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IL DRIBBLING DI… Mario Frongia. Cagliari, un po’ di chiarezza prima dei giudizi sommari

La guida di Massimo Rastelli con la B stravinta e l’undicesimo posto in A.  Poi l’esonero per colpe non certo tutte sue 

Curiosa questa storiella: nel Cagliari della nuova proprietà sono passati sette allenatori, otto con Di Francesco. Eppure, l’unico che ha centrato il bersaglio viene preso a sassate. Massimo Rastelli ha vinto la B, non è solo risalito in serie A. E non per caso: record di gol fatti, di vittorie totali e in trasferta. Mica male. Eppure, giù bastonate. Se ha vinto lo si deve a Stefano Capozucca, se in A ha preso le imbarcate è stata colpa sua. Il tecnico debuttante nella massima serie non merita grande rispetto solo come uomo ma anche come allenatore. E spiace che si mescolino campionati, scelte di mercato, posizioni e gestione all’interno di un club che, piaccia o meno, ha avuto e avrà un solo decisore: il presidente. Dal cacciare Borriello al prendere Longo e Husbauer, spedire Barella a Como o spostare una pianta nell’andito, fatevene una ragione, chi sceglie è Giulini. Legittimo, beninteso. Mette i denari (ma circa nove milioni di euro glieli passa la Regione) e fa quel che gli pare. Ma un dna da uomo solo al comando non aiuta al meglio la crescita di una squadra, di un gruppo, di una terra. Specie se la tifoseria ha orgoglio, memoria, storia e passione. E sa leggere tra le righe delle trovate commerciali e delle operazioni simpatia. Se questo concetto padronale non passa, amen.

LA SERIE B STRAVINTA A luglio 2015 Rastelli lascia l’Avellino. Nella piazza campana ha vinto, come con la Juve Stabia, il campionato e con una squadra di ragazzini fatta per salvarsi gioca i play-off. Facile? Per rispondere basta guardare tra gli ultimi e penultimi tecnici passati al Sant’Elia quanti hanno vinto qualcosa. Andiamo oltre. Deve svincolarsi per dire sì al Cagliari. Come spesso accade, gli irpini chiedono al club rossoblù di portar via qualcuno. L’allenatore viene consultato, indica Arini. Arriva Pisacane. Attenzione: se uno gioca 130 partite in A e segna tre gol, servirebbe più rispetto e attenzione nei giudizi. La squadra ha avuto difensori da brivido per anni ma se stavano nel cerchio magico dei senatori (tema sul quale tornerò) hanno goduto quanto meno del silenzio della critica. Nella costruzione della rosa Capozucca ha avuto grandi meriti ed è stato rivalutato.

Forse, non avrebbe dovuto mettere in competizione gli esterni mancini dell’Under 21, Murru e Barreca. Capita. Inoltre, il de in un primo periodo di ambientamento avrebbe fatto a meno di Rastelli per Gasperini, al quale dai tempi del Genoa doveva tanto. Il messaggio è passato nello spogliatoio, il patron si è goduto la scena. Un mister sfiduciato, bravo o meno, si sfibra e muore. Poi, sono arrivate le vittorie e una galoppata per nulla semplice. È un ricordo fallace quello di un Cagliari senza gioco: con Joào Pedro, Sau e Farias, anche Giannetti e Melchiorri, pure Cerri e Di Gennaro, hanno segnato tanto e bene su palla manovrata. Ma su possesso palla, baricentro, tiri, pericolosità e attacco alla porta basta andare ai dati. Opinioni? No, numeri. Però il calcio è avvincente anche perché il bicchiere può essere visto mezzo pieno o mezzo vuoto.

LE AVVERSARIE. Sull’anno della B è assurdo dire che non c’erano competitor: il Bari (di Maniero, Rosina, Sansone, Romizi, Donati e Contini, allenato da Nicola e Camplone, presidente l’ex arbitro Paparesta, trentamila abbonati!) doveva salire in A a tutti i costi. E meritano uno sguardo anche la rosa di Novara, Pescara, Crotone, Brescia, Salernitana e Cesena. Il 2-1 al Latina di Iuliano, il 6-0 rifilato al Brescia, il 3-0 in casa alla Pro Vercelli e il 3-0 al San Nicola31mila paganti – contro il Bari, matematico per la promozione, sono perle di un cammino che non ha fatto neppure il Cagliari di Zola. Qualcuno parla di Ferrari per Massimo Rastelli. Ma oltre a Magic box – capace di dire no al richiamo last minute di Mourinho per giocare la Champions al Chelsea – in B nel 2003/04 c’erano Maltagliati e Brambilla, Suazo e Langella, Esposito e Abeijon, Festa e Macellari, Modesto e Capone. Ventura prima e Reja poi, hanno guidato un bolide. Ma sono giunti alla pari con il Palermo (83 punti). Certo, in quella B c’erano Napoli, Atalanta, Fiorentina, Genoa e Torino. Ma la cadetteria è anche questa. E alla fine c’è il nome di chi la vince nell’albo d’oro.

