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IL DRIBBLING DI… Mario Frongia. Cagliari, ko con un filo di dignità

Errore clamoroso di Dalbert, paratona di Szczesny su Joao Pedro: il pareggio sfuma. La Juve non gioca al top ma non fa prigionieri

Almeno corrono assieme” segnala un lettore dopo i primi 45’. La considerazione è pertinente. Ma il commento dà la misura di quanto oramai ci si accontenti di poco. E anche di quale sia l’amarezza per una stagione segnata nel profondo. Per certi versi, la fatica della Juve a trovare il tiro e la profondità, con pochi movimenti senza palla e un fraseggio comunque mai troppo fuori portata dai rossoblù, danno un senso alla trasferta. Che poi Kean metta la palla dal centro area alle spalle di Cragno, non sorprende. Magari, si poteva fare di più su Bernardeschi che è riuscito a piazzare il cross teso giostrando in mezzo a tre rossoblù. Male. Ma Kean aveva già dato uno squillo all’11: palo, sempre di testa, con Zappa e Bellanova beffati dal cross di Cuadrado.

Il Cagliari di Mazzarri mostra ordine: meglio non sottovalutare la compattezza e la solidità. La squadra di Allegri prova a disarticolare con accelerazioni e strappi. Eppure, le occasioni per i padroni di casa sono poche. Ma, tutto sommato, Deiola e Grassi non hanno demeritato. E anche la lotta di Joao Pedro merita un cenno. Mentre di Pereiro, schierato a sorpresa dal 1’, con Pavoletti e Keita Baldè in panca, è meglio sospendere il giudizio. In breve, l’1-0 descrive la partita. Per inciso, Szczesny non è mai stato impegnato. Botte? Poche, Dionisi mostra due gialli, Carboni e Dalbert, su Bernardeschi, uno dei più ispirati.

La Juve la chiude. Ma Dalbert e Szczensy sono i protagonisti: l’ex Inter si mangia l’1-1. Il portiere di casa nega il pari a JP10. Nel complesso, il Cagliari si chiude e difende con ordine. La linea pare abbastanza in equilibrio. Pian piano, specie nella tonnara di mezzo, emerge il divario tecnico, e fisico. Arthur sale in cattedra, McKenny l’aiuta. Si comincia a soffrire. Bernadeschi calcia sul Po, da solo, al milite dell’area. Mazzarri viene inquadrati mentre urla. La squadra non deve abbassarsi. Eppure, piano piano, alla partenza più determinata di Cuadrado e soci, Ceppitelli e compagni indietreggiano. Poi, succede l’incredibile: Bellanova mette in mezzo, Dalbert, dimenticato da Bonucci, mette al lato di fronte al portiere: errore imperdonabile. Pavoletti subentra a Pereiro: impalpabile. Il dominio Juve è sporco ma continuo.

I rossoblù non riescono a ripartire, quattro passaggi di fila sono un sogno. Poi, la fiammata: palla d’oro di Zappa, JP10 chiama Szczesny alla parata decisiva. Oliva entra per Deiola, Kean lascia il posto a Kulusevski, Fatte le debite proporzioni, anche per la Juve il momento non è strepitoso. Il palleggio è difettoso, la manovra è lenta, spesso leziosa. Anche a Allegri il lavoro non manca. Fatti suoi. Intanto, il Cagliari non permette deflagrazioni. Certo, vai a perdere comunque. Ma il segnale non è scoraggiante. Basta? No. Ma addà pass a nuttata. Almerno per riprendere a sperare. Poi, Zappa cambia gioco e la regala a Cuadrado. Bernardeschi non perdona, diagonale si sinistro, difficile dare responsabilità a Cragno: 2-0. Mazzarri, 10’ dalla fine, richiama Dalbert per Keita Baldè. La Juve chiude con il 67 per cento di possesso palla. Adesso, pausa. Si riparte per la Befana, a Marassi con la Samp.

