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IL DRIBBLING DI… Mario Frongia. Cagliari: la salvezza arriva prima di giocare col Milan

Il pari pomeridiano del Benevento con il Crotone sigla il baratro scampato. A San Siro un 0-0 a testa alta e con due palle gol

Temperamento, anche con la pancia piena. Il Cagliari rimane in Serie A fin da ieri  pomeriggio. Eppure, contro il Milan a caccia dei 3 punti per andare in Champions (un passaggio con un controvalore sui cinquanta milione di euro), Nandez e compagni la giocano a viso aperto. E se tra i migliori in campo c’è Donnarumma (prodigioso su Pavoletti e Godin) gli applausi per la formazione di Semplici sono meritati. Che poi i rossoneri la chiudano con il 63 per cento di possesso palla, poco importa. Semplici la imposta con accortezza. Tutti dietro la palla, JP10 e Pavoletti inclusi. Paiono non al top Nainggolan, Marin e Ceppitelli: capita. Ma la diga regge, lascia poco spazio alle linee di passaggio e al tiro. Un filtro puntuale e non solo. I rossoblù sanno ripartire, mettendo paura a Rebic e soci. Il faccia a faccia tecnicamente più interessante? Tra Nandez e Theo Hernandez. Bene Godin, Deiola (nelle due fasi) e Pavoletti. Cragno? Una parata delle sue su Saelemaekers. Il Milan? Poco fluido e lezioso.

SPAZI LIMITATI. Nella ripresa il Milan parte con intensità. Ma è il Cagliari a impensierire i padroni di casa. Donnarumma, Kjear e Calabria reggono le incursioni rossoblù. Cragno  para su Calhanoglu. Ma è pressoché inoperoso. Leao e Kessie sono imprecisi. Deiola e Nandez crescono ancora. Gli spazi sono ristretti, neanche con Castillejo i rossoneri impensieriscono il portiere di Fiesole. Il Milan tiene il pallino ma è lento e non punge. Negli ultimi dieci minuti il pressing è asfissiante. Il Cagliari tiene duro. Match non eccelle per qualità. In chiusura riappare anche Klavan. L’arbitro Massa fischia tre volte. Si chiude sullo 0-0. Sale a sette la striscia delle partite consecutive con il segno più. Ma adesso, su i calici. La salvezza è una storia strepitosa.

LA RIMONTA PERFETTA. Un colpo di reni che ha premiato i tifosi, il tecnico e il direttore sportivo. Le dinamiche del gruppo si sono messe nella direzione giusta. Il vento, e la testa, è cambiato. Basti dire che alla ventitreesima giornata Leonardo Semplici ha preso il Cagliari che aveva dieci punti in meno del Benevento. Oggi chiude a 37 con 5 punti in più. Stefano Capozucca ha collaborato al resto. Incluse le nuove regole d’ingaggio come quelle che hanno visto diminuire le ingerenze societarie su scelte tecniche e dintorni. Adesso, la tifoseria può gioire ed esultare per lo scampato pericolo: la B sarebbe stata una mazzata ingiusta per la regione e i centosettantamila emigrati. E anche una buona parte del gruppo Cagliari avrebbe pagato un prezzo troppo alto. Adesso, brindato e ri-brindato, qualche ragionamento si può fare anche senza attendere l’ultima di domenica prossima con il Genoa.

SOPRA LA PANCA… Intanto, il nodo allenatore. Non si sa bene perché e per come ma pare che negli ultimi tempi il feeling del patron (che sul tema anche in tv ha glissato) con il tecnico toscano non sia più quello delle giornate migliori. Sarà. Ma si dovrebbe partire con una guida solida, esperta, poco propensa a subire indicazioni e strizzate d’occhio su chi mettere in campo. Sulla questione potrebbe dare una mano il ds. Si vedrà appena le clausole di rinnovo per entrambi andranno al posto giusto. Ma lo spavento patito in questi ultimi mesi dovrebbe portare consiglio a chi vuol mettere becco su tutto, dal rinnovo di Nainggolan fino alla carta da comprare per la fotocopiatrice.

Semplici e il suo staff (i collaboratori in cui crede, visti i flop a catena anche nell’imporre parte del team tecnico agli allenatori) meritano la riconferma. La salvezza a 90’ dalla fine del torneo, per un Cagliari che ne aveva perse diciotto ed è stato terzultimo per diverse giornate, vale oro. Ed è stata conquistata a suon di punti, coraggio, sacrifici, concentrazione. Sarebbe bello, anziché postare tweet zuccherosi che spediscono dal dentista, una riconferma puntuale e pubblica. Meglio se rapida e veritiera. Ovvero, l’opposto del prolungamento del contratto, chissà se è mai stato depositato, annunciato con Di Francesco.  