RECORD IMBATTUTO. Sull’undicesimo posto in A da neopromossa, l’analisi è più semplice. Ma il colpaccio del piazzamento  (poteva essere decima piazza se a Marassi non avessero annullato il 2-1 regolare a Ibarbo) rimane, tanto che ancora nessuno ha saputo far meglio. Per dire, nonostante big come Nandez, Simeone, Joào Pedro, Nainggolan, Cragno, Godin, Pavoletti e Rog, tuttora Di Francesco – che paga anche colpe non sue, il Covid, ad esempio – è quindicesimo con 14 punti in altrettante gare. Il Cagliari di Rastelli, imbarcate o meno, al 31 dicembre 2015 aveva colto 23 punti in 18 match. Sull’annata da undicesimi la questione si sposta anche fuori e a bordo campo. Le manovre di mercato hanno le impronte digitali.

Scritto questo, si va da Storari, defenestrato da capitano, alle ambizioni di Barrecca alla palese sfiducia mostrata da Sau e Dessena contro il Sassuolo di Di Francesco avanti 3-1 e sconfitto 4-3, allo spogliatoio polveriera, a Borriello, estromesso da rigori e punizioni per non dovergli dare quanto pattuito. O perdi per quattro mesi Joào Pedro e Ionita per frattura. Certo, anche Rastelli ha commesso degli errori. Ad esempio, è stato accondiscendente a un solo anno di contratto e alla distruzione del proprio staff, con l’arrivo di preparatori top che appena un anno dopo hanno salutato Asseminello. E ha subìto acquisti né voluti né suggeriti. Se hai Isla, Bruno Alves e Murru e li sostituisci con Miangue, Andreolli e Van der Wiel, con il dovuto rispetto, più che un allenatore serve uno stregone.

LE IMBARCATE. Vero, il Cagliari è incappato in una serie di goleade: sei, per essere precisi. Forse, un giorno si saprà e si potranno scrivere meglio i perché e i per come. Intanto, facciamo che si parla di cappotto se si prendono più di tre reti. I rossoblù perdono 4-0 a Torino con la Juve, ma la settimana prima hanno battuto 3-0 l’Atalanta di Gasperini. Poi, c’è il 5-3 in casa con la Fiorentina, che arriva dopo aver espugnato 2-1 l’Inter a San Siro. Capuano e soci perdono 4-1 a Roma con la Lazio e 5-1 con il Toro in Piemonte: Dessena espulso al 13’ del secondo tempo. Notarella tattica: Rastelli viene tacciato di essere difensivista ma contro Ljajic&Belotti parte con il tridente Melchiorri-Sau-Borriello. Va male.  A seguire, arriva il 5-1 dell’Inter al Sant’Elia, in porta c’è il giovane Gabriel. Quindi, il 6-2 rimediato a Sassuolo. Nell’undici rossoblù c’è aria di sbaraccamento. Anzi, si brinda: Bruno Alves ha salutato tutti ma gioca. Isla e Borriello sanno di doverlo seguire a ruota. In campo la cosa non sfugge.

Ma pagherà Rastelli. Gioca Rafael, in panca Brizzi. Al tecnico viene nascosto un infortunio serio del portiere brasiliano: non può calciare, si muove con difficoltà, tanto che regala la palla a Politano, rete. Poi, c’è la vittoria sul Milan. Un 2-1 che rimane storico, con otto titolari assenti, Tachtisidis centrale difensivo e Crosta in porta. Il match winner? Pisacane. Il tutto dopo i sei gol presi sette giorni prima al Mapei Stadium, con il tecnico campano che per qualcuno aveva già il trolley chiuso. La vittoria contro Donnarumma, Suso, Calabria, Kucka e Mati Fernandez spiazza un bel po’ di gente. Il calcio va anche così.

LE CHIAMATE. Massimo Rastelli è sul mercato, ha rifiutato diverse proposte e aspetta la chiamata giusta. Ma è in buona compagnia: sono a piedi, per ora, Cosmi, Nicola, Zenga, De Biasi, Thiago Motta, Spalletti, Mazzarri, Montella, Seedorf, Ferrara, Stramaccioni, Andreazzoli, D’Aversa, Di Biagio, Dunga, Zaccheroni, Panucci, Zeman, Semplici. E si divertono, ben pagati, sul divano anche gli ultimi due ad aver vinto lo scudetto, Allegri e Sarri. La concorrenza è spietata, banale dare pagelle pregiudiziali senza memoria e senza aver inquadrato il contesto.

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