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IL DRIBBLING DI… Mario Frongia. Cagliari, con lo Spezia notte fonda: i rossoblù rimangono terzultimi

Battaglia, emozioni e zero punti Tra gol sbagliati, partenza molle e imprecisa, con i top player poco incisivi. Il risveglio tardivo negli ultimi venti minuti non basta

Il Dribbling dopo sette mesi cambia, leggermente, pelle. Meno tattica e pallone, più argomenti e indicazioni sul sistema calcio. E il Cagliari? Sempre nel cuore e in prima fila. Si accettano suggerimenti e critiche, ma lasciate perdere insulti e denigrazioni gratuite. Anche perché infangando gli altri, magari nell’anonimato, non si diventa migliori. Anzi. Buona lettura.

DAL CAMPO. Primo tempo senza reti. In trasferta, mica male. Ma non sarà sufficiente. Il terzultimo posto, con il Torino che ha sorpassato e ha ancora una partita da giocare, è un’incudine sulla schiena. Il 3-1 subìto dalla Juve in casa, con CR7 graziato dal Var, è in archivio. Di fatto, lo spareggio salvezza in Liguria pesa enormemente. Pavoletti batte allo sprint Simeone. Per il resto, riecco Lykogiannis. La sintesi dello 0-0? Ritmo e organizzazione dello Spezia, due fiammate in avvio di Joao Pedro per il Cagliari. Nel primo tempo, sostanziale equilibrio. Galleggia Duncan, meno preciso del solito, e Nainggolan, poco concreto. Rugani soffre con l’ex Farias, splendida rabona per Piccoli. La formazione di Semplici ha la testa giusta. Ma mancano le idee. I lanci lunghi, fuori misura, sono la soluzione che non porta da nessuna parte. I neopromossi corrono di più e meglio. Il patron voleva cartellini gialli: li hanno beccati JP10 e il Ninja.

Secondo tempo da infarto. Lo Spezia passa due volte, il 2-0 di Maggiore è sconcertante. In mezzo, ci sono le macro-occasioni divorate da Pereiro e Simeone. Le parate da film di Zoet, su Nandez, il rigore-non rigore su Farias, il 2-2 a fil di sirena annullato a JP10 per offside di Simeone. La reazione del Cagliari negli ultimi venti minuti è stata precisa e corale. Ma a quel punto, sfortuna o meno, i buoi erano già scappati. La considerazione principale riporta alla mancanza di cross per Pavoletti, con Lykogiannis e Nandez non pervenuti. Poi, uscito il bomber livornese, sono piovute numerose palle in area. Semplici ha da lavorare. In difesa, sufficienze stentate, con Klavan in difficoltà sull’1-0, ma sulla pallagol per Piccoli, Godin e Rugani non ci sono. In attacco è mancata lucidità e cattiveria. La squadra ha provato a proporre ma le disattenzioni si pagano. E in ripartenza il Cagliari non è stato cinico. Tirate le somme, il pareggio sarebbe stato il risultato giusto. E pare assurdo non aver portato a casa almeno un punto. La sconfitta è da incubo.

I PRECEDENTI. L’ultima volta al “Picco” per il Cagliari? 3-0, doppietta di Melchiorri e autorete di Valentini. In tv parlano di decine di allenatori ma scordano che in panca c’era Massimo Rastelli. Ordini di scuderia? Può darsi, così come nel video Chent’annos: ignorato l’unico tecnico che negli ultimi sette anni ha vinto qualcosa. Ma lunghi minuti su chi si è salvato all’ultima giornata. Si può nascondere e minimizzare ma i risultati sono scolpiti nella pietra: vittoria della B con i record, undicesimo posto in A, con vittorie su Milan, Atalanta e Inter da neopromossa con il tecnico di Torre del Greco. Rastelli, visto che ci siamo, come mi segnala un lettore di buona memoria, aveva battuto al Mapei Stadium il Sassuolo di Di Francesco in Coppa Italia. Ieri, l’ex allenatore del Cagliari, proprio in contemporanea con la partita dei rossoblù, è ripartito dalla Spal: 1-0 al Cittadella. La marcia verso i play off prosegue.

