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ESCLUSIVA – Darío Silva: “Cagliari, che ricordi… Senza peli sulla lingua su Ventura”

Un beniamino del popolo rossoblù, che ancora gli tributa grande affetto: Darío Silva si è ritirato dal calcio giocato nel 2006 e vive in Spagna, dove ha riacciuffato un’esistenza resa molto dura da vicissitudini fisiche e finanziarie. L’ex attaccante del Cagliari, in Sardegna dal 1995 al 1998, ha ripercorso per calciocasteddu.it la sua avventura rossoblù

Darío Debray Silva Pereira, noto semplicemente come Darío Silva, è nato a Treinta y Tres (Uruguay) il 2 novembre 1972. Attaccante sgusciante e opportunista, arrivò al Cagliari nell’estate 1995, quella della favola mancata Trapattoni. 89 presenze, 20 reti, una promozione in A, un simpatico nomignolo e tanti ricordi: questo è ciò che gli ha lasciato la Sardegna. In Spagna dal 1998 al 2005, poi un’ultima annata inglese nel Portsmouth prima del ritiro causato da un drammatico incidente d’auto che gli ha cambiato la vita: Darío ha dovuto subire l’amputazione della gamba destra, ma non si è perso d’animo. Ritornando pure a giocare a calcio con una protesi, poi reinventandosi cameriere a Malaga (dove ha giocato dal 1999 al 2003) dopo complicazioni finanziarie. Vive e lavora tuttora nella città andalusa.

Darío, ci racconti come avvenne l’arrivo in Italia?

Ero nel giro della Nazionale uruguaiana prima della Copa América 1995, ma infine non fui incluso tra i convocati. C’erano giocatori troppo forti e migliori di me in attacco: Fonseca, Aguilera, Francescoli, Rubén Sosa… Poco dopo arrivò l’interessamento del club rossoblù. A Cagliari c’era storicamente una grande tradizione con i giocatori del mio Paese, che hanno lasciato le loro buone tracce. Ero felice del mio arrivo a Cagliari, ho trovato subito ottimi giocatori e un grande allenatore come Giovanni Trapattoni. Si può dire che ho imparato la maggior parte delle mie nozioni calcistiche grazie a lui. Mi ha fatto capire cosa significa giocare nel calcio italiano, una cosa molto diversa da nazione a nazione. Voleva che tirassi fuori il mio meglio. Ero giovane e dovevo applicarmi. All’inizio le cose sono andate abbastanza bene”.

Con Trapattoni alla fine non andò come previsto: la squadra cambiò allenatore.

Devo dire la verità. Con Bruno Giorgi non mi sono trovato benissimo. Non ricevevo molti palloni giocabili. In Uruguay ero abituato a giocare di punta, mi dedicavo a quello per il bene della squadra. Invece con Mister Giorgi lavoravo maggiormente per i compagni, macinavo molti chilometri, lontano dall’area. Le cose non andavano bene e ciò non mi ha reso contento, diciamo così”.

Durante il tuo periodo a Cagliari, a parte la tua generosità sul campo, è rimasto nell’immaginario dei tifosi un particolare soprannome.

Sa Pibinca‘ ? Ti dico la verità: mi ha fatto talmente piacere che, in Sardegna, preferisco venire chiamato così piuttosto che con il mio nome di battesimo. Me lo misero i miei amici comici de ‘La Pola’. Suscitavo anche maggiore simpatia nella gente, tra i tifosi. Iniziai pure a parlare un po’ il sardo! Con Massimiliano Medda (uno dei componenti del citato gruppo comico, ndr) ci siamo incontrati l’anno scorso quando sono venuto a Cagliari, per una grande cena. Quando torno in città, l’aspetto umano è fondamentale. Rivedere i miei amici di allora, mangiare insieme, raccontarci tante cose… ci tengo molto. Ringrazio ancora oggi per quell’opportunità”.

Arriviamo alla stagione 1996-97. Nuovo avvicendamento in panchina – a cui ne sarebbe seguito un altro – per un campionato che si sarebbe rivelato molto difficile.

Fisicamente quell’anno stavo molto meglio, rispetto al campionato precedente. Durante la gestione di Gregorio Pérez non è stato dato il tempo necessario all’allenatore di lavorare, anche perché ci sono stati giocatori che hanno fatto fuori il tecnico… Insieme a Mazzone, sebbene con lui poi siamo finiti in B, mi sono trovato molto bene: anche lui mi ha insegnato tanto. Sono arrivati tanti nuovi giocatori in quella stagione, non tutti giusti per conquistare il piazzamento che la società desiderava raggiungere. Abbiamo cercato per tutta la stagione di risalire la classifica, senza purtroppo riuscirci. Al termine del campionato siamo arrivati scarichi fisicamente. Nello spareggio di Napoli contro il Piacenza, ho avuto qualche possibilità di andare al tiro ma il portiere avversario Taibi fu molto bravo. Arrivammo a quella partita decisiva molto stanchi, soprattutto psicologicamente, per la lunga rincorsa che avevamo fatto per cercare di salvarci. La retrocessione fu un grande dispiacere”.

A quel punto, saresti potuto andare via. Ma non l’hai fatto.

Dopo la retrocessione, come è normale che avvenga, quasi tutti cercano di andare via per non scendere di categoria. Ma anche un fuoriclasse come Batistuta aveva giocato in B con la Fiorentina, perché non lo avrei dovuto fare anche io? Allora mi sono rimboccato le maniche e ho dato il massimo affinché la squadra ritornasse subito in Serie A. Ci siamo riusciti. Poi sono andato via, trasferendomi all’Espanyol”.

Hai parlato di Trapattoni, Giorgi, Pérez e Mazzone. Ma non sono stati gli unici personaggi con cui hai lavorato a Cagliari.

Il presidente Cellino? Con lui all’inizio c’è sempre stato un buon rapporto. Poi in Serie B sono cambiate le cose. Ventura ci ha portato in A, verissimo. Ho fatto io stesso cose buone sul campo: un bravo allenatore ma… senza peli sulla lingua dico che… mi fa schifo come persona. Perché non si è comportato bene, certe cose non si fanno, proprio brutte… In B avevamo la rosa giusta e siamo riusciti a riconquistare subito la massima serie”.

L’aspetto umano per te è sempre stato e resta fondamentale.

Mi sono sempre fatto voler bene nelle squadre in cui ho giocato. Ho sempre difeso i miei compagni e ho cercato di essere vicino dal punto di vista umano, nei limiti del possibile, in qualsiasi squadra. Ho legato maggiormente con Roberto Muzzi, Marco Sanna e Luís Oliveira, con cui ci frequentavamo anche lontano dal campo perché abitavamo vicini e avevamo un modo comune di intendere la vita”.

Segui ancora le vicende del Cagliari?

Sì, anche grazie ai tanti amici di Cagliari che mi tengono costantemente aggiornato su tutto (ride di gusto, ndr). Le cose stavano andando bene, c’era la speranza di andare in Europa… peccato. Ora, con l’arrivo di Walter Zenga, speriamo che il cammino riprenda nel migliore dei modi. Ho giocato contro di lui quando giocava al Padova e credo pure di avergli pure fatto gol! Un grande portiere, impressionante. Speriamo che porti ai rossoblù quella spinta necessaria per risollevarsi”.

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