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IL DRIBBLING DI… Mario Frongia. Cagliari: ceceni o altri? Ma prima serve l’impossibile per stare in A

Percorso pluriennale fallimentare, tra proclami, promesse disattese, tecnici usa e getta e giocatori vintage. La cessione è un’operazione facile e rapida

La premessa è d’obbligo: le news su una trattativa di cessione – di qualsiasi bene, di una Kawasaky Ninja di dieci anni o di una cantina a Genneruxi – vanno avanti a strappi. E, quasi sempre, nel silenzio delle parti. Se intelligenti. Figuriamoci se si parla di un club di calcio professionistico. Anche per questo è dura decifrare le recenti news sul futuro del Cagliari. Cautela e fonti accreditate non bastano per garantire certezze. Se a ciò si aggiunge la cifra del presidentissimo – capace di confermare Semplici e di averlo già mentalmente cacciato, formalizzando l’addio a poche ore dell’annuncio in tv – tutto si complica. L’aria è pesante. Se sei ultimo in classifica con 6 punti, hai perso otto partite su dodici, ti ritrovi con un organico male assortito, demotivato, con acciacchi vari, a fine corsa e, purtroppo, con limiti evidenti per la categoria, l’incubo è di granito.

E se si innesca un orribile faccia a faccia con i top player nello spogliatoio – raccontano, ai limiti delle mani addosso, con urla e reciproci insulti, ma deve trattarsi di un’esagerazione! –  a 48 ore dalla gara con l‘Atalanta, tutto vira al peggio. Si va dal contratto del bomber, Joao Pedro, che attende il rinnovo, a Godin. Il capitano storico dell’Uruguay ha confermato che mai e poi mai – anche se il Capo supremo è il solo artefice di un contratto mostruoso, presentato con musiche, fiori e hostess – andrà via a gennaio, come gli avrebbe comunicato la proprietà. Poi, ci sono i separati in casa. Tra questi, Oliva, che meriterebbe una chance seria, e Farias: il brasiliano rescinde a fine mese. In breve, clima e intesa da psicodramma tra rosa e società. Pessimo, se si vuol provare a replicare l’ennesimo miracolo.

CONTATTI. Su questi temi è impossibile avere nero su bianco. Le informazioni sono frammentarie. Alcune fatte trapelare ad arte per spiazzare o alimentare polemiche adatte a mantenere tutti sul chi vive, dentro e fuori Asseminello. Un esempio? Liverani a Cagliari. Ma chi sorride citando il classico “me l’ha detto il cugino di una vicina che l’ha saputo dal parrucchiere della ex fidanzata” non sposta la questione. Verità assolute non ce ne sono. Lo stesso Cellino, geniale giocatore d’azzardo, ha gestito la vendita del club mettendo in ballo Silvestrone, un pool di arabi, un gruppo italo-svizzero. Poi, è spuntato Giulini. Ma a riannodare i fili, si è scoperto che il faccia a faccia con l’attuale patron andava avanti da mesi. Dunque, i fantomatici russi, come circola su siti, bar e social, alla conquista della società. Intanto, si tratta di ceceni. L’identikit porta ai fratelli Bazaeev. Detentori del Forte Village da una quindicina d’anni, buoni amici dell’entourage del presidente russo Putin, impegnati principalmente nel ramo del gas e del raffinamento del petrolio, si sono innamorati della costa sud occidentale della Sardegna.

Il calcio è per quasi tutti una scimmia che non molla. L’idea di mettere mano sul Cagliari è abbastanza recente. Ma non quella di investire nel business pallonaro europeo. Adesso, con L’Uomo solo al comando che non sa che pesci prendere e può rimproverare solo se stesso, la situazione potrebbe avere una svolta. Ma c’è un ma: al duo ceceno interessa aprire un tavolo solo se ci sono garanzie per la realizzazione dello stadio. Ovvio, in A, senza impianto di proprietà, anche con i lauti introiti dai diritti tv, si soffre. E si è sempre sotto scacco. Ma la pista cecena by Forte non è la sola. Pare ci siano due gruppi che, per interposta persona, si sono interfacciati con la società di via Mameli. Una, la più accreditata, avrebbe chiesto informazioni alla giunta guidata da Paolo Truzzu. Lo stadio nuovo, anche in questo caso, è dirimente per un eventuale prosieguo della chiacchiera.

