Il capitano del Cagliari dello Scudetto ’70, Pierluigi Cera, rievoca i ricordi sullo scomparso Pelé e sulla finale Italia-Brasile in Messico
(Fonte: Tuttosport)
ICONA. “Se ne va il più grande, anche più di Maradona. Un’icona che rimarrà sempre viva, dotato di tutte le qualità più importanti per un calciatore. Sapeva far rendere al meglio i compagni, pur diventando decisivo da solo. Nella finale all’Azteca, in Messico, Pelé non disputò la sua migliore partita. Ma ciò che fece comunque quel giorno resta nell’immaginario collettivo: era nel pieno della sua maturità come atleta“.
LA FINALE. “La vittoria brasiliana nella finale iridata del ’70 fu giusta nella sostanza, ma non nella forma. Loro erano molto forti, ma lo eravamo anche noi. Abbiamo tenuto fino a un quarto d’ora dalla fine e sullo 0-0 avevamo avuto una palla gol con Mazzola della quale non si parla mai. Forse, segnando quella rete, sarebbe stata una partita diversa. La stanchezza dopo la Germania? Un falso storico. Avevamo preso le contromisure giuste per affrontare il torneo, anche dal punto di vista fisico. Piuttosto l’1-0 fu assurdo, perché ci fu un nostro errore tattico. Vero, la respirazione era difficoltosa: ma pure per il Brasile, che però ci fece correre a vuoto con il suo modo di giocare“.
I VERDEORO. “Non parlavano tra loro: non ne avevano bisogno, si intendevano a memoria e al massimo con uno sguardo. E poi, sempre con il sorriso. Giocavano divertendosi. Pelé è stato un giocatore molto corretto, un piacere da vedere sul campo. Con i suoi piedi poteva fare qualsiasi cosa. Sì: penso proprio che sia stato il più grande di tutti. Almeno per me che l’ho visto da vicino“.