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Maran, una situazione sfuggita di mano e quel film già visto col Verona di Malesani

Il tecnico trentino lascia il Cagliari in una situazione surreale dopo l’ottimo inizio, ma è evidente che qualcosa si è rotto da tempo

FUORI CONTROLLO. Nel dopo gara contro la Roma il volto di Rolando Maran raccontava molto. Rassegnazione dipinta in faccia e risposte impacciate che lasciavano presagire che niente era più al sicuro, nonostante la fiducia rinnovata dal presidente pochi giorni prima a mezzo stampa. Il tecnico aveva perso di mano la sua squadra, al di là dei commenti di circostanza sul gruppo compatto e i “volemose bene” nei momenti di difficoltà.

A TERMINE. Arriverà un traghettatore, poi si ricostruirà in estate e lo si farà probabilmente dalle fondamenta. Perché da adesso in poi tutto avrà scadenza a giugno. Ci sono Olsen e Pellegrini in prestito secco che a fine stagione torneranno alla base, così come Paloschi che ha perso il “suo” tecnico. Ci sono Klavan e Cigarini in scadenza a fine stagione. C’è Nandez che sarà un vasetto di miele per gli orsi, soprattutto quelli della Premier League. Ma occhio anche a Joao Pedro, per il quale l’agente di recente ha fatto capire che serve solo la telefonata giusta per fare le valigie. Infine Nainggolan, anche lui destinato a salutare a meno dell’uscita di un coniglio bianco fuori dal cilindro di Giulini.

LO SPOGLIATOIO. Come al solito chi ci mette la faccia nei momenti difficili è il capitano Nainggolan, che anche domenica ha difeso il gruppo come un vero leader deve fare. Con tutto il rispetto però, alla storia dello spogliatoio unito è difficile crederci ancora, a meno che per “gruppo compatto” non si intendesse un “gruppo compatto contro l’allenatore”. Qualcosa con Maran si era rotta da tempo e l’addio di Castro, il suo figlio calcistico prediletto, non era solo un campanello d’allarme, ma un campanile.

SCONGIURARE IL PEGGIO. Ora serve schiettezza. Bisogna reagire, ammettere gli errori e i problemi (quelli veri, non la sfortuna degli episodi) e ripartire per salvare la stagione. Sono passati quasi vent’anni da quando il Verona di Malesani, quarto in classifica a metà novembre e ottavo alla ventiseiesima giornata, finì per retrocedere. A questo punto della stagione avevano 35 punti, chiusero quartultimi a 39. Vero è che le giornate erano 34 e le retrocessioni 4, ma la figuraccia rimase storica. In quella squadra c’erano Martino Melis e un giovane Andrea Cossu, loro sanno cosa vuol dire. Il tempo dell’asado è finito.

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