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Non solo pallone: Mazzarri manager, punta sulle ville di lusso in affitto

In una recente intervista, prima dell’incarico affidatogli da Giulini, il nuovo tecnico del Cagliari aveva parlato del suo periodo lontano dal calcio. “Ho voluto misurarmi con l’economia”

Non è rimasto con le mani in mano, Walter Mazzarri. Dopo le dimissioni al Torino, il tecnico livornese si è cimentato anche in in una branca dell’imprenditoria che in questo periodo sembra stia rendendo piuttosto bene, quello delle ville di lusso.

IMPRENDITORE. “Faccio il manager. Ho messo su ville di lusso che affitto a un target alto”, aveva spiegato Mazzarri in una recente intervista al Corriere della Sera, “ho voluto misurarmi con l’economia, sfruttando gli insegnamenti di imprenditori importanti che ho avuto come presidenti: Cairo e De Laurentiis, in particolare. Ho già ospitato vip, personaggi dello spettacolo. Tutti entusiasti. Quando facevo il secondo di Ulivieri e a Napoli lui mi presentò a Ferlaino, gli disse: ‘presidente, il mio vice è un economista e poi un bravo tecnico’. E ho indirizzato entrambi sugli investimenti”.

IL SUO CALCIO. Tornando al pallone, si parla del suo marchio di fabbrica, la difesa a tre. “Anche il Chelsea quest’anno si è mosso nella stessa direzione” prosegue il tecnico livornese, “e ha vinto la Champions. Quando le idee sono buone sono sempre valide. Ci sono varianti tattiche che non passano di moda, l’importante è applicarle alla logica calcistica di questa o quella squadra. Si discute molto della costruzione dal basso, del possesso palla: va tutto bene quando il gioco non è fine a sé stesso. Ci vuole equilibrio. Il mio percorso? Basta andare a scorrere gli almanacchi: Reggina salvezza storica, Livorno ritorno in A dopo 55 anni, Sampdoria rinata, Napoli preso al sestultimo posto e portato in Champions. Quinto con l’Inter in un momento storico difficile per il club e a Torino il record dei 63 punti. Poi, certo, c’è chi dice: ma cosa ha vinto? Molte volte in questo ambiente, sbagliando, si parla di vincenti e non vincenti. Il lavoro dell’allenatore va valutato in base alle forze che ha. Chi consegue risultati superiori alle aspettative vince uguale. Un rimpianto? Con il senno di poi, di essere arrivato all’Inter nel posto giusto ma nel momento sbagliato. Una sfida vinta? Difficile scegliere, ma il primo anno a Torino con i 63 punti è indimenticabile. Poi decisi di dimettermi l’anno dopo ma per questioni che con il calcio e il club non c’entrano. E di cui non parlo”.

 

 

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