TRA CLASSIFICA E IL RESTO. Se è vero che Spezia e Parma, Genoa e Spal (città di buone e ottime tradizioni, danarose, con un pubblico e un contesto appassionato) hanno cambiato padrone a campionato in corso, è altrettanto assodato che con questo Cagliari e le bocce in movimento, tutto diventa fantascienza. Comprare un club in A, anche se si salva nell’extra-time dell’ultima giornata, è cosa diversa dall’acquisto di una formazione che precipita in B. Il parco giocatori, tra big e comprimari, subisce un drastico e ulteriore deprezzamento. E le stelle, o pseudo tali, puntano a fuggire quanto prima. L’intera rosa viene decifrata nei dettagli, a partire dal Settore giovanile e la Primavera. I dipendenti e le strutture sono altri capitoli di rilievo scandagliati a fondo. Poi, ci sono le proprietà e le strutture immobiliari.

Infine, i crediti (diritti tv, sponsor eccetera) e i debiti (affitti, inserzioni pubblicitarie, pagine a pagamento, stipendi, fidi, così come libri e collaboratori che sono stati utili alla causa e al marketing). Ci sarebbe da valutare anche il futuro della Fluorsid a Macchiareddu, visto che di recente si è letto di una richiesta al Ministero dell’Ambiente che somiglia a un dentro o fuori. Parrebbero in ballo ingenti somme “indispensabili” per mettere a norma green (ed ecocompatibili) lo stabilimento. Mentre ancora non è ben chiaro se i circa 23 milioni di euro di bonifiche, come da sentenza del tribunale, siano state eseguite. Insomma, a breve una due diligence – la fase di censimento, verifica e valutazione – pare non sia ipotizzabile. Ma di certo, l’aria è molto pesante.

DA ZEMAN IN POI. Il flop d’esordio con il tecnico boemo, messo ko anche dai senatori, i rinforzi di cartone per Zola, la mancata conferma di Festa. La splendida parentesi con Rastelli, l’unico ad aver vinto qualcosa, la B con record di gol, vittorie totali e in trasferta. Ancora titolare del record di punti e piazzamento in A da debuttante e neopromossa, capace di battere Atalanta, Inter e Milan, vittima di uno spogliatoio che pensava di poter tenere il mondo in mano. Poi, si è visto che magie! Quindi, l’imbarazzante via vai di dirigenti (il vicepresidente Filucchi, che mastica pallone e relazioni di alto profilo, manca e si sente), tecnici (nelle prime otto giornate è stato scavalcato anche un mangia-allenatori come Cellino), direttori sportivi (Marroccu, Capozucca, Rossi, Carli, Carta), preparatori atletici, presentati come il top di gamma e messi alla porta in rapida successione. Difficile far bene in una simile giostra. Con la leadership dirigenziale carente, e spesso al centro di indecorose lotte di potere, così come in campo.

Tra le perle recenti, l’aver beffato Nainggolan, la mancata cessione di Cragno e il prestito-choc di Vicario, la cessione di Simeone, mai sostenuto se non disincentivato nel dopo Covid. Per dire, al Verona, Tudor, fin da prima della sequela di reti, parla del Cholito come se fosse il suo Van Basten. E i risultati si vedono. Questione di competenze, intuito, pulizia intellettuale, umiltà. La lista delle perle gestionali è lunga. Tra queste basti ricordare, con l’Inter di dritto o di rovescio al centro del discorso, gli arrivi di Mpoku, Cop, Husbauer e Gonzales, i casi IslaBruno AlvesMurru sostituiti con Van der WielAndreolliMiangue. Ma anche Ionita, regalato per un milione di euro, gli stessi soldi dati ad Asamoah, ritiratosi da un anno e mezzo anche per noti problemi fisici, da gennaio a giugno per una manciata di minuti.

I lettori segnalano la miopia mostrata con Bradaric, Olsen, Sottil, Ounas, Despodov e Pajac. Allenatori, con Maran, piaccia o meno, che di questi tempi era tra le prime sei (sì, sei!) squadre d’Italia, usati come controfigure e mai accontentati. Come Semplici, che chiedeva Fares e Bonifazi. Nel calcio è vero tutto e il contrario di tutto. Con il patron che comanda e decide senza contradditorio, dalla carta per la fotocopiatrice al contratto di Mazzarri, i risultati sono deficitari. Da nessuna parte imbellettamenti, merchandising feroce e operazioni simpatia (i vostri commenti sull’uso dei 77 anni compiuti da Riva, sono l’emblema) non salvano dalle sconfitte. E i cronisti “amici” non danno punti. Né mai ne daranno. Di certo, quel che si è visto basta e avanza per dichiarare la resa. E trattare. L’accanimento terapeutico sarebbe atroce per tutti. Il patto deve prevedere che ne tragga giovamento la squadra e che si faccia l’impossibile per non retrocedere. Da qui a gennaio a caccia di qualsiasi cosa somigli a un punticino. Per poi dare a Mazzarri i quattro, cinque elementi idonei alla remuntada.

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