La gara tra Cagliari e Roma, tra tutte le possibili sfumature da rievocare, offre l’assist per ricordare la figura del tecnico di Paularo all’interno di due tappe cruciali della sua carriera

IRRESISTIBILE. Attorno alla figura di Manlio Scopigno hanno trovato spazio mille e una definizione, tra cui spicca quella di “Filosofo” per il suo modo particolare di intendere uno sport già preda di isterismi ed esasperazioni. Sulla panchina del Cagliari Scopigno si guadagnò un posto nella leggenda, da nocchiero di una squadra magica che raggiunse la gloria con il vessillo tricolore ’70. Qualche contraddizione, ma pure l’esilarante intervento a “La Domenica Sportiva” una settimana dopo il titolo, durante cui diede sfoggio della sua irresistibile personalità.

IL DECLINO INATTESO. Lasciò la Sardegna nel ’72 e venne chiamato dalla Capitale l’estate seguente. Cagliari e Roma hanno segnato in maniera indelebile la storia di Manlio. L’avventura giallorossa durò sei partite e spaccò la carriera del friulano (cresciuto a Rieti). Ritrovò la panchina nel Vicenza: risultati insoddisfacenti e dissidi con il presidente Farina misero fine alla sua corsa nel febbraio ’76, proprio due settimane dopo l’ultimo grave infortunio di Gigi Riva. Che coincidenza… Nel settembre 1993 morì senza clamori.

FIGURA UNICA. Per Arrica fu “un allenatore diverso, che riusciva a sdrammatizzare tutto”; “una grandissima persona che ricorderò con amore”, commentò Martiradonna; Domenghini affondò affermando che fosse scomparso“uno che pochi hanno amato e che pochi hanno ricordato”. Il presidente romanista Anzalone ricordò uno Scopigno irremovibile che preferì andar via durante un momento societario burrascoso: “Provai a fargli ritirare le dimissioni, inutilmente. Testardo, ma coerente. Non accettava i compromessi, non si piegava nemmeno di fronte al denaro”. Manlio Scopigno, un uomo di mondo che tanto servirebbe al calcio attuale.

(L’articolo è presente sul numero di Calcio Casteddu Magazine dedicato a Cagliari-Roma)