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IL DRIBBLING DI… Mario Frongia. Cagliari, tra Pavoletti e Lapadula

Il dilemma offensivo va risolto. Per capire forma e forza del gruppo si deve attendere la chiusura del mercato e almeno 45 giorni di torneo

A Como è andata bene. Con il Cittadella domenica sera deve andare meglio. Inutile nascondersi: Fabio Liverani non può permettersi impasse. E deve risolvere, o mettere al meglio, diverse questioni. Tra queste, esterni e coppia centrale, condizione di Viola, conduzione da sfoltire di Makoumbou. Parrà minimale ma con Nández, che ha un piede dentro e uno fuori, la scelta ne risente. Se ne capirà di più dalle 20 del primo settembre, dopo lo stop del mercato estivo in Italia e non solo. Ma non è tutto. Anche la convivenza e l’impiego di Pavoletti e Lapadula agita i sonni del tecnico. Giocatori con attitudini e caratteristiche diverse.

Che possono convivere a patto che il resto della squadra stia bene, abbia idee in sincrono, corra con intelligenza. La sensazione? Quel che dà Pavoletti per presenza in area, attacco alla porta, riferimento per il gruppo, fiuto del gol e supporto nel pressing, Lapadula lo offre in maniera differente. Furetto, rapido e cattivo nel pensare al gol, l’ex Lecce è un risolvitore più immediato. E, visti i precedenti, più letale. Pavoloso ha – aveva – dalla sua uno dei migliori colpi di testa d’Europa. Le sue inzuccate sono state da record.

Poi, complice gli infortuni, ne ha fatto 4, alcune decisive negli scontri salvezza, e pure di piede. Fa a sportellate, spizza, chiama a sé i difensori e facilità le incursioni dei compagni. Trovare la quadra non è semplice. Per il centravanti livornese occorrono buoni crossatori e non palloni calciati avanti per immaginare chissà quali sviluppi. Per l’italo peruviano è meglio una manovra corale, ragionata, palla a terra. Ci sarebbe la questione anagrafica e le motivazioni, anche queste diverse ma sincere da entrambi. La stagione è lunga, staremo a vedere. Ma il rebus per Liverani è ancora da sciogliere. Prima ci riesce meglio è.

Paziente attesa. Due gare ufficiali, Perugia in Coppa Italia e Como all’esordio in campionato, sono nulla per capire senso e misura del gruppo. Si deve aspettare. Si diceva così anche per Eusebio Di Francesco e Walter Mazzarri. Porta male? No, è la realtà. E sarà il campo a dare le risposte. L’esito del debutto al Senigaglia tiene in apprensione la tifoseria. E anche gli osservatori esterni hanno aggrottato la fronte. Se hai una manovra farraginosa, le accelerate di Blanco, Perugini e Mancuso ti aprono come il burro, fai due tiri in porta, sei sotto fino al 92’, la pareggi con un gioiello di Pereiro – che il presidentissimo porterebbe a spalle ovunque se solo gli pagassero l’ingaggio stratosferico datogli guarda un po’ da chi! – un punto è oro che cola. Ma le perplessità rimangono. E il lavoro da fare pure. Con Millico e Dossena, e Altare che rientra da squalifica, un terzino sinistro che si avvicina (Barreca?), il tecnico amplia il proprio perimetro decisionale. Almeno, questa è la speranza.

In tanti segnalate che con Desogus e Luvumbo dal via e Pereiro in panca, l’allenatore ex Parma ha mostrato autonomia. Ma un esercito contesta la maglia da titolare data a Di Pardo, Zappa, Deiola e Pavoletti. Pare un tantino ingeneroso. Ed è quel che passa il convento. Fare le formazioni dal divano di casa è facile. Seguire, lautamente pagati, giorno dopo giorno un gruppo di 26 professionisti con due al massimo tre sui quali hai detto la tua, è altra storia. Che si complica, e di molto, se il patron bussa, indica, suggerisce. L’aziendalismo è legittimo e normale. Cosa diversa è progettare la risalita in Serie A – ma diranno che loro non hanno fatto proclami – badando innanzi tutto a rimettere a posto i conti, dissestati come è noto da Minnie e Topolino. Per poi vendere il vendibile e vedere chi rimane nello spogliatoio.

Mercato, sì e no. La piazza contesta la ormai certa cessione del duo Tramoni. Le fazioni sono almeno due: la prima e più numerosa sottolinea come Matteo potesse ambire – dopo l’exploit con il Brescia – alla consacrazione. E aggiunge: li diamo proprio a una diretta concorrente. La seconda risponde ricordando che non si parla dei fratelli Van der Kherkof e delle critiche ricevute dai due corsi al loro arrivo a Cagliari. Troviamo la quadra. Erano una scommessa, ragazzini da non bruciare in Serie A con coriandoli e cin cin. Che poi Lisandru non abbia rinnovato non dice di richieste folli, curate da un agente tosto che pare volesse far cambiare aria ai suoi assistiti. Ma lascia intendere anche la posizione del club: i Tramoni boys hanno mercato, altri in rosa no.

Dunque, si capitalizza. Decisione non nuova in casa rossoblù. Al netto di tutto, occorre pazienza e rispetto. Il che non significa accettare supini criticità e nodi vecchi quanto il cucco. Per emettere giudizi è sensato aspettare la chiusura del mercato e almeno 45 giorni di campionato. Di certo, aver giocato a Como soffrendo in tutti i reparti, non lascia l’umore giusto. Per ridare sapore all’essere tifosi – tutti, da quanti idolatrano il presidente a chi lo dileggia – c’è solo un modo: prendersi i 3 punti con il Cittadella.

Notarelle

Paragoni forzati. Leggo dei sedicimila abbonati del Genoa. Dietro c’è una svolta: via Preziosi, produttore mondiale di giocattoli, roba che non inquina e fa divertire, dentro Wander&Pasko (777Partners). A capo di una galassia con asset per tre miliardi di dollari, 55 società e cinque club del pallone in agenda. Con Blessin sostenuto senza perplessità, libero di decidere senza intermediazioni. Vero o falso, si vedrà a breve. E questo non significa che risalgano in A in scioltezza. Peraltro, chi si abbona va rispettato. Sempre. La campagna a tariffe super economiche? Una mossa dovuta.

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