NANDEZ IN PARTENZA. La conferenza stampa dello scorso agosto a Palazzo Doglio per la presentazione presidenziale di Eusebio Di Francesco e Pierluigi Carta, la ricordiamo bene. C’ero. “Organico da prime dieci”, “parte sinistra della classifica”, “almeno un punto in più dei 47 con l’undicesimo posto senza neanche l’onestà per citare l’autore: Massimo Rastelli. Quel piazzamento, preso da una neopromossa con un tecnico debuttante, e uno spogliatoio minato, è bello tosto. E rimane da battere. Adesso, sfumata fanfara e fuochi d’artificio per il centenario e il mezzo secondo dallo scudetto – la pandemia ha avuto un suo ruolo, così come per tutte le venti della A – c’è da tarare il tutto.

Quasi scontato che alcuni big, in cima alla lista Nandez, ma anche Cragno – se non vengono proposti a cifre folli, anche Pavoletti, Joao Pedro, Simeone – possano salutare. Per non parlare dei prestiti Duncan, Calabresi e Asamoah. Chissà cosa accadrà a Rugani, Ceppitelli, Lykogiannis, Cerri e Walukiewicz. Ci saranno Vicario, Zappa, Tripaldelli, Carboni e Godin, il contratto è da fiaba. Dovrebbero esserci Marin, Pereiro, Deiola e Nainggolan: ma sul Ninja è problematico fare ipotesi. Vedremo.   

NOTARELLE

Interviste&buona fede. Il vostro prodigarvi nel suggerirmi /meglio senza insulti, chi lo fa non migliora di certo) come fare il mio mestiere lo ritengo motivo d’orgoglio. Ho intervistato più e più volte tutti i presidenti del Cagliari dal 1989 a oggi. So come e quando si deve fare. L’ultimo non tollera domande scomode, accostamenti e indizi. Pensa che tutti debbano stare in ginocchio e scrivere sotto dettatura. Ha appeso male le chiavi. E proprio per questo vi dico che da sempre gioco a carte scoperte con l’unico interesse possibile per un cronista: raccontare con elementi verificati, nuovi e plausibili al lettore-tifoso del Cagliari.

Ciò include deduzioni, notizie in embrione, fatti e riferimenti che non permettono precisione e dettagli, anche perché rivelerebbero l’identità delle fonti. Posso sbagliare, come tutti. Ma sono in buona fede. Il tempo, come è accaduto quest’anno, è e sarà galantuomo. Di certo, sbaglia, e di molto, chi pensa a strategie costruite per avere audience. Spero che i miei pezzi non siano una banale e sottomessa replica dei desiderata societari. Ma il Cagliari è la squadra della mia città, ci sono nato: sarebbe folle pensare che un sardo possa remare contro.

Clacson&terrore. Le mie analisi sono da sempre legate al risultato ma non solo. Per dire, è normale che nove lettori su dieci fino alla defenestrazione di Di Francesco e lo sprofondo rosso con figuracce in casa e fuori, volessero decapitare società, allenatore e staff. Per poi, dal 4-3 al Parma nel recupero – sotto 3-1 a due minuti dalla fine! – cambiare parere. Per definizione, il tifoso può vestirsi di rossoblù e girare in città per strombazzare di gioia quando la propria squadra vince. Imbestialirsi e imprecare nel sentire il terrore della retrocessione fino al midollo, se perde. Un giornalista che si vuole guardare allo specchio, non può. Equilibrio e terzietà, dunque. Poi, in privato ciascuno la pensi come crede. Dunque, fidatevi.

Bilancio&sardità. La stagione è stata un flop rispetto a promesse e annunci un tanto al chilo. Il frutto di una gestione con lacune, incompetenze, velleità e presunzione prima, durante e dopo. Talune scelte sono legate a doppia mandata a valutazioni economiche: fare profitti è legittimo per qualsiasi imprenditore. Spargere coriandoli e fumogeni per coccolare la tifoseria vantando sardità e amore per la nostra terra – chissà cosa ne pensano a Uta e Assemini, dalle parti dell’azienda dell’Uomo solo al comando – è percorso delicato. Ho lavorato con tre proprietà diverse, quest’ultima è stata quella meno affidabile, abile nel mettere ostacoli a una comunicazione indipendente, poco trasparente.

E sbaglia chi pensa che chi mette i soldi può fare e disfare: quei denari, devo ripetermi, arrivano da tv, Regione, sponsor, da un patrimonio immateriale che lega tutti i sardi. E anche dai supporter tra biglietti, abbonamenti, merchandising, dalla vendita di Barella intesa come modello cui tendere. Business, dunque. Quelli messi di tasca? Il bilancio lo può fare chiunque. Fosse il mio pensiero, chi se ne frega. Ma i risultati fallimentari, piaccia o meno, sono lì, scolpiti sulla roccia. Ho sempre messo al primo posto la difesa a sangue della categoria: perdere la A sarebbe stata una sconfitta che i sardi veri non meritano mai. Chi mi conosce, sa da tempi non sospetti che oggi ho vinto una birra nel dire che il Benevento sarebbe tornato all’inferno, anche senza il 3-1 colto dal Cagliari al Vigorito. Cin cin e buone cose a tutti.

 

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