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ESCLUSIVA – Tomasini: “Combattenti in campo! Salvezza per tifosi e Sardegna”

Il grande Giuseppe “Beppe” Tomasini, uno dei mitici scudettati ’70, racconta in esclusiva per i lettori di Calcio Casteddu il suo pensiero sul Cagliari odierno: parole da cui trasuda, una volta di più, l’orgoglio autentico per questi colori

SPECCHIO. “Nel calcio esistono le annate positive e negative. Però le ultime gare contro Sassuolo e Salernitana rappresentano lo specchio del momento del Cagliari, che da qui può ripartire. Io non voglio giustificare gli errori o buttare la croce addosso a Cragno e Nández, bravi ma protagonisti nel gol subito venerdì al 90°: ma la gara contro i campani era già vinta“: sincero, schietto, come sempre. Giuseppe “Beppe” Tomasini parla della delicata situazione rossoblù.

DNA. “I colori del Cagliari li ho nel sangue, fanno parte del mio DNA. Forse questo potrebbe condizionare il mio giudizio… ma sono convinto che i calciatori rossoblù non abbiano nulla di meno rispetto ad altre squadre. Anche se sono stati persi troppi punti, c’è possibilità di salvarsi. Ora è necessario esclusivamente ricompattarsi. Contro la Salernitana abbiamo tenuto in mano noi il pallino del gioco: la squadra ha dimostrato di essere viva. Riprenda slancio da qui“, aggiunge l’ex libero del Cagliari scudettato, oggi 75enne.

PSICOLOGIA. “Non conosco i meccanismi psicologici del Cagliari odierno, però è un aspetto che conta: eccome. Posso parlare della squadra in cui ho giocato. Purtroppo capitava che girasse male in certe stagioni, o anche solo per brevi periodi. Allora ci guardavamo in faccia e facevamo un patto d’onore tra di noi, promettendoci di fare vita più morigerata in settimana per dare qualcosa in più la domenica dopo. In campo ci vogliono dei combattenti! Si deve puntare su impegno, volontà, forza, amicizia. Poi è chiaro che un pizzico di fortuna deve sempre esserci“, ricorda “Tomas”.

ANNI D’ORO. Tomasini apre il libro dei ricordi: “Nel campionato 1968-69 arrivammo secondi dietro la Fiorentina, sfiorando lo scudetto. Ma l’anno seguente, dopo dieci partite, avevamo già la giusta consapevolezza che saremmo arrivati fino in fondo. Ritornando alla psicologia, rammento quei giorni dell’ottobre ’70 che ci portarono dalla vittoria contro l’Inter al ritorno in Coppa dei Campioni contro l’Atlético Madrid, dopo aver perso Riva per il grave infortunio in Nazionale. Un evento che ci segnò notevolmente, perché ci condizionò a tal punto da farci mettere meno entusiasmo e concentrazione in Spagna. Tutto influì sul risultato e l’eliminazione dall’Europa“.

PER I TIFOSI E LA SARDEGNA. “Dopo il gol di Pavoletti, nell’ultima di campionato, la squadra si è unita in un grande abbraccio. Grande coesione, partecipazione. Poi non so cosa sia successo, peccato. Qui a Cagliari i tifosi sono dei gran signori, non sono come i sostenitori di altre città. Il tifoso cagliaritano, se vuole offendere e colpire al cuore la squadra, non va allo stadio. Da un’altra parte, avrebbero mangiati tutti quanti. I giocatori, l’allenatore e la società devono capire che la pazienza del pubblico rossoblù è grande, ma non infinita. Devono riuscire a conquistare la salvezza per la Sardegna intera: è troppo importante. Non si buttino giù!“, conclude l’ex rossoblù.

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