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Doppio tampone e test sierologici a tappeto, per il calcio è più che un privilegio

In Figc e Lega si studia la ripresa sulla base di verifiche ferree sulla salute dei calciatori, ma si rischia di privilegiare fortemente un settore

IRRITAZIONE. Nel calcio sono più di quarantamila i posti di lavoro a rischio a causa della crisi economica scatenata dal Coronavirus. Non è quindi sbagliato ragionare su tutte le possibili strade da intraprendere per salvare il salvabile e terminare i campionati. L’insistenza mostrata dai vertici del calcio italiano da un lato è comprensibile, ma dall’altro comincia a irritare altri vertici che stanno fuori dal sistema. Su tutti il presidente del Coni Giovanni Malagò, che di recente ha sbottato contro il football nostrano dichiarando al Secolo XIX che “nessuno ha pensato a un’alternativa diversa dalla regolare chiusura della stagione”. A fargli eco anche il ministro Speranza, che ha definito la ripresa del calcio come “l’ultimo dei problemi”.

FRENATA. Oggi su La Gazzetta dello Sport si legge di una “grande frenata” e tra le voci caute si è aggiunta quella del ministro Spadafora, tra i più vicini alle esigenze della Figc ma che adesso specifica che “non c’è alcuna certezza sulla ripartenza della Serie A”. Insomma, visti i numeri dell’emergenza (in calo sì, ma sempre alti) l’insistenza per una ripresa dell’attività sta paradossalmente portando il movimento calcistico all’isolamento. Questa mattina il premier Conte ha scritto un lungo post su Facebook riguardo alla Fase 2 e al fatidico 4 maggio, invitando alla cautela e annunciando un’apertura graduale.

NUMERI. In questo clima nel corso della scorsa settimana è emerso l’ormai noto protocollo sulla ripresa presentato dalla Figc ai ministri dello Sport e della Sanità. Si parla, tra le altre cose, di due tamponi consecutivi da effettuare nel giro di 24 ore. Sul sito della Figc i tesserati alla stagione 2017/2018 (l’ultima di cui si trova il censimento) risultano essere 1 milione e 355 mila. Ipotizzando che il dato sia vicino a quello del 2020, potremmo dedurre che per rimettere in moto “in sicurezza” tutto il movimento servirebbero oltre 2,5 milioni di tamponi. Praticamente il doppio di quelli finora effettuati in tutta Italia, che solo ultimamente e in poche Regioni (come la Sardegna) potrà iniziare degli screening più ampi. Ciò vuol dire che sarebbe insostenibile una ripresa di tutti i campionati, anche escludendo quelli giovanili già fermati, per buona pace delle società dilettantistiche. Sempre al 2018 risultano tesserati 12.125 calciatori professionisti. Ovvero, se ci fermassimo solo a Serie A, B e C e senza contare lo staff al seguito, parliamo di oltre 24.000 tamponi, il doppio di quelli finora effettuati dalla Regione Sardegna per intenderci.

PRIVILEGIO. Il presidente dell’Assocalciatori Damiano Tommasi ha parlato di ripartire “senza apparire privilegiati”. Tutti d’accordo, ma quale altra categoria può permettersi due tamponi in 24 ore considerando anche il mercato saturo e la difficoltà oggettiva a reperirli? E perché utilizzarne così tanti per il calcio quando sarebbero più utili per un’indagine estensiva sulla circolazione virologica nei territori? Tutti vogliamo bene al calcio, ma il pallone non sta al centro dell’universo.

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