Come riporta La Gazzetta dello Sport, l’interrogativo principale del post Cagliari-Juve è il mancato utilizzo della Var in occasione del fallo di mano di Bernardeschi. Soltanto un consulto audio con l’assistente video Banti e intervento giudicato non punibile dall’arbitro. Una situazione difficilmente spiegabile poichè gli estremi per avvalersi dell’ausilio tecnologico c’erano tutti. La rosea prova quindi a spiegare le decisioni prese nei due episodi più controversi.
Sul cross di Padoin, Bernardeschi salta in area con le braccia larghe. Il tocco con la mano è netto e la distanza tra i giocatori è tale che la deviazione con la mano è assolutamente punibile con il penalty. Segue il consulto con il Var Banti che deve stabilire se il fallo è avvenuto in area per poi chiedere a Calvarese se ha visto chiaramente l’azione incriminata. Secondo il protocollo Ifab la Var non è obbligatoria nei casi di interpretazione soggettiva dell’arbitro sulla scelta tra tocco volontario o involontario. Per obbligare l’arbitro alla video assistenza deve esserci un “chiaro errore”, cosa che vale per una parata o per uno schiaffo al pallone, non per un tocco.
Calvarese sbaglia anche a non sanzionare Benatia in occasione dell’azione che porta al gol di Bernardeschi. Il difensore salta col braccio largo e colpisce l’attaccante rossoblù. La palla però rimane al Cagliari che la gioca in attacco per poi perderla. Da qui parte una nuova azione e questa non può essere oggetto di Var, con la Juve legittimata a giocare il pallone in virtù del fatto che deve essere l’arbitro a fermare il gioco per possibile grave infortunio o colpo alla testa.