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30 anni senza Manlio Scopigno. Un uomo fuori dagli schemi

Il 25 settembre 1993 la scomparsa di Manlio Scopigno, condottiero del Cagliari campione d'Italia. Un personaggio dissacrante, fuori dagli schemi, profondo conoscitore di calcio e di uomini.

La prima cosa che viene in mente, pensando a Manlio Scopigno, è il mancato omaggio della società 30 anni fa quando scomparve. Nessun segno, nessun ricordo, un passaggio gratuito per l’oblio nei confronti di chi ha contribuito a scrivere una pagina leggendaria. Era nato a Paularo, in Friuli, nel 1925. Da giovane aveva toccato la Serie A con la maglia del Napoli e, pochi minuti dopo la gioia del suo unico gol nella massima categoria, dovette rinunciarci per un grave infortunio al ginocchio a 26 anni. Di quelli che un tempo stroncavano la carriera. Un palcoscenico che fu capace di riguadagnare come allenatore: la sua storia a Cagliari lo avrebbe consegnato all’immaginario collettivo da personaggio fuori dagli schemi, dissacrante, capace di dosare sapientemente arguzia e cultura, battute e verità.

Di lui si è detto e scritto di tutto e di più. Per non cadere nel banale e trito amarcord, scegliamo di rievocare le parole di Gigi Riva su di lui:

Ricordo una volta in aeroporto, io mi ero appartato. Si è seduto vicino a me, ha acceso una sigaretta. Anzi, abbiamo acceso una sigaretta perché allora si poteva fumare. E mi disse: ‘Guarda che io sono tuo amico, non solo il tuo allenatore’. E io mi sono aperto un po’ con lui, che ha compreso quale potesse essere il mio carattere, la mia sensibilità, il modo di agire e anche di sbagliare. Lì è nato un rapporto di amicizia solida“. (Da: “Il calcio ai tempi di Gigi Riva“, Rai).

Ha lasciato il calcio presto, anche come allenatore, proprio come gli era accaduto da atleta. All’inizio degli anni Ottanta lo ritroviamo commentatore della Serie A per la Rai, prima del lungo oblio. Il 25 settembre 1993 la morte a 67 anni.

CalcioCasteddu ha chiesto nel novembre scorso al noto giornalista Darwin Pastorin, che ebbe modo di conoscerlo, un ricordo de “Il Filosofo”:

Ho parlato alcune volte con Scopigno dopo la fine della sua carriera. Ricordo la grande personalità e il suo voler calcare la mano sul senso di responsabilità. Il calcio come palestra di dignità, condivisione e rispetto. Un’intelligenza mostruosa. Sulla fine della carriera non si piangeva addosso, ricordava tutti i momenti con serenità, con sorriso ‘gozzaniano’ amaro. Non aveva rimpianti, si rendeva conto di aver firmato una delle pagine più intense del calcio italiano. Un calcio d’altri tempi“.

Gli anticonformisti sono gli altri, abbia pazienza“.

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