Il numero nove rossoblù sta attraversando il momento più difficile della sua carriera, tra fischi ed errori che li alimentano, con l’Inter è arrivata la stroncatura
SENTENZIATO. Immaginate di essere un giovane calciatore che si trova a dover sostituire il bomber della propria squadra contro una big del campionato. Immaginate di giocare in casa, davanti al vostro pubblico e di trovarvi nel tunnel degli spogliatoi pronti a scendere in campo con i vostri compagni. Rumori di tacchetti che scalpitano nel pavimento, lo speaker che legge i nomi e il pubblico che urla i cognomi. “Con il numero 4, Radja” e in coro “Nainggolan”. Poi via via gli altri: “Con il numero 18, Nahitan” e avanti fino al vostro nome. Quando arriva però l’entusiasmo si trasforma in fastidio e dagli spalti piovono fischi. Capite che solo il campo potrà salvarvi, ma potrebbe anche seppellirvi.
IL CASO. Così è iniziata la domenica nera di Alberto Cerri, attaccante del Cagliari che dopo un rigore procurato agli avversari che ha causato la sconfitta contro il Brescia è tornato ad essere protagonista in negativo contro l’Inter. Una settimana devastante per il giocatore, ormai sfiduciato dalla piazza e forse, dopo quella sostituzione a metà gara contro i nerazzurri, anche dal mister. Il suo è un caso che sconfina nella tragicommedia, una storia agro-dolce che racconta di un ragazzone che ce l’ha fatta, ma fatica terribilmente a reggere la pressione del massimo campionato. Cerri è l’emblema del “principio di Peter” applicato al calcio, dove un uomo tende a salire di categoria fino a quel grado che non riesce a gestire, nella fattispecie l’attacco di una squadra di Serie A.
PERCHE’. Non è pensabile che quello visto nelle ultime due partite sia lo stesso giocatore che ha realizzato 15 gol e 10 assist in Serie B con il Perugia. Non si può ridurre alle ultime 17 partite in rossoblù la carriera di un ragazzo che nel Settore Giovanile è stato per anni considerato un futuro campione e che ha giocato e segnato con tutte le Nazionali Under. Eppure è sotto gli occhi di tutti, anche dei bambini della Scuola di Tifo, che un Cerri così faticherebbe a trovare spazio anche in cadetteria. Allora perché questa crisi? I presupposti per sfondare c’erano tutti, le qualità le aveva dimostrate, non possono essere svanite nel nulla.
TROPPI PENSIERI. Cerri sta entrando nel tunnel già percorso dai vari Cammarata e Larrivey, una sindrome del Calloni (Egidio, s’intende) che lo sta portando a sentirsi costantemente addosso il dovere di smentire i detrattori. È come un falò al quale è stata aggiunta troppa legna: vuoi alimentare la fiamma, ma se non fai passare un po’ d’aria si spegne. I fischi non spariranno, anzi, perché il pubblico non ha pietà ed è giusto così. Lui è un professionista, dovrà tapparsi le orecchie e pensare solo al campo dimenticandosi i 4,5 in pagella e la pressione dei 10 milioni spesi da Giulini. Perché in Serie A nessuno ti aspetta e come dicevano i Gemelli Diversi: “ci sei solo tu e quella porta davanti”.