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IL DRIBBLING DI… Mario Frongia. Cagliari: Sassuolo, Lazio, Atalanta e Torino da “Mani nei capelli”

Il dramma accomuna i tifosi, veri padroni immateriali e non solo, dei colori rossoblù. La società ha prolungato con Di Francesco e preso Asamoah.  La salvezza è troppo preziosa

Complicata più del dovuto. Ansiogena, senza appigli, con angoli bui, contorta nei modi e nei tempi: l’auspicabile ripresa del Cagliari di Eusebio Di Francesco passa per un groviglio di nodi di vecchia e nuova data. La situazione è immeritata e ingiusta per la tifoseria. Che è stata coccolata, pre e post Covid, con annunci e imbellettamenti roboanti. E adesso ha mille ragioni per imbufalirsi. Tenuto conto del Covid e dell’infortunio a Rog, si passa da terzultimi al giro di boa con 14 punti a +2 dal Crotone ultimo, reduce da sette sconfitte di fila, coppa Italia inclusa, seconda peggior difesa con 37 reti incassate. Difficile sorridere. Nel merito, l’allenatore abruzzese per una grossa fetta dei sostenitori andava accompagnato all’aeroporto di Elmas. I risultati sono orribili per sottovalutarli. Ma lo scenario va ampliato. Guadagna tanto, in giro i soli capaci (forse) di riannodare i fili anti B, sono andati altrove.

A seguire, questioni già sviluppate in campo al club: rosa inadeguata dietro e in mezzo, sovrabbondante e strapagata dalla trequarti in su. Una campagna segnata, nell’intero 2020, da allontanamenti e scelte che non hanno convinto con pedine che soffrono più del previsto. Da Lykogiannis a Pereiro, Ounas, Marin, fino ai giovani Walukiewicz, Tripaldelli, Tramoni, Caligara. Ci si aspettava di più. E ci sono anche Carboni e Luvumbo (?). Più Pajac, mai convocato. Per qualcuno non se ne può parlare: sarà davvero così messo peggio di quanti hanno giocato a sinistra? A conti fatti, sarebbe stato meglio non urlare al mondo intero che con questo organico si puntava il “decimo posto”, la “parte sinistra della classifica”, magari “battere l’undicesimo posto e i 47 punti di Rastelli”, parole griffate Giulini alla presentazione di Di Francesco. Da noi, puntualmente rimarcate. Con pochi risultati, anche per qualche lettore distratto o superficiale che pensa ai click! La palestra delle opinioni, purché non offensiva, è aperta a tutti.

SANGUE E SUDORE. Nel ripartire, pur con quattro gare da dentro o fuori per antipasto, per non perdere il treno va osservato un dettaglio: chi dà la scossa a figure mentalmente pronte anche al balzo nel calcio europeo? Nàndez, ad esempio. Costretto a sgommare per il punticino, marcare, picchiare, cambiare ruolo, mantenere condizione e mentalità per non andare in B. Nàndez, ma anche Joào Pedro, Simeone (se non parte), Sottil, Ceppitelli e Klavan. E i neoacquisti Duncan e Asamoah (fermo dal 2019), più Calabresi sono pronti per immergersi nel fango e nelle gomitate di chi non vuol mollare la categoria? Impossibile augurarsi il contrario. Si deve voltare pagina e lo si sapeva. L’abbiamo scritto, per tempo. Che poi non sia stato letto, è altra storia. Aver chiamato in causa la società dal dopo Napoli non aveva intenti polemici. La critica, ancorché aspra e pungente, può aiutare a mettere a fuoco momenti stonati. Specie ora che è indispensabile fare almeno 24 punti nelle prossime diciannove gare. Il Cagliari è bene comune, di tutti i sardi. Da cent’anni, in ogni angolo del pianeta. Identità, sacrifici e orgoglio. E penso al recente commento, sincero e toccante, inviatoci da un tifoso emigrato.

