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IL DRIBBLING DI…MARIO FRONGIA – Cagliari, tra pane, pallone e banconote

I tifosi, una parte, si seccano a sentir parlare del passato. Posizione legittima. Ma avere memoria è indice di evoluzione della specie, negarla può regalare sorprese

Un lettore segnala l’operazione Cerri: pagato grosso modo dieci milioni di euro. Un altro ricorda i quattro (?) milioni spesi all’estero per Ceter. Altri rimarcano i trionfali annunci legati agli arrivi di Han e Despodov. Giovani, promettenti, affamati di pallone. Quindi, di Italia e di Serie A. I tempi per maturare sono dovuti, ma in rossoblù dei quattro si sono più o meno perse le tracce. A spulciare neanche tanto indietro nella cronaca ci si imbatte nell’acquisto di Pereiro. Sulle pedine provenienti da mercati stranieri, come segnalato da media e osservatori terzi e accreditati, si ha la sensazione che si tratti di operazioni tese anche ad agevolare scarichi e passaggi fiscali, utili per creare plusvalenze. Eppure, si narra, ma dev’essere una bufala, che alcuni club si attrezzino anche con pool ad hoc per affrontare con il massimo guadagno questi passaggi da miniera d’oro. Un gioco pericoloso? Sì. Il Chievo ha avuto una penalizzazione di 3 punti ed è finito in B per 23 milioni di euro legati ad affari con il Cesena. Ma si diceva dell’uruguaiano ex Psv. Pereiro viene dato a Maran – vituperato da tanti ma è quello che un anno fa faceva brindare tutta la tifoseria, nessuno escluso, con la società che chiedeva una revisione del contratto a Macron perché l’Europa era ormai cosa fatta. Sigh! – che a gennaio aveva un disperato bisogno di un centrale. Marcello Carli l’ha detto in conferenza stampa: “A Torino con la Juve debutta Walukiewicz. Dietro siamo contati, per il Brescia arriva un difensore”. Forse, dopo il nodo Liverani, il primo pezzetto del ticket dell’addio a fine campionato del direttore sportivo: il quarto in tre stagioni dopo Marroccu, Capozucca e Rossi.

Rosa sbalestrata. Quel Cagliari – orfano di Ceppitelli, con Klavan e Cacciatore affaticati, Faragò a mezzo servizio, Pisacane e Pellegrini out e una panchina che a protezione di Olsen contava su Mattiello, reduce da infortunio, Lykogiannis e Carboni, più Pinna, a gennaio, spedito a Empoli. Insomma, alla Stadium finisce 4-0 per una Juve per nulla trascendente. Cristiano Ronaldo firma la prima tripletta in Italia delle cinquanta in carriera (l’1-0 grazie a un passaggio sbagliato di Klavan su un sorpreso Walukiewicz), Higuain la chiude. Quel Cagliari, con Nainggolan tra i migliori in campo (a proposito, la società ha detto che per gennaio “è meglio non fare voli pindarici!”: ognuno è libero di tradurre come meglio crede), è poco fortunato e frastornato. Nota a margine: mai confermata né smentita la questione Premio Europa: alla venticinquesima giornata il Cagliari è a 4 punti dal Milan, settimo. I senatori avrebbero chiesto un incontro per parlare di incentivi. Pare sia andato a monte.

Consensi, potere, business. Pane e denaro, dunque. Cosa che non deve stupire. Il calcio è macchina che regala notorietà a illustri, e spesso opachi se non peggio, sconosciuti e arrampicatori. Spesso, a peggiorar le cose, circondati da una pattuglia di yesmen che neanche dodicenni all’oratorio sorpresi dal parroco a mentire. Accade e, purtroppo, accadrà ancora. Ma come è successo in altre leghe, dalla Premier alla Ligue1, tifosi e sistema sperano sempre più nei dollari dei paperoni cinesi, dei magnati del petrolio e dei gas, arabi o russi poco importa. Oppure, come con Comisso a Firenze, nell’emigrato che ha fatto fortuna all’estero. Anche perché carta d’identità e crisi economica non aiutano i danarosi locali, forti di amore per i Quattro mori. Mori che la benda, e vale anche per i sostenitori più sfegatati, la benda la portano sulla fronte e non negli occhi. Parafrasando Humprey Bogart, “È la magia del gioco più bello del mondo con ritorni preziosi, specie se stai per saltare per aria. Bellezza!”

Numeri da brivido. Un articolato servizio di Repubblica ha messo le cifre in fila. Premessa d’obbligo: nella comunicazione e nella quotidianità, su qualsiasi tema, il bicchiere a metà può essere visto mezzo vuoto o mezzo pieno. Chi sceglie la prima ipotesi, sa di dover lavorare e migliorare saperi e competenze senza nascondersi nulla. Nel secondo caso, c’è il rischio che ci si crogioli e ci si accontenti di un risultato parziale. Come già segnalato il monte stipendi delle venti belle del reame italico ha continuato a crescere anche durante il lockdown. Male. Mentre sono crollati incassi e merchandising (per importi che oscillano tra il 10 e il 30 per cento dei bilanci). La fetta, meglio la torta, mancante, riguarda i diritti tv, sospesi e non aggiornati. Con in più un calo – di circa un terzo dell’audience tv. Ovvero, meno spettatori sul divano, meno appeal per gli inserzionisti pubblicitari. Il pubblico televisivo che scema indica un trend pericoloso. Anche per questo i patron sono in fibrillazione. In attesa della rata di denari inerente lo scorso torneo, la Serie A deve capire quale sarà il futuro. Con le emittenti che virano al ribasso, i Fondi che hanno fatto una proposta. Si vedrà. I dettagli? Entro il primo dicembre la Serie A deve pagare trecento milioni di stipendi: quindici delle venti squadre non li hanno e tre devono ancora saldare i conti con tecnici e giocatori del 2019/20. E se – con la pandemia che non dà tregua – si prosegue a porte chiuse il mancato introito sarebbe di circa 350 milioni. Ma il vero dramma è la questione diritti tv, miniera d’oro per il carrozzone dei divertimenti. L’anno scorso – precisa Repubblica – il sistema ha avuto 1,3 miliardi di euro di diritti. Ma con 2,5 milioni di spettatori persi – Sky, Dazn e Img devono ancora versare l’ultima rata da 230 milioni di euro: il Tar ha dato ragione ai club ma la questione è congelata – la faccenda si complica anche perché gli sponsor mettevano sul tavolo circa 600 milioni di euro. E siamo daccapo. Con un ulteriore campanello d’allarme legato ai proventi dalle operazioni di mercato: nel 2018/19, ultimo dato disponibile, hanno garantito alle società 713 milioni di euro. Si tratta del “22 per cento del totale, più del doppio dei denari incassati per biglietti e abbonamenti” sottolinea il quotidiano diretto da Maurizio Molinari. Ovviamente, guai a fare di tutte le erbe un fascio. Ci sono operazioni sane e altre “più acrobatiche, frutto di doping contabile e utili per il fairplay finanziario”. Alla prossima.

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