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IL DRIBBLING DI… Mario Frongia. Cagliari, un’altra botta umiliante

Sconfitto in casa 2-1 dal Verona. Ennesima prova fallita, ci si salva grazie alle disgrazie altrui: il Genoa perde il derby e rimane a -3

Prima considerazione: il Cagliari deve ringraziare la Sampdoria di Marco Giampaolo. Ovvero, ci si salva grazie alle disgrazie altrui. E il campionato non è ancora finito. La squadra ha l’obbligo di combattere sino all’ultimo minuto della gara con il Venezia. Certo, forse è meglio chiamare le cose con il loro nome: se hai perso sette partite delle ultime otto, hai preso 64 reti e ne hai segnati 32, perdendo finora diciannove partite, c’è poco da commentare. Il pesce puzza sempre dalla testa. E se lo si compra cercando di fare i fenomeni con i pescivendoli, si viene ripagati con la stessa moneta. Bene hanno fatto gli ultras a chiamare la squadra sotto la curva. I giocatori costituiscono il primo bersaglio. Ma quello grosso è un altro. E adesso, con la sconfitta per 1-0 nel derby, il Genoa rimane a -3. Ma la Sampdoria fa un balzo decisivo e vola a quota 33. Sinché la matematica non scrive la parola fine, testa alla prossima trasferta in casa della Salernitana.

Seconda questione. Il Cagliari che perde in casa con il Verona è la fotocopia, anche più chiara del solito, di quello che ha quasi buttato nel cesso la massima categoria. Senza anima né gioco. Per non parlare di personalità. “Siamo senza midollo” urla un tifoso. Altri ironizzano sia su quanto abbia portato bene il nuovo nome dello stadio, sia sul fatto che il patron sia apparso a metà settimana con analisi senza mai dire ho sbagliato. Ma questa non è una notizia. Poi, tutti a pestare su Mazzarri. Giusto o sbagliato, amarezza e rabbia non aiutano. Ma la delusione degli oltre sedicimila, è stata cocente. Ma, a questo punto, è inutile guardare a valle. Bisogna soffermarsi su chi decide, fa e disfa. Da sette anni. Con il record di Massimo Rastelli più solido che mai: undicesimo con 47 punti, da debuttante in panca, vittima delle faide di spogliatoio, anche pilotate, e con una neopromossa.

Una storia nota. I fatti non mentono. Mai. E al Cagliari c’è una sola persona che comanda. Questo gruppo è stato assemblato dal presidente. Il risultato viene incorniciato dal campo e dalla classifica. Poi, si possono cercare alibi, episodi dubbi, covid e infortuni, subissare le redazioni di richieste per dare forte visibilità sui presunti danni subiti. Poi, passa il refrain dell’allenatore che non fa i cambi giusti. Forse è anche vero. “Questa squadra rischierebbe di retrocedere anche se l’allenassero Klopp, Ancelotti e Guardiola assieme” scrive un lettore. E si può provare a dare le colpe ai procuratori malvagi, al maestrale e al traffico in viale Marconi. Ma i numeri sono impietosi. E neanche quanti si prestano ad avvalorare la tesi presidenziale dei torti subiti, rilanciata a compiacenti reti unificate in settimana, possono cambiare i risultati. Il tutto ha un architetto con nome e cognome: Tommaso Giulini.

La sconfitta che non ti aspetti. Walter Mazzarri, come capro espiatorio può anche andare bene. Ma la storia dice ben altro. Il tecnico ha le sue responsabilità. Forse, poteva dimettersi. Forse. Ma l’ambiente non dà reciprocità. Il tecnico di San Vincenzo l’ha preparata con il materiale che ha. L’ha studiata per battagliare su ogni pallone. Poi, errori su errori. Da Altare a Goldaniga passando per Lovato, Deiola, Grassi, Marin e Dalbert. Difficile dire chi ha dato in modo adeguato. La squadra pare avere la testa giusta. Certo, la tensione per non dover sbagliare, la necessità di fare punti, la palla che pesa quindici chili. Il tutto forma un’invisibile incudine. Che ha pesato e annebbiato pensieri e prestazione. Il Verona? Con Bocchetti a sbracciarsi in panca al posto dello squalificato Tudor (“A Cagliari per vincere, voglio fare più punti di quanti ne ha fatti Juric” le parole della vigilia dell’allenatore dei veneti), Barak e soci sono parsi sempre a loro agio. Il Verona ha fatto male ogni qualvolta ha accelerato. Il Cagliari ha stretto i denti e provato a reagire con umiltà. Fattori che in Serie A non bastano.

