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IL DRIBBLING DI… Mario Frongia. Due o tre cosette sull’Italia e sul Cagliari…

Cragno a casa, Meret agli Europei. Le scelte di Mancini amareggiano la tifoseria. Il portiere rossoblù avrebbe meritato una chance. Ma il tempo sarà galantuomo

Esclusione amara. Per una ragione o per l’altra, i sessanta milioni di ct italiani, infanti inclusi, hanno avuto da ridire per i primi ventisei convocati agli Europei 2020, spostati al 2021 dalla pandemia Covid. Va da sempre così ed è meglio farsene una ragione. Ciò premesso le scelte dell’unico vero commissario tecnico, lasciano un po’ a desiderare. La Sardegna sportiva può applaudire la presenza di due suoi figli. Nicolò Barella, fresco campione d’Italia con l’Inter e oramai presenza stabile degli azzurri, e Salvatore Sirigu, guardiano dei pali al Torino. I tifosi del Cagliari gioiscono meno. Alessio Cragno può preparare le vacanze, la competizione continentale vinta da Gigi Riva (citarlo scalda sempre il cuore!) e soci nel 1968, il numero 28 del Cagliari la vedrà dal divano. Ed è un peccato. Per le proprie ambizioni, per una carriera da protagonista, per la tifoseria rossoblù che da sempre ne apprezza qualità tecniche e umane, e ne avrebbe condiviso idealmente la presenza con l’Italia dopo un campionato con angoscia, delusioni e a rischio retrocessione senza il miracolo Semplici-Capozucca.

Un mondo già visto. Roberto Mancini ha sei paia di guanti a disposizione per gli Europei. Ha deciso di affidarli a Gigio Donnarumma, Salvatore Sirigu e Alex Meret. Gli osservatori più attenti e vicini allo staff del tecnico, hanno annunciato da vecchia data che salvo cataclismi il braccio di ferro per la terza felpa da portiere sarebbe stato proprio tra Cragno e Meret. Quest’ultimo l’ha spuntata last minute. Gli inviati più “anziani” al seguito della nazionale narrano di alcuni fattori che avrebbero favorito la prevalenza del portiere del Napoli. In ordine sparso, tre anni di freschezza e sette centimetri a favore del friulano, l’uso del sinistro, ma anche del destro, nel giocare bene la palla dal basso. Posizioni opinabili? Può darsi. Che poi ci siano, o potrebbero esserci state, anche altre valutazioni come sempre provenienti dal dietro le quinte – dalla forza propulsiva dei procuratori, che hanno anche altri azzurri in portafoglio, a quelle istituzionali dei club di appartenenza, inclusa la piazza, la provenienza e la rappresentatività nello scacchiere nazionale ed estero, fino alla visibilità mediatica e alle “spinte” dei giornaloni e delle tv di settore – non sarebbe una notizia eccezionale.

Futuro, porte aperte. Alessio è reduce da 34 partite con 53 reti sul groppone in un’annata chiusa con 37 punti, alla pari con il Toro: Cagliari sedicesimo per miglior differenza reti. Il Covid – beccato proprio in ritiro con la nazionale – gli ha impedito di giocare le gare con Inter, Parma, Udinese e Roma. La notizia? Certezze confermate con Vicario, prossimo e pronto sostituto. Nato a Fiesole il 28 giugno 1994, 1.84 centimetri di statura, Cragno ha chiuso la stagione tra i più bersagliati paratori della A con Sepe e Cordaz, guardiani di Parma e Crotone, due delle tre retrocesse. E ha una collezionato media di 0,82 punti a partita. Ragazzo d’oro, equilibrato, pronto per il salto di qualità con ambizioni europee, avrà tutto il tempo, anche a stretto giro, di riprendersi la nazionale. Dunque, una questione di tempistica. Intanto, Meret è il prescelto. Nato il 22 marzo 1997 a Udine, alto 1.90 cm, a Napoli ha fatto la spola in porta con Ospina. Gattuso gli ha fatto giocare 22 partite. Ha subìto 29 reti con una media di 2 punti a gara. Il primo match lo porta a casa Alex, Alessio è al lavoro per il secondo.

Anagrafe, esperienza, mentalità. L’opinione personale? Nella decisione di promuovere Meret potrebbe aver prevalso lo sguardo verso il domani. Ovvero, post Europei. Magari sbaglio, ma provo a spiegarmi. Donnarumma, piaccia o meno, forse non ha neppure la patente, scherzo!, ma ha già una valanga di gettoni in A e nelle competizioni internazionali. Sarà lui a battere il monumentale record di Gigi Buffon. Sul secondo portiere azzurro, lo scenario è diverso.  Sardissimo di La Caletta, Sirigu è del 1987, ha una montagna di trofei vinti con il Psg, oltre a esperienza, carisma e personalità da vendere. Insomma, in un torneo difficile da sempre, deve portare saggezza ed essere fratello maggiore di Gigio. O almeno è questo che traspare dal ritiro dell’Italia. Peraltro, anche se le comparazioni tra epoche, squadre e tornei differenti aiuta poco, si scopre che Mancini ha avuto fin dai tempi di Boskov e dello scudetto alla Samp del ‘90, portieri in cui ci si muoveva tra veterani e apprendisti.

Tanto per ragionarci su, senza avere nessuna pretesa, né statistica né valoriale e oggettiva, a Genova, Giulio Nuciari, classe ’60 e parentesi anche al Cagliari da preparatore, faceva da balia all’emergente Pagliuca (’66). Per il CT, da allenatore, lo schema sembra ripetersi. Nel 2002 sulla panca della Lazio, Mancini se la vede con Marchegiani (’66 e 243 gare nella capitale) e Peruzzi (’70, 192). Ai margini, Concetti (’78, 2). All’Inter Julio Cesar (’79) è l’emergente, Toldo (’71) gli copre le spalle e Orlandoni (’72) lavora per il gruppo. Infine, al Manchester City il totem è Hart (’87). Ma Taylor (’80) e Pantilimon (’87) la porta non la vedono quasi mai. Difficile rintracciare tratti decisivi e indicativi in comune nelle abitudini del tecnico iesolano. A conti fatti, la sensazione è che Alessio possa stare in pace con se stesso. L’occasione per riabilitarsi arriverà presto.

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