cropped-cropped-CC-11.png
Sito appartenente al Network
Cerca
Close this search box.

ESCLUSIVA – Ruben, figlio di Nenè: “Geloso del mio papà… di tutti!”

Andare e tornare da scuola con il proprio padre, senza capire il motivo di quella strana attenzione nei suoi confronti e senza sapere realmente chi fosse, che lavoro facesse: Ruben Claudio Olinto de Carvalho, figlio del leggendario Nenè, rievoca in esclusiva per calciocasteddu.it la figura di un rossoblù d’eccezione rimasto nel cuore dei cagliaritani

Claudio Olinto de Carvalho, noto semplicemente come Nenè, è stato uno dei calciatori più rappresentativi del Cagliari. Brasiliano classe 1942, aveva giocato nientemeno che nel Santos di Pelè. Poi l’arrivo in Italia, alla Juventus, con addosso l’errata etichetta di centravanti. In maglia rossoblù – primo straniero in Serie A insieme al peruviano Gallardo – divenne formidabile centrocampista, elegante e dinamico, vincendo da protagonista lo storico tricolore del 1970. Il figlio Ruben ha aperto simbolicamente per noi l’album dei ricordi, svelando delicati dettagli sul loro rapporto e particolari inediti sulla carriera del papà.

CAGLIARI. “Sono nato a Cagliari e ho vissuto in Sardegna fino ai 14 anni. Poi fummo costretti a lasciare la città perché papà fu ingaggiato come allenatore nelle giovanili della Juventus“: Ruben Claudio Olinto de Carvalho, figlio dell’ex calciatore del Cagliari Claudio “Nenè“, oggi ha 43 anni e vive a Torino dove lavora come operatore in una residenza sanitaria assistenziale. “Sono molto triste per la situazione attuale, legata al Coronavirus. Io, come i miei colleghi, cerchiamo di fare del nostro meglio in ogni circostanza. E, non lo nego, sono triste anche perché dal 16 al 19 aprile sarei dovuto essere a Cagliari per i festeggiamenti dello scudetto“.

RICORDI. “Quando ero piccolo, andavo alle scuole elementari in via Cimarosa. Papà mi veniva a prendere, ma succedeva una cosa particolare: sentivo tanti occhi addosso, gli chiedevano l’autografo, una foto, oppure lo invitavano al bar per un caffè. Veniva trattenuto da tante persone, sempre, ogni qualvolta ci trovavamo insieme. Prendeva i bambini in braccio… Non lo nego, questa cosa suscitava la mia gelosia: mio padre era, come dire, di tanti. Di tutti. Figurarsi che neppure sapevo bene cosa avesse fatto o addirittura che lavoro facesse! Quando la maestra mi diede un tema da svolgere, che aveva come argomento il lavoro di mio padre, mi mise in crisi!“, rievoca Ruben.

PALLONE. Claudio “Nenè”, a quanto pare, non parlava granché in casa di pallone e, soprattutto, dello scudetto ’70: “Tra le mura domestiche, di calcio si parlava il giusto. Io, come detto, da piccolo sapevo poco di lui. Probabilmente tutti i miei compagni di scuola sapevano chi fosse mio padre, perché glielo avevano raccontato i loro genitori. Io sapevo che andava al campo ad allenare e basta! Ho scoperto tutto più avanti, sulla sua carriera e tutto il resto. Lo scudetto? ‘Una cosa normale‘ diceva lui. ‘Eravamo bravi e abbiamo vinto il campionato’. Insomma, sciocchezze per lui o poco più, vista così. Però, quando mi è capitato di parlare di quell’avvenimento con i figli dei campioni d’Italia ’70 o con stelle dell’epoca come Gianni Rivera e Claudio Sala, l’opinione comune è sempre stata quella di un’impresa di peso specifico eccezionale“.

ECCEZIONALE. Ruben invece è conscio del valore di quella pagina di storia, al di là del mero significato sportivo: “Quando sono nato, la Sardegna era già nota per il Cagliari dello scudetto e quale meta turistica. L’impresa del tricolore 1970 ha portato sia la città che l’Isola ad affacciarsi finalmente in Italia e all’estero, potendo contare così sulla spinta necessaria per farsi conoscere. Se poi parliamo strettamente dell’aspetto calcistico, basti ricordare che si laureò campione d’Italia una squadra arrivata per la prima volta in Serie A appena sei anni prima: assurdo e incredibile! A causa del secondo grave infortunio di Riva, quel Cagliari non potè vincere di nuovo il campionato e dire la sua in Coppa dei Campioni. Gigi Riva è un simbolo luminoso del Cagliari e della Nazionale, sono amico dei figli e in particolare di Nicola, le nostre famiglie abitavano in via Sonnino. Gigi è stato sempre un personaggio schivo, a differenza di mio padre che viveva con gioia lo stare in mezzo alla gente e lo manifestava“.

