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ESCLUSIVA – Rastelli: “La serie B? È dura, ma il Cagliari può farcela”

L’allenatore dei rossoblù, protagonista del primo posto nel torneo 2015/16 con 25 vittorie, tra passato e presente. Un garbato amarcord, tra analogie e prospettive

Il Cagliari che ha battuto il Modena con qualche affanno e ha poi dormito per una notte da regina della B, non può che crescere. La conferma viene anche da un tecnico e osservatore esterno che conosce dinamiche e dettagli della categoria per aver vinto il torneo con numeri da favola. Massimo Rastelli, per Cagliari, il Cagliari e la tifoseria, ha parole al miele. E non è piaggeria: “Conserverò per sempre nel cuore il supporto e la passione dell’ambiente”. Il tecnico di Pompei riannoda i fili. E riparte dalle prime quattro partite, due vittorie in casa, un ko e un pari fuori, della formazione allenata da Fabio Liverani. “Ho visto una corazzata, così come lo era la mia. Ma serve del tempo, specie ai nuovi, e in questo periodo il caldo ha un ruolo pesante”.

Rileggiamo l’almanacco: come avete aperto nel 2015?
Nelle prime quattro gare abbiamo sconfitto 4-0 il Crotone al Sant’Elia, pareggiato a Terni una partita già vinta, prendendo un gol al 95’, vinto in casa con l’Avellino e fuori con l’Entella con 10 reti all’attivo e 3 al passivo. Poi, è arrivata la vittoria per 3-2 con il Latina per un totale di 13 punti in cinque gare”.

Quali sono state le criticità?
Dovevamo migliorare la condizione fisica. A settembre non puoi mai pensare di essere al top. Il clima mette in difficoltà, ti alleni al caldo, c’è molto umido. Da sempre, da ottobre in poi tutto diventa più semplice”.

Tattica e organico. Quale è stata la base di partenza?
Ho tenuto fede al sistema di gioco che era ed è nel dna del Cagliari: il rombo con tre centrocampisti, il trequartista e le due punte. All’inizio, proprio per il fatto che eravamo il Cagliari e dovevamo vincere sempre, ho cercato di sfruttare ed esaltare al massimo le qualità offensive dei ragazzi. Spesso Joao Pedro ha giocato da mezzala, con Farias trequartista, Sau e Melchiorri punte. A centrocampo Di Gennaro play e Deiola mezzala. Poi sono passato ai due registi con Fossati e Di Gennaro per aver più copertura ed equilibrio. È andata molto bene”.

Vediamo qualche numero?
Il girone d’andata l’abbiamo chiuso con 43 punti. Alla fine ne abbiamo collezionato 83, frutto di 78 gol fatti e 41 subiti”.

Qual è il rapporto difesa/attacco ideale per andare in A?
I campionati si vincono se hai un’ottima solidità difensiva. Ma la mia squadra era molto prolifica e potevamo permetterci di prendere qualche gol in più. Lavoravo per dare la mentalità vincente al gruppo e potevo preoccuparmi meno di qualche rete incassata. Volevo sfruttare al meglio le importanti qualità realizzative dei miei giocatori. La cosa ha funzionato perché abbiamo chiuso il torneo da primi in classifica vincendo 25 partite, dieci di queste, e mi pare sia un record, in trasferta”.

Massimo, ricorda i passaggi meno brillanti?
Sì. Al girone d’andata siamo andati lineari, con cinque vittorie consecutive e un altro filotto di cinque successi, al ritorno, dalla seconda giornata alla sesta, fino alla sconfitta di Cesena. Avevamo un grande margine: dopo la vittoria a Vicenza abbiamo avuto 15 punti di vantaggio sulla terza. La serie A non è mai stata in discussione. Ma volevamo arrivare primi. E solo il Crotone ci ha impensierito”.

Come avete reagito alle difficoltà?
Tra marzo e aprile, dopo la vittoria con il Pescara, abbiamo perso in casa con Perugia e Spezia. Un momento che ha coinciso con una serie di infortuni in mezzo. Si sono fatti male Dessena, Munari, Di Gennaro e Fossati. A centrocampo eravamo contati, c’era Deiola ed era arrivato Cinelli. In quella fase c’è stato un calo e siamo andati in difficoltà. Ma anche allora non ho mai mollato, lo spirito era sempre propositivo. Andavamo a caccia di vittorie per arrivare primi”.

