La memoria collettiva associa il suo nome agli autogol, ma il leggendario stopper del Cagliari ha avuto un ruolo determinante nell’impresa tricolore
PREGIUDIZIO STORICO. Sembra un ossimoro ma anche la storia può macchiarsi di pregiudizio. Il caso di Comunardo Niccolai è emblematico. Può un giocatore con 232 presenze nel massimo campionato essere ricordato solo per 6 autogol? Ebbene nella giornata in cui si celebra lo storico Scudetto del 1970 vogliamo raccontare la storia di questo eroe rossoblù da un’altra angolazione, in un’ottica diversa da quella comico-irriverente che ancora accompagna il nome di Niccolai nei ricordi dell’Italia calcistica.
GLI INIZI. Nasce il 15 dicembre 1946 in Toscana, nella Valdinievole, più precisamente nel piccolo borgo medievale di Uzzano. Inizia a farsi notare nelle giovanili del Montecatini, squadra che aveva allevato diversi professionisti tra cui grandi nomi quali Carlo Galli e Amos Mariani. Nel 1962 vince il titolo giovanile toscano più prestigioso: la Coppa Menti. Lo fa sotto la guida del tecnico Silvano Innocenti, colui che lo porta in Sardegna alla Torres dove esordisce nei professionisti a 17 anni. Qui gioca al fianco di Umberto Serradimigni, ex rossoblù a fine carriera con un nome che a molti oggi suonerà familiare. Per la cronaca è il padre di due leggende dello sport sardo: Nunzia e Roberta. Alla seconda è intitolato il palazzetto dove gioca la Dinamo Sassari.
CAGLIARI PER SEMPRE. Nel 1964 Niccolai si trasferisce al Cagliari, per la prima volta neopromosso in Serie A. Qui diventa un’autentica bandiera e con la maglia rossoblù calca il campo per 225 volte segnando 4 reti in dodici anni di militanza. Le prime stagioni sono da comprimario con poche presenze, una matricola che deve giustamente farsi le ossa. Ma per l’appuntamento del 1970 si fa trovare pronto. Infatti è lui lo stopper della difesa meno battuta della storia. Appena 11 gol subiti dalla sua squadra nella stagione dello storico Scudetto, record forse imbattibile. Le prestazioni di quella splendida annata gli valgono la convocazione al Mondiale di Messico ’70 dove la spedizione azzurra parte con 6 giocatori del Cagliari. Ci vorrà il Brasile di Pelé per fermarli. Niccolai gioca la prima, ma si fa subito male e così è costretto a saltare tutta la kermesse.
ONORE A LUI. Comunardo Niccolai è quindi molto di più del re degli autogol come viene dipinto dall’immaginario collettivo. Niccolai è un campione vero: lo è stato con il Cagliari e poteva esserlo con la Nazionale. Eroe per sempre di una squadra irripetibile.