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IL DRIBBLING DI… MARIO FRONGIA: Salvate il soldato Eusebio

A due giorni dal debutto in campionato, anche il tifoso più distratto si sta rendendo conto che qualcosa non torna

In casa Cagliari si naviga a vista. I temi, dai rientri alle ripartenze, una rosa lunga e incompleta, con le criticità dietro che ne hanno condizionato la scorsa stagione, sono stranoti. Basti pensare che contro la Roma si è rivista la difesa di una squadra piazzatasi quindicesima con una tra le peggiori sei difese del campionato scorso. Inviati i doverosi scongiuri e un sincero in bocca al lupo a Eusebio Di Francesco, il “progetto” societario naviga a sprazzi e sotto la sufficienza. E a poco servono fanfare, interviste (dove spesso si incrociano posizioni opposte rispetto a quelle espresse pochi giorni prima), titoli roboanti. Marketing e comunicazione, per una categoria purtroppo troppo spesso assoggettata e dormiente come la nostra, sono una cosa. Il campo e i fatti, un’altra. Per dire, Juan Jesus e Goldaniga sono al Genoa dell’ex Maran, con molta probabilità Nainggolan se ne rimarrà all’Inter o giocherà per chi può pagarne prestito e stipendio.

Per Godin pare fatta. Ma l’ex Atletico Madrid è rimasto bersaglio indecifrabile per giorni con presunte buonuscite e premi da concordare. La verità? I procuratori vanno pagati. Stessa ragione per cui, ad esempio, Juan Jesus non è mai arrivato ad Asseminello. Per non parlare dei “possibili” Florenzi o addirittura Asamoah, sparati a casaccio nella giostra del mercato. O Pjaca, dato per certo dalla dirigenza lo scorso gennaio, poi finito all’Anderlecht. Ci sta. Ma senza esagerare, la tifoseria merita rispetto.

Certo, fino al 5 ottobre, semaforo rosso per il mercato, può accadere di tutto. “Serve un rinforzo per reparto” ha detto Di Francesco nel dopo 2-2 con la Roma. Persona seria, docente di buon calcio, il tecnico sa che i piedi vanno per terra. Le parole in conferenza stampa, il tentare di spacciarsi sempre come fenomeni con procuratori, agenti e direttori sportivi di mezza Europa, non danno né gioco né punti.

Questione Nandez. Il caso Nahitan Nandez pare aver insegnato poco al club rossoblù. Eppure, è ancora di fronte agli occhi di tutti, il crollo agonistico, tecnico e tattico del fantasista, mostrato tra novembre e dicembre. Proprio quando, per non aver saldato il dovuto ai procuratori dell’uruguagio, il Cagliari si è ritrovato di fronte al giudice civile del Tribunale per rispondere di diritti d’immagine non versati. Con la clausola di 36 milioni di euro, Nandez ha poi ritrovato ritmo e fantasia. Insufficienti per evitare il programmato siluramento di Zenga, che infatti non lo manda a dire. Ma, soprattutto, uno dei motivi che hanno portato all’esonero di Rolando Maran, lo scorso inverno stabilmente tra le prime otto squadre d’Italia.

Storia e passione. Senza memoria non si va da nessuna parte. Per il Cagliari e la sua gestione è doppiamente vero. Cuore e passione per il bene e il futuro del club, patrimonio inestimabile per tutti i sardi, devono avanzare con un bilancio sano. Ma se denaro, interessi economici e tornaconti condizionano e governano qualsiasi passo, diventa complicato raccontare ai supporter di uno scenario volto alla crescita, al divertimento e al successo. Domenica contro il Sassuolo, DiFra ritrova il luogo in cui è diventato allenatore. In Emilia ha avuto tempo e respiro, competenza, saggezza e disponibilità: il patron Squinzi ha saputo aspettarlo, dargli fiducia, mettergli a disposizione pedine e risorse. Da queste parti, è difficile, viste le ultime quattro stagioni, con esoneri in panca a raffica, direttori sportivi e preparatori atletici salutati a velocità laser, per non parlare di mancati rinnovi o giubilazioni feroci, individuare pazienza e visione. Incrociamo le dita.

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