Un’aria di festa spettacolare. Gli insulti degli Hellas Army sono tornati indietro respinti da quindicimila fischi rossoblù. L’entusiasmo è discreto. Ma Simeone ha fatto soffrire Lovato. Appena 8′ è il Verona è passato: Cholito impeccabile, assist per Barak: 0-1. Molli, troppo molli. Trapanati dalla paura di perdere. Ma il calcio da trentamila euro di stipendio al mese è anche questo. Simeone? Più veloce, sempre o quasi favorito nel pressing sui difensori. Sul gol non ha brillato Dalbert. Mentre ha piazzato Tameze su Joao Pedro. Orsato non ha faticato. Mazzarri ha invertito le corsie di Bellanova e Dalbert dopo un quarto d’ora. Ma la musica non è cambiata di molto. La partita si è cristallizzata, come quasi sempre nel calcio moderno, in mezzo al campo. Grassi e Deiola hanno sofferto il filtraggio e i raddoppi di Caprari e Barak. Per non parlare della rapidità, la fisicità e il fraseggio di Hongla e Ilic.

Ma è di Marin il primo tiro del Cagliari che deve vincere a tutti i costi arriva al 24′. Sul corner ha colto la traversa Altare. Sono stati segnali interessanti. Ma non sono bastati. L’inferiorità è stata  palese. E parliamo del Verona che si è issata al nono posto con 52 punti. La manovra è rimasta deficitaria: lanci lunghi, nessun fraseggio, poca rapidità nella gestione. Il Verona ha controllato senza sofferenze. Tanto che in velocità i veneti sono entrati in area come una pattadese sul burro. Il Cagliari non sa ripartire. Appena in possesso, Goldaniga, Altare e Lovato sono chiamati a giocare la prima palla ma non è il loro mestiere. Deiola, Grassi e Marin non sono riusciti a guadagnare metri, pallone e compagni. La pochezza e il rallenty della manovra, quasi indecente per la Serie A, è disarmante. Un dramma. Keita Baldè? Il senegalese ha colto una gran traversa di destro. Si è notata una reazione. Poi, Lovato ha tenuto in gioco Caprari che ha siglato il 2-0. La squadra di Mazzarri è uscita sepolta dai fischi. Meritati

I cambi e la qualità che manca. Sui cambi (Marin per Nandez, Rog per Deiola, Pavoletti per Keita Baldè e Carboni per Goldaniga) ci si potrebbe dilungare. L’impegno non è mancato da nessuno. Ma Rog doveva partire dal via e Nandez pure: si gioca dal 1’ con i migliori è la regola non scritta del mondo dello sport. Poi, si vede cosa fare se manca il minutaggio. Tra gli insulti della Nord a Simeone alla perdita di tempo del Verona, la partita è scivolata via. Ma va applaudito JP10: il bomber ha confezionato un cioccolatino delizioso: palla all’incrocio su punizione dal limite, 1-2. La partita ha cambiato pelle. Ma con Lasagna si è avuta conferma del bersaglio scaligero: i 3 punti. Il Cagliari ha tenuto il pallino ma è andato a strappi. Sulle seconde palle gli ospiti hanno prevalso. È entrato Pereiro, nulla di nuovo. Sempre dal Cholito almeno altre due palle gol sprecate. Diciannovesimo ko, l’incubo prosegue.

Notarella

Sensazioni. Deiola in campo anche se Rog è pronto per dare almeno un’ora di buona qualità. Fin dal 1′, come da un pezzo suggeriscono osservatori ed ex rossoblù. Invece gioca l’ottimo Alessandro. L’idea è che il patron pensi a cedere la mezzala di San Gavino. Prima le attenzioni per il business, poi la prova della squadra. Peraltro, il croato avrebbe potuto prendere il posto di Marin. Nel calcio non c’è mai la controprova. Intanto, si balla sul ciglio del baratro. Dallo scorso agosto.

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