CONDIVISIONE A META’. La visione alla Ferguson (manageriale, tattica, agonistica) è stata azzerata nel giro di tre giornate. Quando Eusebio Di Francesco ha sottolineato che qualità e duelli individuali vedevano sotto i suoi, ha ammesso che sulle scelte ha inciso solo in parte. Si aspettava rinforzi, a partire da Nainggolan, arrivato con quattro mesi di ritardo. Ma, liberi di crederci o meno, a monte c’è sempre l’Uomo solo al comando. Poi, il tecnico ha le sue colpe. E dispiace il replay: aver avvallato Marin regista (pagato dieci milioni di euro!), dato l’ok per Lykogiannis e Zappa titolari, detto sì ai traslochi di Bradaric, Pisacane e Pavoletti, pensato che Joào Pedro potesse giocare nel tridente alto, non essersi impuntato per avere, come pattuito, Nainggolan dal via. Ora, quelli rimasti spalle al muro dopo l’editto di Marassi non sono i giocatori ma proprio lui. DiFra lo sa. Conosce l’ambiente. Ha un contratto ingente: è stato già rimarcato, in due anni, se il tecnico guadagna circa un milione e ottocento mila euro netti a stagione (sette e qualcosa lordi nel biennio), altri tre, sempre lordi, vanno allo staff.

Aggiungete un altro anno, con l’avvertenza che la cifra iniziale possa essere stata spalmata nel triennio. E che se le cose non dovessero malauguratamente funzionare, magari, possa fare come a Genova con la Sampdoria. Congetture? Può darsi. Intanto, senza pretendere il saldo o il rogito del notaio, non è da geni capire che – senza allenatori pronti-via a disposizione e abilitati da senatori e ambiente, capaci di provare a salvare la squadra per poco o nulla pur di sedere in panca in A – l’operazione dovrebbe motivare tutti. Ma mette nella griglia il tecnico. Che, come segnalano in tanti, se non ne cava piedi dopo le prossime quattro gare (Sassuolo, Lazio, Atalanta e Torino), saluta e rescinde. Per poi transare. Tra l’altro, come avete scritto in tanti: in B con questo gruppo (“campioni e nazionali”) è da fantascienza: il nono monte ingaggi della A tra i cadetti! Faranno tutto e il contrario per scappare e sarebbe impossibile per qualsiasi società tenerli. Ma il Cagliari che retrocede sarebbe atroce. Per tutti. Anche per i lettori/tifosi, pochi a dire il vero, che non leggono fino in fondo, prendono una frase, la estrapolano e poi commentano senza contradditorio.

DA CIMA A FONDO. La società fa sempre la differenza, nel rispetto dei ruoli e delle dinamiche interne. E fa anche la fortuna degli allenatori e, spesso, dei giocatori. In questo caso pare di vedere il costruttore della trappola seduto sul ramo che sta tagliando. Di Francesco ha riavuto la fiducia a favore di telecamere. Intera o a metà, per meriti o mancanza di alternative adesso non importa. Manca la controprova, ma sarebbe stato utile rimettere a regime la catena di comando. Dal vertice al gruppo. In mezzo, ci sono ds, figura di delicato raccordo ed equilibrio tra dirigenza, staff e squadra, team manager e allenatore. E siamo alle solite: se decide sempre uno, gli altri – per inesperienza, stare in sella comunque sia o spirito di sacrificio – si adattano.

Il Cagliari prosegue con poco o nullo contradditorio interno. Male. Intanto, le altre non mollano. E sbaglia enormemente chi pensa che andare in B sia anche solo da prendere in esame. Pur senza abboccare al “se si va giù lo facciamo tutti assieme, campioni e nazionali giocheranno in una categoria inferiore”: procuratori e agenti già sorridono, retrocedere sarebbe follia. Resettare e risalire può essere faticosissimo. In piena pandemia, senza tifosi e merchandising, con il flop entrate e uscite record per gli stipendi, sarebbe un delirio. Ci si svaluterebbe, si uscirebbe da qualsiasi visibilità, e credibilità, nazionale e internazionale. Il brand, e la storia, rossoblù ridiventerebbe opaco. Cagliari e la Sardegna sarebbero più povere in tutti i sensi. Meglio, molto meglio, concentrarsi sul Sassuolo.

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