Il calcio ha già rinviato Euro 2020 mentre la nostra Federcalcio dimentica che ogni data finora ipotizzata è stata spazzata via da medici e infettivologi
Che, dal momento del blocco per il Coronavirus, il calcio volesse ripartire (con i tifosi sugli spalti o a porte chiuse) a tutti i costi e non chiudere la stagione anticipatamente, era lampante. Come scrive il Corriere della Sera, il calcio coinvolge, oltre i 22 protagonisti sul terreno di gioco, ai quali si aggiungono i giocatori in panchina, staff tecnico e sanitario, ma anche centinaia di persone, tutte qualificate, addetti ai lavori, i famosi broadcaster, tecnici, operai, impiegati, forse i giornalisti, gente che ha famiglia. Perché dunque costringerli ad andare a lavorare a Brescia, Bergamo, Milano o Verona, tutte zone ora rosse? Non lo saranno più? Speriamo, scrive ancora il Corriere della Sera, che però ricorda che non c’è un infettivologo, un medico, un virologo, un ricercatore che adesso garantisce un futuro così roseo.
RIPARTIRE A TUTTI I COSTI. Il calcio ha già rinviato gli Europei nel 2021. L’occhio corto del calcio ha guardato a maggio per ripartire ma al momento sembra una pura utopia. Ieri la botta di novità: si riprende a settembre, magari a ottobre. Ma perché ripartire a tutti i costi? Si ha paura delle cause legali, è la motivazione fondamentale che spinge a ripartire a tutti i costi. È il timore del presidente Gravina, di andare incontro a cause infinite, avviate da quelle società più sensibili ai fatti loro. Orientato ad accontentare l’UEFA, minacciosa con chi studia e programma piani alternativi.
Non si ha il coraggio, la prudenza, l’etica, il buon senso di fare come in Belgio dove chi governa il pallone ha scritto la parola fine. Meglio pensare alla salute, nostra, quella del calcio, industria importante per il Paese, e alla prossima stagione. Quella sì va organizzata per bene, con testa e cuore. Significherebbe – chiosa il Corriere della Sera – capire la lezione impartita dal mostro.