PAPÀ. “Ho tanti ricordi del rapporto con papà, soprattutto di quando ero bambino. Poi purtroppo, quando io avevo 22 anni, lo ha colpito la malattia di Alzheimer: non sono quindi riuscito a godermelo come avrei voluto. Caratterialmente siamo simili. Mi ha trasmesso la voglia di affrontare la vita con il sorriso, di cercare di essere amico di tutti senza conflitti. Una peculiarità che ricordo volentieri di mio padre è che ringraziava sempre chiunque gli chiedesse una foto, un autografo, due parole. Un’umiltà che non ho più visto in nessun altro e soprattutto nei calciatori di oggi oppure nei giovani che allenava: se alla fine delle sedute i suoi ragazzi non dedicavano del tempo al pubblico, soprattutto ai bambini, li richiamava immediatamente all’ordine. Gli hanno voluto bene in Sardegna, come in nessun altra parte d’Italia. Ho una collezione infinita di maglie dei più grandi giocatori, che regalavano a papà per me. Aveva seminato bene e si poneva con gioia con loro, gliene avrebbero regalate dieci di maglie. Brava persona, grande calciatore e bravo papà: si è meritato questo rispetto“, ha sottolineato con commozione Ruben.

FOGLI. “Anche nella Juventus viene ricordato con rispetto, avendo giocato e allenato le giovanili. Quando la Juve ha festeggiato il centenario, mio papà ha giocato il quadrangolare di Juvecentus insieme a Sivori e altri. Se avesse vinto nella Juventus, avrebbe forse rischiato di rimanere uno dei tanti nella storia della società: riuscendoci a Cagliari, è diventato immortale come i suoi compagni di squadra. Conservo tanto materiale a casa, sulla sua carriera da calciatore. Ho i fogli che riguardano contratti, promesse scritte sui guadagni, ecc. Nel 1968, la Juventus offrì un miliardo di lire per Nenè e Riva, consentendo inoltre al Cagliari di scegliere altri giocatori da una lista ristretta di quattro-cinque elementi. Tra questi c’erano Causio e Spinosi, futuri nazionali. L’affare non andò in porto per volontà bianconera, perché probabilmente prevalsero i dubbi sul grave infortunio che Riva aveva riportato in Nazionale l’anno prima. Inutile ricordare cosa avrebbe fatto Gigi negli anni a venire… per la fortuna sia del Cagliari che della squadra azzurra“: dichiarazioni degne di nota, visto che spesso e volentieri è passata solo la versione che fosse stato il Cagliari a non voler vendere “Rombo di Tuono”.

TRAMONTO. Ricorda Ruben che “ogni anno mio padre e Riva, coloro che avevano più mercato, andavano a Roma per rinegoziare il contratto con Arrica quando ormai sembravano entrambi sul piede di partenza. Poi gli veniva chiesto da Arrica qualche sacrificio per il bene della società e accettavano di restare. Però il Cagliari non si comportò bene con papà. Nel 1976 si divertiva ancora a giocare a calcio, stava bene fisicamente e avrebbe proseguito più che volentieri, anche per tirare su gli ultimi ingaggi. Lo volevano Lazio, Napoli e Roma. Però la società non gli diede il cartellino e fu così che smise, a malincuore. Gigi Riva gli chiese di aiutarlo nel lancio della sua scuola calcio. Devo dire una cosa: il Cagliari è sempre stata una società che non ha mai voluto bene fino in fondo ai giocatori dello scudetto. Mio padre ha avuto successo come tecnico a livello giovanile. Aveva ricoperto il ruolo di allenatore della Primavera a metà anni ’80, però non venne preso in considerazione prima che arrivasse Ranieri per la panchina della prima squadra. Mai. Eppure Nenè ne masticava calcio, è risaputo. Voleva portare in rossoblù Antonello Cuccureddu, non ci riuscì. Ci riprovò in tutti i modi con Gianfranco Zola, ma il Cagliari lo bocciò… papà stravedeva per lui. Ci abbracciamo ogni volta che ci rivediamo: il più grande giocatore sardo di sempre. Il Cagliari non ha mai apprezzato tanto i giocatori isolani…“.

SARDEGNA. “La Sardegna mi manca tantissimo. L’aria, il mare, le persone… Patisco tanto a stare così lontano. Lì ci sono ancora meravigliosi amici che mi mancano. Come il bomber Gigi Piras, ad esempio, a cui voglio un bene dell’anima. Oppure il mio padrino di battesimo Renato Copparoni, una persona squisita. Papà avrebbe meritato di festeggiare questo 50° anniversario dello scudetto, proprio come Andrea Arrica, Eraldo Mancin, Mario Martiradonna e Giulio Zignoli che purtroppo non ci sono più. Rivelo una cosa che forse in pochi sanno: ricordate la storia della stanza piena di fumo, in cui Scopigno entrò e dove stavano giocando a carte i giocatori del Cagliari? La stanza era quella di mio padre, che oltretutto odiava il fumo!“.

(per gentile concessione di Ruben Olinto de Carvalho)
Subscribe
Notificami
guest

1 Commento
Inline Feedbacks
View all comments

Articoli correlati

L'ex attaccante del Cagliari Raffaele Paolino oggi festeggia 55 anni: CalcioCasteddu lo ha intervistato per...
Maurizio Franzone, doppio ex di Cagliari-Salernitana, presenta il match in esclusiva ai lettori di CalcioCasteddu....
L'ex allenatore del Cagliari - nonché calciatore del Napoli - Attilio Tesser, uno dei più...

Dal Network

Altre notizie

Calcio Casteddu