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ESCLUSIVA – Vega: “Porterò per sempre nel cuore la gente di Cagliari”

Una meteora nell’universo rossoblù. Solamente pochi mesi in Sardegna, ma sufficienti affinché città e cagliaritani entrassero nel suo cuore per sempre: intervista in esclusiva a Ramón Vega

Ramón Vega, nato a Olten (Svizzera) nel 1971 da padre spagnolo e madre elvetica, è stato uno dei migliori difensori svizzeri negli anni ’90. Centrale di buone qualità fisiche e aeree, ha disputato con i rossocrociati l’Europeo ’96 prima di passare dal Grasshopper al Cagliari. 14 presenze in rossoblù, poi la cessione al Tottenham e il prosieguo della carriera, conclusa nel 2003.

Come stai trascorrendo questo periodo difficile, a causa dell’emergenza Coronavirus?

Fino a due settimane fa mi trovavo a Londra. Poi le notizie che arrivavano sulla questione, anche dall’Italia e dalla Spagna, mi hanno spinto a lasciare l’Inghilterra. Si è partiti in ritardo per contrastare il problema: così sono andato in Ungheria, a Budapest, dalla mia famiglia. Qui è tutto più controllato e tranquillo. Attendiamo con pazienza che la situazione migliori, come tutti in questo momento“.

Come avvenne l’arrivo a Cagliari nell’estate 1996?

Ero impegnato in Inghilterra con la Nazionale svizzera, per disputare l’Europeo. Il presidente del Cagliari Massimo Cellino mi raggiunse e mi prospettò questa possibilità, che tra tutte quelle a disposizione fu quella che mi convinse maggiormente. Ero seguito da altri club italiani e inglesi, l’impatto umano fu fondamentale“.

Stavi per confrontarti con un altro tipo di calcio, rispetto a quello elvetico.

Sì, io arrivavo dal Grasshopper. In quegli anni la Svizzera stava vivendo finalmente un buon momento a livello internazionale, avevamo degli ottimi elementi. Però, la prospettiva di misurarmi in quello che era ritenuto il campionato più bello d’Europa, era come realizzare un sogno. Oltre che un onore, per poter sfruttare quell’opportunità. Gli attaccanti che avrei potuto affrontare erano di livello mondiale: la chance di Cagliari mi rese felicissimo“.

Come fu l’impatto con la nuova città?

Non ero mai stato in Sardegna. Appena arrivato all’aeroporto, trovai subito dei tifosi ad attendermi. Una cosa molto bella: mi sentii immediatamente a casa. Un bel feeling con le persone e la città, da subito. Desidero ricordare il grande cuore della gente cagliaritana, mi ha accolto in modo fantastico e questo è un ricordo che porterò sempre nel cuore“.

Iniziasti la stagione 1996-97 con Gregorio Pérez come allenatore.

Fu semplice capirci, visto che anche io parlo spagnolo. Il ritiro precampionato in Trentino fu lunghissimo! Ma si respirava una bella atmosfera. Ricordo con piacere i compagni, gli uruguaiani che tutte le mattine arrivavano con il mate… Una bella esperienza, tutto nuovo per me. Sul campo mi trovai subito a mio agio, la qualità dei compagni mi ha senza dubbio agevolato. Giocavo al centro della difesa accanto a Matteo Villa, altra grande persona. Con lui, Bressan, Bisoli, Pancaro, Tinkler, Bettarini e altri mangiavamo spesso insieme. Muzzi mi faceva sempre gli scherzi, Darío Silva un simpaticone! Mi sono trovato subito bene a Cagliari, ci siamo divertiti molto“.

Poi, dopo appena 14 partite giocate e appena sei mesi, andasti via.

Al presidente Cellino arrivarono diverse offerte per me, sempre da Serie A e Premier League. Molto allettanti dal punto di vista economico. Una situazione che non avevo mai vissuto: dall’età di 16 anni avevo solo militato nel Grasshopper, trovavo strano dover lasciare la mia squadra a stagione in corso. Dovetti salutare Cagliari nonostante avessi firmato un contratto triennale pochi mesi prima. Cellino, rivendendomi, fece quello che chiamerei un ‘big deal‘, un ottimo affare con condizioni troppo vantaggiose per essere ignorate!“.

Insomma, un’avventura breve ma intensa.

Mi è dispiaciuto molto andare via così presto. Avevo impiegato un paio di mesi ad ambientarmi, a farmi nuovi amici, stavo molto bene. Ho avuto modo di conoscere Cagliari, l’ottima cucina… Mi ricordo l’aragosta (ride, ndr)! Una volta a Londra non ho più avuto modo di provare lo stesso gusto per la cucina, in Inghilterra è tutto differente“.

Come è stato il tuo rapporto con gli allenatori di quella stagione, Pérez e Mazzone?

Pérez era un bravo allenatore, è stato sfortunato con i risultati e forse il presidente lo ha mandato via troppo in fretta. Mazzone? Un padre con i giocatori. Mi ricordo ancora con divertimento quando un giorno, all’intervallo di una partita che stavamo perdendo a Vicenza, mi urlò davanti a tutti: ‘O a Vega! Te sei napoletano, non sei svizzero. E sai perché? C…o stai avanti, sei un difensore! Stai dietro!‘. Ci stimolava a migliorare, usando spesso il suo accento romano. Un grande, un mito, parlo ancora oggi di lui. Nel calcio non ci sono più tecnici con la sua stessa passione e il suo carattere. Mi ha fatto ridere tanto“.

Sei mai ritornato in Sardegna?

Sì, come turista, apprezzando località fantastiche come Villasimius e un noto resort a Santa Margherita di Pula. Nel frattempo, dovunque andassi, ho sempre fatto ottima pubblicità a quest’Isola meravigliosa. Impossibile dire qualcosa di negativo sulla Sardegna e i sardi. La gente mi ha voluto bene, rispettato, fatto sentire come a casa. E tutto questo in pochissimo tempo. Ho saputo che quest’anno ricorre il centenario della società: sarei onorato di partecipare“.

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