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L’ex Mancosu: “Contro il Cagliari gara speciale, ma non so se ci sarò”

Il fantasista e capitano del Lecce presenta la sfida di domenica contro il Cagliari. Queste le sue dichiarazioni tratte da CalcioLecce.it

Chi meglio di Marco Mancosu è in grado di parlare della sfida di domenica tra Lecce e Cagliari? Lui, sardo doc, ha esordito con la maglia rossoblù numero 26 segnando addirittura un goal in quel di Ascoli e, seppur l’impressione fosse quella di uno che di strada ne avrebbe fatta, ha lasciato ben presto la sua isola.

SOGNO. “Per me affrontare il Cagliari è un sogno che si realizza, impensabile solo fino ad un paio d’anni fa. Con i rossoblù ho un rapporto speciale per ovvie ragioni. Inoltre molti di coloro che ai tempi erano miei compagni ora sono dirigenti del club. Sarà sicuramente una grande emozione“.

INCERTEZZA. “Purtroppo nonostante io ci tenga tantissimo a questa sfida, non sono sicuro di potervi prender parte. Questo a causa di un problema muscolare insorto da poco, diverso da quello che mi ha creato problemi in estate. Diciamo che sono a rischio. Vorrei esserci, solo io so quanto ci tengo a questa sfida e che giocherei anche con una sola gamba. Al tempo stesso ho 31 anni e non posso ripetere ingenuità fatte in passato, forzando. Anche perché prima di tutto viene il bene della squadra”.

IL CAGLIARI. “I sardi vantano un centrocampo stellare, che davvero pochi in Serie A possono permettersi. La ciliegina sulla torta è certamente Nainggolan, calciatore strepitoso. Tutta la squadra vanta un’importante esperienza e fisicità. Inoltre sono in stato di grazia, risultati e classifica alla mano. Non sarà facile”.

NIENTE FIRMA. “Non partiamo battuti ed è una gara che vogliamo giocarci. Di certo non firmo per il pareggio e non perché ci troviamo di fronte il Cagliari, non lo farei con nessuno. Il nostro obiettivo è migliorare sempre e comunque, non possiamo accontentarci di poco. Anche perché se avessi dovuto firmare chi lo avrebbe detto che sarei potuto arrivare a fare cinque gol in Serie A? Bisogna sempre lavorare e magari andare oltre i pronostici”.

CRESCITA. “Sono contento dei miglioramenti che abbiamo fatto come collettivo. Ora sì che possiamo essere chiamati squadra, perché abbiamo idee e sappiamo bene cosa fare quando scendiamo in campo. Prima spesso galleggiavamo, inseguendo più il risultato che altro”.

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