UNA POSSIBILE STRATEGIA. Piccolo passo indietro, utile per riannodare i fili sulla costruzione e la gestione della società. Intanto, un altro super flop. Poi, parliamone. Stefano Capozucca si presenta in sala stampa dopo l’umiliante poker dell’Udinese. Errore numero 1: blinda Mazzarri. Il tempo per riflettere sarebbe stato più utile. Numero 2: apre la caccia all’untore puntando il dito sugli indegni. Saranno due, Godin e Caceres. Il primo – in fase calante e responsabile di prove insufficienti quanto si vuole – pur sempre un’icona dell’Uruguay. Ma la questione centrata meglio. C’è davvero qualcuno sano di mente che pensa possa aver deciso in totale autonomia? La conferma del tecnico che, per beneficio di inventario può anche avercela messa tutta, ma non ha vinto una gara, viene decisa a Milano.

Infortuni, Covid, cali di forma e tutto il resto: ma gli alibi stanno a zero se non si nota un’idea di gioco, un tiro in porta e la squadra va troppo spesso per conto proprio. Parevano giungere segnali positivi dai quattro pareggi di fila: anche se con la Salernitana (che il 31 dicembre rischia di sparire dal calcio professionistico) la vittoria andava persa a unghiate e morsi. Però, per approccio e carica, solo con Verona e Toro si è visto un barlume di gruppo che ci prova. Poco, troppo poco. In tanti scrivete che la rosa è quella, difficile cavarne qualcosa di più. Vero.

Ma la salvezza, un diciassettesimo posto sporco e maledetto questo Cagliari può comunque provare a rincorrerlo. Ecco, perché è facile che anche dietro l’uscita del direttore sportivo possa essrci una strategia ideata dall’Uomo che sa tutto: vai in tv, difendi Mazzarri, indica capri espiatori (che volevano già cacciare a giugno per gli ingaggi alti e perché si sono rivelati inadeguati: e uno si chiede chi li abbia portati al Cagliari con ingaggi da star del cinema, trombette, hostess, ricchi premi e cotillons!). Poi, si gioca con la Juve, che si prende i 3 punti. Il finale? Un possibile esonero del tecnico (eh, ormai la squadra non lo segue!). Magari, in compagnia di Capozucca.

Morale? Si ripassa dal via e si cerca di spendere il meno possibile. Con un fischio a Semplici (nonostante l’abbia tenuto in freezer e sia andato a cercare altri tecnici, Juric), ancora sotto contratto, dopo il miracolo salvezza e ancora a libro paga. O magari facciamo un fischio a uno tra Lopez (una strizzata d’occhio alla tifoseria che contesta duramente il patron, non guasta mai!) e Zenga: che, nonostante abbia fatto il suo, è stato cacciato ma verrebbe a nuoto. Ci sarebbe anche un terzo nome: Agostini. Con la Primavera sta facendo bene, è anche lui nel cuore di una parte dei tifosi. Poi, la perdi con un innegabile, anche se piccolo, passo avanti. Con la proprietà che potrebbe decidere di prendere tempo. Si vedrà a breve.

MERCATO FEBBRICITANTE . A gennaio partono Nandez e, forse, il Verona, anticipa parte dei denari legati a Simeone e con questo tesoretto si prova a convincere quattro, cinque calciatori pronti, d’esperienza e sani che possano dare una mano a rincorrere la permanenza in Serie A. Ultima dettaglio: a gennaio, con gli epurati Godin e Caceres, potrebbero cambiare aria anche Strottman, Dalbert e Keita Baldè: come dire, la campagna acquisti del padre padrone è stata davvero perfetta, complimenti! Eppure, prosegue nel sostenere che l’organico attuale sia più forte di quello dello scorso campionato che annoverava, tra gli altri, Duncan, Rugani, Sottil, Nainggolan, Ounas e Simeone. Certo, il calcio è affascinante anche perché la si può pensare diversamente. Ma il campo, alla lunga, è giudice supremo. E con 10 punti in diciannove partite sarebbe gradito un atto di umiltà.

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