Le parole dell’ex tecnico del Cagliari, che parla tra l’altro anche della sua ultima squadra e di come deve essere scelto il sistema di gioco in una squadra
L’entusiasmo non passa mai, fosse per lui sarebbe già seduto su una nuova panchina. Se di Serie A, ancora meglio. Walter Zenga, dalla sua residenza di Dubai, tocca diversi argomenti.
“In questo periodo a Dubai mi limito a vedere le partite in televisione”, spiega Zenga a La Gazzetta dello Sport, “è un momento particolare, ne approfitto per passare del tempo con i miei figli: li vado a prendere a scuola e mi diverto con loro. Insomma, faccio il papà a tempo pieno. La mia esperienza a Cagliari? Onestamente, ammetto che mi sarebbe piaciuto proseguire: avrei potuto costruire un qualcosa di speciale perché, personalmente, si trattava di una tappa importante per la carriera. Non fu semplice, considerando il lockdown e le tante partite giocate in soli 40 giorni: non ci fu il tempo di studiare a fondo la rosa, valutare i nostri talenti e lavorare in un certo modo. Tutto ciò mi ha un po’ penalizzato, ma tant’è: non porto rancore e guardo avanti. Se potessi tornare indietro, forse farei un qualcosa di diverso. Tuttavia, a livello contrattuale, la situazione mi sembrava già delineata. Tornare in Serie A? So che potrei essere ancora protagonista. Ci sono molti colleghi giovani, ma non conta l’età, bensì la mentalità, l’atteggiamento e le capacità. Bisogna sapersi adattare alle rose a disposizione: a Cagliari, per esempio, giocavamo con il 3-4-1-2, a Crotone con il 4-3-3. Un allenatore, prima di tutto, deve scegliere il miglior abito per i propri calciatori. Allenare all’estero? Voglio tornare in A, anche se il mio curriculum ‘parla’ straniero. Purtroppo ho avuto la sfortuna di trovarmi in quattro-cinque situazioni particolari, come alla Sampdoria. Nulla contro Montella, che prese il mio posto, ci mancherebbe, ma i risultati non cambiarono. A Venezia, discorso simile. È andata così, ciò che conta è pensare che ci sarà sempre un domani”. Tanta Inter in Nazionale? Inevitabile parlare di Bastoni e Barella. Volevo Alessandro quando ero al Crotone, purtroppo non se ne fece nulla. Su Nicolò, beh… che dire: ne parlai per la prima volta con Giulini nel 2014, quando era in Primavera e in Prima squadra al Cagliari c’era Zeman. Il presidente, lo ricordo benissimo, mi disse: ‘Walter, questo ragazzo è veramente forte’. Direi che il tempo gli ha dato ragione. Un applauso a Conte, che è riuscito a valorizzare entrambi”.