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Gigi Riva è Cagliari. Il Cagliari: nell’eternità

Formidabile cannoniere, uomo copertina, personaggio schivo suo malgrado sotto i riflettori. La storia infinita con Cagliari e l'azzurro della Nazionale. Gigi Riva sarà amato per sempre.

Non è facile scrivere queste righe. Quando ho scoperto la squadra della città in cui sono nato, e ho iniziato a conoscere i grandi campioni che ne hanno scritto la storia, i miei occhi appassionati hanno ben presto compreso un solco. Profondissimo. Quello realizzato da Luigi Riva, per tutti Gigi. Un eroe moderno, così particolare da colpire la fantasia di scrittori, tifosi, intellettuali, il bambino e l’adulto, l’anziano. Suscitando un’attenzione pressoché bramosa nei suoi confronti che, ne sono certo, non ha mai deglutito facilmente per via della sua natura.

Immaginate quanto in profondità si possa annidare il dolore nell’animo di un ragazzo, nato in una cittadina lombarda quando la Seconda Guerra Mondiale non era ancora terminata, rimasto orfano di entrambi i genitori ancora giovanissimo. Come dichiarò l’amata sorella Fausta: “La mamma non ha fatto in tempo a vedere che era diventato un campione“. Sofferenze annodate in un carattere schivo, asciutto, come la sua parlata.

Laveno Mombello, Legnano e, nell’estate 1963, il Cagliari. Il grande Andrea Arrica se lo assicura per 37 milioni e mezzo, portando in Sardegna un ragazzo magro come uno stecco. Ma dotato di un sinistro esplosivo e di una carica agonistica già ben visibile. Quella terra lontana, lontanissima da quella natìa, da approdo ricco di incertezze sarebbe diventato il porto naturale di una vita intera. Sì: perché Luigi Riva da Leggiuno non avrebbe mai tradito Cagliari. E, soprattutto, il Cagliari.

Le grandi compagini del Nord, a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, intendevano fargli ponti d’oro. Pagando uno sproposito per l’epoca, cifre immorali che Gigi rifiutò sempre. Non esiste nulla che possa comprare l’amore incondizionato, sincero, fedele che l’Isola sia stata in grado di donare all’uomo lombardo. Arrivato ragazzo e diventato uomo con addosso quello scudetto dei Quattro Mori. 156 volte hanno gioito per i suoi gol, solo in campionato, i tifosi cagliaritani. Ne hanno supportato le gioie, le affermazioni, anche in azzurro. Non dimentichiamolo: Gigi Riva è, quasi mezzo secolo dopo il suo ritiro dalle scene, il capocannoniere di sempre della Nazionale italiana con 35 reti. Al divino Meazza, fermatosi a 33 e superato dal bomber del Cagliari, non andò giù questo primato perché costruito contro avversari di livello discutibile: a suo dire. Ora glielo dirai tu, Gigi. Che i gol, intanto, bisogna farli. E tu hai regalato perle autentiche. Da stropicciarsi gli occhi l’incornata a volo d’angelo a Napoli contro la Germania Est nel 1969, la rovesciata all’amico Pianta in quel di Vicenza l’anno dopo. Gigi Riva vinse l’Europeo 1968 segnando nella finale-bis con la Jugoslavia. Neanche a dirlo, con un tiro mancino dei suoi.

Prima della Rimet 1970 eri considerato la degna risposta europea a un Pelé ancora fantastico, tuttavia verso il tramonto. Quel Mondiale, con tutti gli occhi su di te dopo il clamoroso Scudetto vinto il 12 aprile con quella bellissima maglia bianca e i lacci neri, ti vide azzannato dai tormenti. Questioni di cuore. Ma anche questioni di altura, che fiaccarono la tua devastante potenza in terra messicana. Intanto tu, insieme ai tuoi compagni, hai preso parte alla “Partita del Secolo”. Segnando con un diagonale mancino prima di gettarti stremato sul prato dell’Azteca.

Non sei stato assistito dalla buona sorte, Gigi. E se la frattura del ’67 a Roma in Italia-Portogallo poteva essere considerata un incidente di percorso, preludio agli anni migliori del tuo splendore, la seconda gamba sacrificata per la Nazionale al Prater di Vienna rappresentò molto di più. Tu avevi portato il Cagliari all’apice di un momento che non tornerà mai più, da tiratore scelto; tu, senza colpe, uscisti di scena mettendo la parola “fine” alla favola rossoblù. Forte d’animo e testardo, tornasti in campo a dispensare prodezze. Fino a quel pomeriggio di febbraio del 1976. L’ultimo grido. Il Re non sarebbe più tornato.

Giggirriva, Rombo di Tuono, Re Brenno. Lasciato il calcio attivo non ti tirasti indietro, quando il tuo amatissimo club aveva bisogno di te in altra veste. E lo avresti accompagnato, tra alterne fortune, fino al ritorno in azzurro. Dirigente accompagnatore, poi rinominato Team Manager. Il collante della Nazionale per generazioni di giocatori, nei quali incutevi rispetto e dei quali eri diventato il confidente fedele. Di quel periodo restano nell’immaginario alcuni scatti indimenticabili soprattutto a USA ’94. Insieme a un altro grande campione più forte delle avversità e refrattario ai riflettori: Roberto Baggio.

Un uomo dalla schiena dritta, Luigi Riva. Quando prima del Mondiale 2006 la Nazionale fu massacrata anche dalla politica in pieno uragano Calciopoli, lui se ne ricordò. Così bene che, dopo il trionfo di Berlino e la notte di baldoria romana con la Coppa, decise di scendere dal pullman in segno di protesta: tanti criticoni sfacciati stavano salendo sul carro – pardon, bus – dei vincitori.

Il rigore morale. Il carisma. L’identificarsi con Cagliari e l’amore immutato della cittadinanza nei confronti del loro Mito.

Lo stress, l’avanzare dell’età, i problemi di salute. La depressione, confessata solo in tempi recenti. Gli ultimi bagliori al Sant’Elia con il ritiro della maglia numero 11, la consegna del Collare d’Oro CONI. E, infine, le parole spese per “chiamare” Claudio Ranieri a un ritorno sulla panchina rossoblù.

E pazienza, caro Gigi, se non sono mai riuscito a intervistarti. Diversi anni fa, approcciandomi al ruolo del cronista rossoblù, ti “feci la posta” davanti al ristorante del tuo amico Giacomo. Per quasi tre ore. Alla fine uscisti, per fumarti una sigaretta, seduto su uno scalino. Con voce tremante e chinandomi a due metri da lui, mi presentai. Mi chiese scusa, perché era un periodo in cui non rilasciava dichiarazioni e aveva detto tanti “no” ben più importanti di un Fabio Ornano qualunque. Mi salutò, porgendomi la mano liscia.

Me ne andai felice a casa. Come un bambino che la notte di Natale scarta il regalo che ha sempre desiderato. Quanti articoli scritti su di te, Gigi. E quanti ne scriverò ancora.

Gigi Riva è Cagliari. Il Cagliari: nell’eternità.

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