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IL DRIBBLING DI… Mario Frongia. Cagliari: grande impresa a Benevento

Il 3-1 sulle Streghe al Vigorito firma la quarta vittoria dei rossoblù nelle ultime cinque gare. Manca la matematica ma la B è sempre più lontana

Streghe contro Quattro mori. Lo spareggio in trasferta che vale una stagione se lo prende il Cagliari. Un gran bel regalo per la tifoseria. Il Benevento in caduta libera ha la retrocessione dietro l’angolo, ma può ancora farcela. Il 3-1 firmato da Lykogiannis, Pavoletti e Joào Pedro porta a quota 35 i ragazzi di Leonardo Semplici. Piattaforma ideale per lo scontro, anche questo mica male per la corsa salvezza, di mercoledì alle 18.30 con la Fiorentina alla Sardegna Arena. Intanto, il gruppo ha espugnato il Vigorito. Lo ha fatto con cuore, esperienza e determinazione. Ottimo. Adesso, gioia ed emozioni. E la giusta goduria per i 3 punti presi a una diretta concorrente. Poi, da domani, concentrazione senza confini per i viola.

IL RITORNO DELL’UOMO CRAGNO.. Il Cagliari parte a mille: 58 secondi e Lykogiannis di sinistro la mette alle spalle di Montipò. Semplici l’aveva preparata bene ma mai si sarebbe aspettato il vantaggio dopo un minuto. Dieci minuti di botta e risposta poi il Benevento si riprende la gara. Lapadula (che mette in forte difficoltà il 2001 Carboni) pareggia su assist di Caprari. Ma l’attaccante deve ringraziare Ceppitelli, autore di un errore incredibile. Poi, entra in scena Cragno, che con i sanniti è risalito in Serie A. Il portiere dice no a tre palle gol di Caprari (2) e Schiattarella. “Siamo troppo lunghi” urla Semplici. Il match è gravido di tensione. Il migliore? Cragno, a seguire Nainggolan. Il peggiore? Ceppitelli. Joào Pedro, anche per la scelta di spazzare lungo di Godin e soci su Pavoletti, non è pervenuto.

LA GRANDE RIMONTA. Nella ripresa il Cagliari mette la freccia. Il Benevento perde in lucidità e Nàndez entra in scena: due assist, serpentine imprendibili, tanta corsa intelligente. Poi, la fatica frena entrambe le formazioni. E i cambi non migliorano la scena. Il primo suggerimento da rete di Nàndez lo sfrutta Pavoletti: il 2-1 mette spalle al muro le Streghe. Ma l’episodio clou arriva a 6 minuti dal 90’: in area Asamoah tocca con il ginocchio Viola. Le immagini sono nitide. Doveri indica il rigore. Il Var (Mazzoleni, insultato in diretta tv dal presidente dei padroni di casa Vigorito) lo richiama: penalty annullato.

La decisione fa infuriare il Benevento per l’inconsueta, e invertita, procedura. Amen. Una manciata di minuti ed è ancora il Leon uruguaiano a seminare e mettere la palla sul destro di Joào Pedro (16 reti, miglior realizzatore brasiliano nei primi cinque campionati europei) che infila per la terza volta Montipò. Adesso, la matematica deve ancora arrivare. Ma per Semplici, e soprattutto per i tifosi sardi sparsi nel pianeta, si materializza la Grande Bellezza di Paolo Sorrentino: il Cagliari porta a casa l’Oscar per la grande rimonta. Per Pippo Inzaghi, matador di mille partite vinte giocate sul filo del fuorigioco, è la porta dell’inferno.

LOTTA E ANCORA LOTTA. Il faccia a faccia tra le squadre meno abili nel palleggio (41 per cento Benevento, 44 il Cagliari: il più basso possesso palla della Serie A) si chiude giustamente con la maggiore qualità dei rossoblù. La stessa mostrata sui titoli di coda con Parma e Napoli. In questi casi il temperamento vale oro. Da Nainggolan (di nuovo sui suoi livelli), a Pavoletti, Godin e Cragno è arrivata una prova stellare. Per dire, a Natale la squadra delle Streghe aveva 21 punti. Poi, il team di Pippo Inzaghi ha vinto al ritorno solo una partita: contro la Juventus. Il Cagliari si è ripreso la scena con 10 punti in quattro partite. Adesso, sono 13. Un tesoro enorme se si pensa alle lacune e alle criticità della rosa, la stessa delle 18 sconfitte, avvilenti e a testa china.

La scossa è arrivata con il 4-3 contro il Parma. Ma anche il punto preso nell’extratime a Napoli testimonia la ritrovata quadratura del cerchio messa in piedi da Leonardo Semplici e Stefano Capozucca. Il duo, forse quasi del tutto libero da erronee interferenze societarie, ha ridato certezze, ordine e priorità al gruppo. Prima i valori e le risposte del campo, allenamenti e concentrazione monitorati minuto dopo minuto. Poi, forse, lo sguardo ai possibili vantaggi del futuro mercato, ai bonus, ai premi individuali o legati al collettivo, ai patti siglati con procuratori e simili. Insomma, inversione di rotta. Con l’accelerata caratteriale che ha portato fuori dalle ultime tre.

NOTARELLE

La vigilia. “Se non siamo guerrieri oggi ci rimettiamo la pelle. Vogliamo vincere” dice Tuia alla vigilia. “Anche noi vogliamo vincere” replica Marin. Perfetto. Il Cagliari non ha mai mollato. Tra caldo e tensione altissima, ha saputo dominare e mettere in campo una differenza che ha fruttato il successo più atteso dell’anno. Bravi.

La classifica. Il Genoa che perde con il Sassuolo e si ferma a 36. Il Torino si prende un punto a Verona e sta alla pari, a 35, con il Cagliari,  ma con la partita con la Lazio ancora da recuperare. Per il resto, Fiorentina che, inguaia la Lazio in corsa Champions, e scappa a quota 38 e si toglie quasi del tutto fuori dalla lotta per non retrocedere. Adesso, la aspetta il Cagliari. Insomma, la lotta rimane aperta. Chi farà compagnia a Parma (battuto 5-2 dall’Atalanta) e Crotone ultimo.

Meglio avere memoria. Meglio godersi fino in fondo una vittoria di platino. Però, chi scorda il passato e si fa travolgere dal presente rischia di progettare male il futuro. I tifosi devono divertirsi e saltare di gioia per lo scampato pericolo. Ma le cicatrici accumulate in stagione, tre equivoci ed errori, presunzione e incompetenza, senza gioco, arte e parte, devono diventare bagaglio prezioso per ripartire e progettare con umiltà e competenza la prossima stagione.

Mosse e contromosse. Si brinda alla vittoria dopo essere partiti con gli acquisti Rugani, Duncan, Asamoah, Tripaldelli, Calabresi e il giovane Walukiwicz in panca. Proprio il polacco è scomparso dai radar. Eppure, era “seguito dalle big europee” come pomposamente detto dalla proprietà in un’intervista con la fanfara, completata da chicche come “organico da decimo posto”, “sguardo alle coppe nell’anno del centenario” eccetera. Quando si dice “un bel tacer non fu mai scritto!”.

 

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