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I fatti di Potenza: non si può morire di calcio

Un altro sconvolgente episodio di violenza che ha portato alla morte un ragazzo, investito dall’auto guidata da tifosi della squadra avversaria

Uno sconvolgente bollettino di guerra, l’ennesimo episodio di follia e violenza che macchia di sangue il nostro calcio e le nostre domeniche. Stavolta è Fabio a non tornare più a casa, vittima di una rissa tra bande ultrà del potentino finita in tragedia a Vaglio di Basilicata, in un’area di servizio della statale Basentana, tra sostenitori del Melfi e della Vultur Rionero, squadre del locale campionato di Eccellenza che sarebbero dovute scendere in campo rispettivamente a Tolve e Brienza, protagoniste da anni all’insegna di una accesa rivalità.

Fabio Tucciariello, operaio Fiat di 39 anni è stato investito da una Punto con a bordo sostenitori del Melfi ed è morto sul colpo, mentre altri tre tifosi della Vultur sono rimasti feriti. Uno è particolarmente grave per un politrauma a braccia e gambe ed è ricoverato al San Carlo di Potenza dove è stato sottoposto con urgenza a intervento chirurgico. Pare che l’incontro non fosse casuale, probabilmente un appuntamento, l’ennesima resa dei conti tra due fazioni che nel corso degli ultimi due anni tra risse e baruffe si sono viste recapitare 24 Daspo. Le Forze dell’Ordine sono intervenute immediatamente e hanno fermato i protagonisti, sottoposti ad interrogatorio. Il quadro che ne scaturisce è desolante, si lavora sulla pista dell’azione premeditata dato che sul posto sono stati trovati e sequestrati spranghe e tirapugni. Sono state arrestate 25 persone tra cui un trentenne di Melfi, l’uomo che sarebbe stato alla guida della Punto.

E’ stato convocato con urgenza il Comitato Provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica. Lo diciamo con immensa tristezza: nulla di nuovo, nulla di inatteso. Nulla che abbia a che vedere con il calcio e lo sport, ormai pretesti per la violenza gratuita, per delinquere nel nome di presunti ideali o di una pseudo fede calcistica, per compiere misfatti negli stadi ma anche, come in questo caso, ben lontani da uno stadio e a distanza di ore dalla partita. Tutti siamo tifosi di qualcosa o di qualcuno, ma troppo spesso la passione porta alla morte, alla violenza nei confronti del prossimo con il pretesto di quello che dovrebbe essere una festa e uno svago, diventa fonte di dolore incommensurabile per una madre o per una famiglia. Non si può e non si deve morire per andare a vedere la squadra del cuore.

di Antonello Ferroni

Fonte foto: Ufficio stampa Basilicata

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