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IL DRIBBLING DI… Mario Frongia. Cagliari, febbre alta

Il progetto Liverani sbatte su Bari e Venezia in casa. Emergono vecchie e nuove perplessità. Chiunque ci sia in campo e in panca gioca la solita squadra opaca e fragile

Un autoscontro impazzito. Come se in regia ci fosse uno squilibrato che attacca e stacca la luce. Macchinine e piloti non fanno cosa fare, accelerano, frenano, cozzano, si fermano, ripartono. La Serie B è questa. E lo si sapeva. Il Brescia capolista travolto dal Bari, il Südtirol di Bisolone che va a Palermo e sbanca la squadra dello sceicco, il Genoa che con Coda si prende i 3 punti in casa Spal, il Parma, finora ai margini, batte e raggiunge il Frosinone del campione del mondo, Grosso. E ancora. Il Pisa dell’ex Maran è andato a vincere a Perugia, il Modena ha stoppato l’altra capolista Reggina, la Ternana ha inchiodato il Cittadella in trasferta e il Benevento dell’ex Pallone d’oro pareggia 1-1 con l’Ascoli. Curiosità? Il pareggio beneventano lo firma Farias, epurato l’anno scorso. Per stare agli epurati e al poker di sabato, il Cagliari non prendeva quattro gol dal match con l’Udinese. Dopo quella gara furono cacciati in diretta tv Godin e Caceres. A quanto pare la colpa, retrocessione inclusa non era tutta del brasiliano e dei due uruguaiani. Insomma, è tutto regolare? Sì e no. Dopo un quinto di campionato alcuni valori si sono consolidati, altri non prendono consistenza, altri ancora sono in evoluzione.

E il Cagliari? A metà strada, verso il basso. Con orizzonti, a 48 ore dalla trasferta di venerdì alle 20.20 a Marassi contro il Genoa di Blessin, poco incoraggianti. Per un attimo fermiamoci sullo scenario generale. Risultati e cammino a singhiozzo delle big e delle candidate alla A per organico, storia e propositi, dovrebbero indurre a considerazioni rabbiose ma serene. Tutte o quasi vanno a strappi. In quest’ottica, anche i rossoblù godrebbero delle attenuanti generiche. Ma la valutazione sarebbe miope. Se parti a singhiozzo, recuperi due partite dopo essere andato sotto (Como e Cittadella), vai sotto a Ferrara, ti rimetti in sesto con il Modena in casa, un pannicello caldo. e batti in trasferta il Benevento, il solo acuto peraltro a rete inviolata, per poi crollare alla Domus con Bari e Venezia,  tutto si complica. Il Cagliari non sta bene. Per morale, identità, condizione agonistica e fisicità, soprattutto. Su manovra, individualità e gioco va anche peggio.

CARATTERE E UMORE. Al di là dei limiti dovuti all’esperienza, la mancata forza mentale della squadra balza agli occhi fin dal via. Il Cagliari pare credere poco in se stesso, si avvita, mostra titubanze anche in situazioni banali. Gli altri corrono, quasi volano, i rossoblù sonnecchiano. È assente, o appare solo a tratti, la cattiveria che ti fa arrivare primo sulle palle sporche, vincere un contrasto e ripartire. Va detto che tra le avversarie affrontate sinora, nessuna ha dominato Rog e soci. Solo con il Venezia una collezione colossale di errori individuali (Zappa, Altare, Goldaniga ma anche Deiola e Nández) ha visto la formazione di Liverani perdersi e affondare. Eppure, la sensazione di un gruppo poco amalgamato e proteso anima e corpo verso l’obiettivo risalita, è nitida fin dal via. Identità, si diceva. Nel Cagliari pare un ingrediente sconosciuto. E quel che è peggio anche la corsa e la reattività agonistica sono scolorite. Dopo sette partite, con l’uscita dalla zona play-off, i riferimenti sono saltati. La chiamata per il tecnico e il suo staff è precisa.

MODULO E TATTICA. Modulo e tattica. L’allenatore ha anche un’altra risposta da dare. E riguarda la composizione dei primi undici. Trascurando l’usurato mantra (“Il modulo? Un giochino che interessa solo voi giornalisti”), pare sia finito in cantina il tridente. Era parso chiaro che l’idea Lapadula o Pavoletti, anonimi e lasciati soli in avanti, con Mancosu e Nández ai fianchi, costretti ad arretrare, fosse fallimentare. Si è passati al doppio trequartista, con Pereiro dal via, ed è stato il tracollo di sabato. Dovrebbe usare le due punte, anche se necessitano di una costruzione diversa? Forse. Inoltre, dopo il terzo passaggio, spesso prevedibile, il quarto è all’indietro. E siamo ai lanci lunghi dei centrali Altare e Goldaniga, peraltro davvero sotto tono in marcatura.

Per giunta, manca l’organizzazione, la rapidità nell’ultimo passaggio, il tiro. E la prepotenza di Rog, la qualità di Mancosu (Marco, il gol del vantaggio l’ha comunque fatto) e la tecnica d’altra categoria di Nández? Il mix è rimasto in tribuna. Con i nuovi (Falco, Luvumbo, Lapadula che non hanno inciso, mentre è scomparso dai radar Viola, altro acquisto sopravalutato) che a gara in corso non hanno inciso. Insomma, adesso il buon Fabio ha poco da cincischiare. Deve coagulare lo spogliatoio verso un unico traguardo, che riguarda il poter uscire a testa alta dal campo. Mentalità, carattere e onore. Solo con una rapida risposta collettiva, e un patto forte e sincero (premi societari inclusi), i risultati possono prendere un’altra piega.

NOTARELLE
Obiettività e professione. Il poker preso dal Venezia ha unito nella rabbia e nella contestazione i dodicimila della Domus. E i tantissimi tifosi sparsi per il mondo. Colpisce l’emigrato che ha sofferto mettendosi all’alba di fronte alla tv dalla sua residenza di lavoro negli Stati Uniti. Sabato la Nord ha scandito più volte gli inviti a passare la mano diretti al patron. Coretti nitidi anche in radio e tv. Ma in tanti, nel resoconto giornalistico, hanno fatto finta di non averli sentiti. Una mezza sconfitta anche per chi fa cronaca.

INGERENZE E VISIONI 1. Non è un segreto che il presidentissimo Tommaso Giulini auspicasse Pereiro e Deiola in campo. È stato accontentato. Con il Venezia è andata come è andata. In settimana ha conquistato i media con la questione stadio. Ancora solo parole, sia chiaro. Applaudiremo al taglio del nastro.

INGERENZE E VISIONI 2. Un lettore attento mi segnala che anche prima della gara con il Verona, decisiva per rimettere in sesto la disastrosa classifica nell’era Mazzarri, il presidentissimo fosse apparso dopo un lungo silenzio. A margine di un evento a Monte Claro, con i piccoli calciatori ucraini fuggiti dalla guerra, aveva colto occasione per parlare dei torti arbitrali. Nulla di strumentale, ovviamente. Il risultato? Da Roma mandano Orsato. Il Verona, con il Cholito assatanato, vince e domina. Talvolta, è molto meglio stare un passo indietro.

 

 

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