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IL DRIBBLING DI… Mario Frongia. Cagliari, mostra rabbia e orgoglio!

Il club faccia quadrato, serve visione, lucidità e umiltà. Mazzarri alzi il tiro. I tifosi meritano rispetto, la A è troppo preziosa per metterla a rischio

Ultimi. Meglio anche le neopromosse e il loro calcio da corsa e ardore per 95’. Ma in questo caso, chissenefrega. Con una premessa: a scanso di equivoci, anche se è strano parlarne dopo soli 45 giorni di campionato, il Cagliari deve difendere con i denti la categoria. La cronaca è feroce. I 3 punti dopo 7 giornate, neanche una vittoria, la peggior difesa della A (16 reti) e una partenza cosi scioccante che bisogna risalire al 2000 per trovarne una simile (ticket Tabarez-Ulivieri, retrocessi in B con 22 punti), riportano al fesso che guarda il dito anziché la luna che viene indicata. Le statistiche non hanno anima, bisogna studiarle nei dettagli ma è inutile schiumarci dietro. La materia, comunque la si legga, è delicata. Ci sono 31 gare, 93 punti a disposizione, una finestra di mercato che va usata con intelligenza. Intanto, i dati attuali sono da brivido.

I PROBLEMI. La società ha creato una voragine che ha spaccato fiducia e cuore della tifoseria. Molto più scaltri e attenti di quanto non vogliano capire proprietà e dirigenti, i tifosi hanno fatto la Tac alla costruzione di un gruppo che fa cilecca da anni. Ma sarà tutta colpa dei giocatori: strapagati, svogliati, con il Poetto e la città Bengodi del pallone per svernare e fare il minimo sindacale? Saranno poco coinvolti, incapaci di capire quanto la maglia rossoblù pesi il doppio delle altre, rappresenti una regione e circa 170mila emigrati? Potrebbero essere i tecnici (il patron, in questa prima fase, ha battuto il record di mangiallenatori di Cellino), i loro staff, i preparatori, i direttori sportivi, magari i malcapitati dell’ufficio stampa o il team dei sanitari a non rendere quanto dovuto in un torneo cinico come la A? O ci sarà un dna gestionale che parte dalla testa e finisce con la testa, ha nel business e nel marketing un bersaglio preferenziale, condiziona e annette chiunque esprima consigli, suggerimenti, dissenso?

La risposte sono multiple e incrociate. Si spalmano fin dal flop con Zeman – eccetto la vittoria della B e l’undicesimo posto con Rastelli, più tre mesi al top con Maran, uccisi dall’ingordigia e dalla presunzione – e inquadrano una conduzione in cui traspare una conoscenza del calcio e delle sue dinamiche, specie in una piazza come quella cagliaritana, sotto l’asticella di guardia. E a furia di urlare al lupo, al lupo, si rischia di essere sbranati.

LA STORIA E LA TRADIZIONE. Una città, e un popolo, che ha vinto lo scudetto, ha giocato l’Uefa e sofferto, sì, sofferto, giocando in casa a Trieste, Parma e Quartu, con strascichi giudiziari al vaglio della storia, merita altro. Il Cagliari attuale divide, spiazza, non include. I supporter chiedono Semplici e rinnegano Mazzarri. E viceversa. Non capiscono i teatrini su Nainggolan e Godin. Col senno di poi sembra più facile: ma chi non avrebbe voluto – recuperando il mezzo milione di euro richiesto da altri stipendi faraonici maturati nel tempo – il Ninja in mezzo al campo e a ridosso dell’area nelle sfide contro i normali podisti di Spezia, Empoli e Venezia? Per non parlare dei tentativi pretenziosi di vendere o dare in prestito, a prezzi pre Covid, Cragno e Pavoletti, Deiola e Oliva, Lykogiannis e Walukiewicz.