Che idea si è fatto del Cagliari attuale?
“Come lo è stata la mia, è una squadra che ha cambiato tantissimo. Avevo una base che veniva dalla A e innesti che ritenemmo i migliori della B. Giocatori esperti per il giusto mix di qualità e personalità. Hanno fatto lo stesso discorso, anche perché il direttore sportivo è sempre Capozucca”.

Vediamo da vicino gli acquisti.
“Mantenere Rog e Nandez è stato un grandissimo colpo. E non scordo Pavoletti. Poi, hanno preso Lapadula, Falco, Viola, Mancosu e Barreca. Se la mia era ritenuta una corazzata, questa è uguale”.

Senza scordare Storari…
“Sì, per carisma ed esperienza Marco era un fuori categoria”.

La tifoseria segnala qualche incertezza difensiva. C’è da temere?
“Direi di no. Altare in A ha fatto bene, Goldaniga ha esperienza. Con Barreca, Capradossi, un ottimo difensore, e Dossena, che conosco meno, il livello è buono”.

In generale, qual è la lettura?
“La squadra è forte e non ha caso la differenza nelle tre partite con risultato positivo è arrivata dai cinque cambi. Li avessimo avuti nel 2015 avremmo potuto fare anche meglio. Cinque giocatori da inserire ti cambiano le gare”.

Con chi dovrà lottare il Cagliari?
“Con Parma e Genoa. A seguire, Frosinone, la Reggina di Inzaghi e il Benevento. Ma aspettiamoci anche una sorpresa”.

Il Como soffre con Fabregas, in campo, Henry e Wise tra i dirigenti, una proprietà di enormi potenzialità. Cosa le suggerisce?
“Mi pare, e potrei sbagliare, che si tratti di una situazione un po’ ambigua. Sono stati la rivelazione dell’anno scorso, venivano dalla C e hanno dato filo da torcere a tutti. Poi, l’ambizione ti porta a pensare di essere più bravo, sei meno umile, l’ambiente si aspetta di più e ti ritrovi con 2 punti in quattro partite. In B si paga dazio”.

Come si risponde ai cali di tensione?
“Ci si deve isolare. Bisogna non ascoltare i temporali del’ambiente e avere lucidità nel portare avanti il progetto. Nei passaggi meno brillanti la gestione, concordata e attuata con società, ds e giocatori, è fondamentale”.

Massimo Rastelli, lo 0-0 di Venezia, già retrocesso, sponsorizzato dall’azienda del patron rossoblù, con la Salernitana che dopo 45’ perdeva 3-0 in casa. È vero che la squadra ha chiuso l’andata con 10 punti, ma sa comunque di suicidio. O no?
“Hanno buttato un enorme patrimonio. Dopo la prima brutta retrocessione dell’era GIulini, la vittoria del campionato e l’undicesimo posto in A, la squadra con organici molto superiori di quelli da me allenati (Andreolli, Van der Wiel, Miangue, ndr) ha fatto sempre meno bene. Quella dello scorso maggio, come tutti hanno potuto vedere, è stata un retrocessione sanguinosa. Soprattutto per il modo. Per la salvezza, che era a portata di mano, bastava un punto”.

Fabio Liverani è il tecnico adatto per risalire?
Se l’hanno scelto significa che ne conoscono le qualità. A Lecce ha avuto il tempo di dimostrarlo, mettendo in campo le proprie idee con una squadra molto forte. Per amalgamare una squadra serve pazienza. Per adesso, conta fare risultato, come è secondario”.

Quanto possono nuocere le influenze societarie?
“Parlo della mia esperienza, di quel che è accaduto dopo non so. Sono sempre stato molto chiaro con la proprietà, c’è sempre stato il giusto confronto quotidiano. Si parlava ma poi decidevo. In qualche circostanza ho appoggiato idee del club che ritenevo i linea con le mie. Mi viene in mente Di Gennaro. Non voleva rinnovare e si era comportato male. Ma se mi fosse servito l’avrei utilizzato”.

Chiudiamo con i tifosi. Qual è il suo flash?
“Il Cagliari ha un pubblico esigente, appassionato, competente. La piazza ha visto la squadra vincere uno scudetto e stare in A, per anni, da protagonista, con giganti come Riva e Zola. Nel mio periodo non ci ha mai fatto mancare il sostegno. E sarà così anche adesso perché, al di là delle categorie, vuole vedere la squadra vincere”. 

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