Ciao Stefano. La figura di Gigi Riva, che tuo padre scoprì e portò a Cagliari nel 1963, tracciata grazie al tuo vissuto.
“Mi mancherà un fratello. Un fratello maggiore, con cui sono cresciuto. Tanti ricordi indelebili, che porterò sempre con me. Parlare del Gigi calciatore è fin troppo semplice: più importante soffermarsi sull’uomo Riva. Unico nel suo genere. Persona leale, corretta. Credo sia impossibile che nasca un altro come lui. La sua statura morale va sottolineata, per tutto quello che ha rappresentato prima, durante e dopo il suo percorso da atleta“.
Quella di Andrea Arrica fu un’intuizione lungimirante e che ha cambiato le sorti di un club. Di una città.
“Gigi è stato un grande in tutto ciò in cui si è cimentato. Mio padre lo amava: diceva sempre di averlo portato contro tutto e tutti. Nessuno comprendeva all’epoca come si potessero spendere 37 milioni di lire per un ragazzo sconosciuto. La società gli diede del matto e papà invece ebbe ragione, resistendo alla successiva offerta del presidente bolognese Dall’Ara che mise sul piatto 50 milioni. Andrea Arrica ha difeso quella scelta, senza cedimenti“.
Non è semplice definire i contorni della sua eredità, che lascia del suo passaggio come uomo di sport amato in maniera trasversale.
“La compostezza e l’amore che gli vengono tributati in queste ore sono semplicemente straordinari. Ha dimostrato attaccamento alla maglia, alla parola data, alle persone. Più di un campione, un Mito: che è andato ben oltre l’aspetto sportivo“.