Ben sapendo degli acciacchi, e della carta d’identità, pregressi di Strootman e Ceppitelli, degli stessi Pavoletti e Godin, delle ultime annate in chiaroscuro di Caceres, dell’eterna scommessa Pereiro. L’handicap matura in avvio con Semplici confermato dall’Uomo solo al comando solo dopo aver capito che Juric non avrebbe fatto sconti. Una mossa che, di fatto, ha consegnato allo spogliatoio sempre attento su questi fronti, un uomo depotenziato e fragile. Alle prese con uomini da resettare, incerti fino al 31 agosto, reduci dalla salvezza miracolosa con i suicidi di Parma e Benevento, e da rimettere in corsa fisicamente e psicologicamente.

ASINCRONI E MOLLI. Il gruppo è stato definito dalla proprietà più forte di quello che ha chiuso da quart’ultimo alla pari con il Toro, sesta peggior difesa. Parole vacue, che il campo ha scoperto impietosamente. Certo, serve pazienza, c’è tempo. Ma Strootman vale Nainggolan? Duncan è stato qualcosa in più di Deiola? In difesa giocano gli stessi della retrocessione sfiorata. In più c’erano Rugani, Klavan e Calabresi. Adesso, ci sono Bellanova, Caceres e Altare. Ciascuno può farsi un’idea delle qualità individuali. Ma, a occhio, non sembra che il livello sia lievitato. Al di là della preparazione, che pare al di sotto del ranking medio richiesto in avvio di campionato, c’è un deficit di qualità e personalità. Da colmare. E siamo al dunque. Frignare non serve. Occorre giocare ciascun match – a partire dalla Samp, in casa domenica 17 – come fosse l’ultimo e valesse la salvezza. Frase fatta? Sì, ma non ci sono altre strade. Se non quella del lavoro, della concentrazione, del senso di responsabilità.

SUDORE, FATICA, RESPONSABILITA’. Dite in tanti della pigrizia dei giocatori: lo scorso anno nei passaggi peggiori con Di Francesco e Semplici, ci furono vari ritiri ad Asseminello, anche pesanti. Qualcuno sorrideva: alle 22 per il lockdown si stava tutti a casa, quindi il problema che stessero in giro non aveva senso. Adesso che tenere il gruppo unito male non avrebbe fatto, libertà collettiva. Il club – se desidera e vuole tenere il controllo societario, in caso contrario la scelta è una sola – deve usare chiarezza, umiltà e determinazione, mostrare visione e lucidità. Invece, pare annaspare. Emerge confusione, decisioni affrettate, rattoppi peggiori del buco. Certo, l’ultimo posto e gli stop interni levano il fiato.

Ma si deve reagire. Con sagacia, professionalità e puntualità. Invece, il silenzio è marmoreo. Dopo il cartellino rosso ricevuto dalla Figc per aver toppato – a proposito di sana gestione economica – con l’indicatore di liquidità e aver chiuso il mercato estivo con centomila euro di spese e introiti per sette milioni e mezzo, si aspetta gennaio. Per l’annunciata partenza di Nandez e l’auspicato arrivo di un centrale difensivo, un regista e una punta. Un trio da A, pronto, sano e motivato. Le prove, per dire, alla Diakite, Husbauer, Mpoku, Thereau, Paloschi, Calabresi o Asamoah sono una ferita ancora aperta. Forse, servirebbe anche altro per ciascun reparto.

Ma se si vuole stare a galla la musica è questa. Apprezzata e indicata anche dalla maggioranza dei tifosi: la maglia va omaggiata con cuore e passione. Mazzarri? Ottenga autonomia, mostri mestiere ed esperienza, motivazionale prima che tattica. L’organico è questo, inutile sperare in chissà quali magie. Cavarne il massimo è il bersaglio del tecnico. Il suggerimento? La società cancelli qualsiasi tipo di ingerenza dal lavoro e dalle scelte dell’allenatore toscano. Basterà? Per forza. La B sarebbe un inferno immeritato e indimenticabile per tutti.

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