NOATERELLE. La corsa salvezza e l’auspicio che il Cagliari ne venga fuori quanto prima sono il bersaglio top. Per voi lettori, per gli sportivi sardi e per chi scrive. Poi, c’è la cronaca e qualche argomento di riflessione. Chi si aspetta pane e nutella e la logica del “Non disturbare il manovratore”, può saltare queste righe. Se vi capita, guardate o rivedete The state of play, film sul giornalismo e non solo con Russell Crowe, Ben Affleck e Helen Mirren. Al potente di turno, più o meno, si dice: “Se questa cosa non la scrivo io, ci sarà sempre qualcuno che poi la scriverà e la racconterà”.

1) “I maestri dell’inerzia” scrive Maurizio Crosetti su Repubblica. L’editorialista aggiunge: “i presidenti della Lega calcio e della Figc: Don Abbondio e Ponzio Pilato”. Su Tuttosport Tony Damascelli accelera: “La Lega calcio? Slegati su tutto, in battaglia per qualche centinaio di milioni. La casa di carta del football nostrano, con i club a due passi dal burrone, chiede agevolazioni fiscali, ricorre alle banche, rinvia i pagamenti ai dipendenti, non trova una soluzione. (…) La presunzione e l’arroganza sono i timbri del loro passaporto che non vale oltre frontiera. E dimenticano le esigenze degli abbonati-tifosi, già privi di accesso allo stadio”. Presunzione e arroganza, dunque. Chissà perché la cosa non giunge nuova nemmeno da queste parti. Andiamo avanti. “Un particolare – prosegue Damascelli – spiega la superbia dei suddetti: non solo sopravvivono con i soldi delle tv ma, a volte, hanno anche la spudoratezza di non presentarsi di fronte a telecamere e microfoni e rifiutano le domande (e i giornalisti, ndr) ritenute scomode e fastidiose. Pensano di sedersi al ristorante ma hanno le tasche vuote ed esigono champagne e caviale. I litigi di Lega sono ridicoli se non mirabili, la spaccatura è figlia di capricci e giochi di corridoio”. Amen.

2) Insomma, il sistema è malato. Pensa solo ai propri interessi, con il denaro, e le intese per farne sempre di più, al centro del discorso. Una colpa? Sì e no. A patto che ci si muove all’interno delle leggi, con acume e responsabilità. E non si prenda gioco della tifoseria con imbellettamenti, marketing su misura, coriandoli, ricchi premi e cotillon. Ben vengano bilanci sani e investimenti. Cosa diversa è il profitto a tutti i costi e come obiettivo primario. Ma per avere il segno + serve competenza e conoscenza della materia prima. Ad esempio, se si paga dieci milioni di euro un attaccante, e altrettanti per un regista-non-regista, si gioca a trovare dietro l’angolo un Barella, meglio se all’estero, per farne una fortuna, o si pensa che sia meglio cedere Murru, Bruno Alves e Isla per eliminare superstipendi e incassare denari facili, e li si sostituisce con Andreolli, Van der Wild e Miangue, si sbaglia. E si paga dazio. Ieri e oggi.

3) Il Cagliari che punta a risparmiare su figure chiave, magari un direttore sportivo esperto in A, insedia l’allenatore-manager ma poi non prende, o cede, i giocatori richiesti, fa capo a una gestione padronale senza contradditorio. Non solo i tifosi, fin dal dopo ko con il Benevento, hanno sollecitato il cambio in panca. Ma l’Uomo solo al comando ha scelto di aspettare: i dieci milioni di euro lordi per due anni (la storiella del prolungamento per Di Francesco la lasciamo ad altri) erano e rimangono un peso da evitare. Poi, errori e criticità di mercato, strategiche e gestionali, figure inadeguate e inesperte, hanno visto la squadra finire al terzultimo posto. Adesso, serve logica, animo e cose Semplici per venirne fuori. Ma la morale è granitica: in via Mameli ci si cura poco di chi, direttamente e indirettamente, mette il gettone nella giostra: i tifosi.

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