Il grande “Domingo” è sempre combattivo e sanguigno, anche a 81 anni. L’intervista de La Gazzetta dello Sport ad Angelo Domenghini
RAGAZZINO TERRIBILE. “Sono stato male, problemi alle anche. Ma c’è chi sta peggio. Questo mese abbiamo fatto una rimpatriata con i compagni dello Scudetto, siamo sempre meno. Se n’è andato anche Bobo Gori. Gli anni passano: restano i ricordi e i cari vecchi amici. Non avevo niente, ho vinto tutto grazie al calcio. A 13 anni ero uno senza legge. Fumavo le pagine dei giornali vecchi, rubavo la frutta ai contadini. Poi un giorno, mentre mi dividevo ancora tra il lavoro in fabbrica ala Magrini e l’Atalanta, il mio direttore chiamò il club: ‘Lo prendete? Oppure resta a lavorare qui tutta la giornata’. Mi presero. Avevo 19 anni“.
CAMPIONE. “All’Inter passai da un milione, che percepivo all’Atalanta, a 15 come ingaggio stagionale. Tanti successi e poi il passaggio al Cagliari. Non voglio dire di essere stato sottovalutato, dico che forse avrei meritato più attenzione. Anche in Nazionale. Si parla solo di Riva, Rivera, Mazzola, Boninsegna. Anche lo Scudetto a Cagliari, a detta di molti analisti e osservatori, è stato lo Scudetto di Riva. Gigi meraviglioso, grandissimo, formidabile. Ma c’ero anche io, per la miseria! Per fortuna Gigi e gli altri non se la tiravano e sapevano cosa facevo“.
SODDISFAZIONE. “Guardando alla mia carriera non desidero fare confronti, ma piuttosto parlare di riconoscimento e riconoscenza. Il calcio mi ha dato moltissimo: successo, notorietà, benessere. Non mi ha tolto niente, o poco. Ho vinto tanto. Ma lo Scudetto a Cagliari è tutta un’altra cosa rispetto al resto: la vittoria di una città, di una Regione, della gente. Un calore unico ed indimenticabile. L’unico rammarico è che molti compagni e amici si sono staccati e persi“.