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Del Fabro: “Juventus? Mi ha lasciato a bocca aperta. E quella volta con Klose…”

Sardo di Alghero, come il papà. Polacco di madre. Professione: difensore centrale, cresciuto nelle giovanili del Cagliari, con cui ha poi esordito in A con sei presenze tra il 2012 e il 2014. Poi Pescara, Leeds, Ascoli e Pisa. Fino allo scambio con Romagna, passato in rossoblù quest’estate, che lo porta direttamente alla Juventus campione d’Italia e vice-campione d’Europa. Una settimana a Vinovo, poi Dario Del Fabro, che oggi si racconta a Tuttosport, va in prestito in B, a Novara.

Sono stati giorni indimenticabili quelli trascorsi al centro sportivo bianconero. Me li sono goduti. La Juve era negli Stati Uniti, ma vivere Vinovo mi è bastato per restare a bocca aperta. Mi sono sentito come un ragazzino che mette piede per la prima volta nello stadio dei sogni. In ogni angolo percepisci la mentalità vincente. Ovunque ci sono frasi motivazionali. Una, per esempio: ‘La chiamiamo fortuna, però è costanza. La chiamiamo casualità, però è volontà. La chiamiamo genetica, però è sacrificio. Mi ha dato la scossa quando l’ho letta e mi ha fatto capire la società in cui ero approdato“.

La motivazione, un punto fisso.

Leggo un sacco di libri di coaching e leadership. Come in campo lavoro a livello fisico, leggendo alleno determinazione e forza di volontà“.

Come sta andando a Novara?

Ho giocato in 7 partite su 16, sto trovando continuità. Recentemente mi ha fermato solo l’infortunio al naso. Sabato contro l’Empoli rientrerò con una mascherina protettiva“.

Un difensore che fa dell’anticipo la sua mossa vincente.

Bisogna stare attenti alla linea difensiva, poi al movimento della palla e all’avversario, come si muove il pallone scatti e cerchi di anticipare l’avversario. Sono molto aggressivo, mi piace pressare in avanti. Un modello? Sergio Ramos“.

Gattuso lo ha avuto a Pisa, ora allenerà il Milan.

“Ero certo che sarebbe arrivato in alto. Mi ha dato molto e ricordo con piacere la prima telefonata, ero in vacanza: ‘Pronto, sono Rino Gattuso’. Giuro, ho pensato a uno scherzo. Un simbolo dell’Italia Mondiale“.

Più sardo o più polacco?

“Il sardo è testardo e permaloso, io lo sono entrambi, ma da mamma (polacca, ndr) ho preso il carattere: sto sulle mie e non do grande confidenza. Una volta ho fatto il polacco: era un Lazio-Cagliari del gennaio 2013, lo ricordo bene. È stato il mio esordio da titolare in Serie A con i rossoblù, in precedenza avevo giocato solo mezz’ora con la Juve. A fine partita mi sono rivolto a Klose in polacco, visto che lui è tedesco nato in Polonia. Mi ha guardato stranito, poi si è divertito e abbiamo chiacchierato un po’ “.

L’esperienza a Leeds?

“È stata un’avventura fantastica, purtroppo durata solo un anno. Giocavo in quella che sarebbe la nostra Primavera. Però ho esordito in FA Cup, contro il Sunderland, davanti a 35mila persone. Ho imparato l’inglese, che adesso tengo allenato guardando i film in lingua originale. E poi ne ho viste tante, soprattutto a colazione: non ero abituato a patatine fritte e fagioli (risata). Sono molto affascinato dalle culture diverse. Appena ho due giorni liberi, io e la mia fidanzata ci mettiamo in viaggio da autentici turisti. Russia, Francia, Inghilterra, Spagna, Svizzera… L’Europa l’abbiamo visitata praticamente tutta e presto andremo a New York. La tappa finale? Torino, la Juventus. E se non sarà lì, magari in Premier“.

 

 

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