, Casarsa, Roggi, Speggiorin, Desolati, Caso, Guerrini. Poi, stop. Buona lettura!

 

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