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Brera 100/1: così “Giuàn” dipinse le gesta di Gigi Riva

Esattamente un secolo fa, l’8 settembre 1919, nasceva il più celebre cantore del calcio italiano: Gianni Brera. Dal suo estro sono nati termini nuovi legati al pallone e soprannomi immortali. Riscopriamo come descrisse il fuoriclasse rossoblù Gigi Riva

HERRERA. Il Cagliari dell’epoca dorata, a cavallo dello storico scudetto 1970, scomodò le penne e i commentatori più disparati. In particolare, Gianni Brera fu tra i più assidui estimatori del simbolo di quella squadra: Gigi Riva. Setacciando la sua “Storia Critica del Calcio Italiano“, la cui prima edizione venne pubblicata nel 1975, Brera descrive in numerose occasioni il cannoniere varesino. Quando le sue gesta iniziarono ad imporlo alla ribalta nazionale, dopo il Mondiale inglese visto da spettatore, scrisse del giudizio negativo di Helenio Herrera: “Accaccone – nomignolo dato da Brera al tecnico per distinguerlo da Heriberto Herrera “Accacchino” – pensa di Riva che sia un brocco. Quando il Cagliari gliel’ha offerto, ha proposto di dirottarlo al Bologna e ottenerne Pascutti“. Herrera non lo portò all’Inter ma in compenso lo chiamò in azzurro nel periodo del suo doppio ruolo. Schierò Riva contro il Portogallo, con il numero 9, e quel giorno l’attaccante subì il primo grave infortunio della carriera: che tuttavia non lo privò dello scettro del gol nella Serie A 1966-67.

SCUDETTO. Il Cagliari cominciò prepotentemente la sua scalata al vertice nel campionato 1968-69, lanciato dai gol a grappoli segnati da Riva, nel frattempo diventato un punto fermo della Nazionale tanto da far scrivere a Brera che “attualmente non ha eguali al mondo per potenza di scatto e di tiro, per senso acrobatico e coraggio“. Quando l’anno dopo i sardi stracciano la concorrenza accaparrandosi il tricolore, il cannoniere di Leggiuno esplode in tutto il suo splendore: “Riva è nel fiore della sua prestanza atletica: non ha un piede molto delicato, in effetti non gli serve. Ma nessuno sa battere al volo come lui, nessuno a rovesciarsi come lui em bycicleta, a staffilare da terra su calcio franco, a scattare, entrare, svellere. Riva è il condottiero effettivo del Cagliari: il match-winner sicuro, talvolta il mattatore. E quando è in pericolo il risultato sa arretrare e difendere come nessuno, impostare per avventarsi a dettare il lancio profondo. Succede qualche volta che la partita non ingrani come dovrebbe e Riva aspetta fremendo l’intervallo per spronare e talora minacciare i compagni meno disposti a lottare. Quasi sempre è lui a spuntarla. Nessuno osa eccepire se non a proprio rischio e pericolo. La Sardegna impazzisce per lui“.

ROMBO DI TUONO. Si deve proprio a Gianni Brera l’ingresso definitivo di Riva nell’immaginario collettivo, grazie al conio di un appellativo diventato immortale: “Rombo di Tuono“. Il giornalista e scrittore lo inventò per descrivere la sfavillante prova di Gigi contro l’Inter nell’ottobre 1970, quando fu autore di due reti nella vittoria corsara dei sardi a San Siro con lo scudetto sul petto. Di lì a pochi giorni Riva si infortunò gravemente contro l’Austria: un evento che sancì la fine del Cagliari più grande di sempre. E quando il 1° febbraio 1976 la carriera del bomber si interruppe definitivamente a causa di un altro incidente, Brera ne dipinse un lungo ritratto epico: “Il giocatore chiamato Rombo di Tuono è stato rapito in cielo, come tocca agli eroi. Ne può discendere solo per prodigio: purtroppo la giovinezza, che ai prodigi dispone e prepara, ahi, giovinezza è spenta“.

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