Nandez, espulso, e soci crollano in casa con la neopromossa di Pippo Inzaghi. Interviste, sparate e promesse non bastano. Dal campo un verdetto impietoso pur un buon Nainggolan per 20’
Considerazione numero uno: oltre al Ninja, bentornato, serve ben altro. Numero due: la situazione è preoccupante. Molto preoccupante. La classifica e il calendario (domenica a Firenze, quindi il Milan alla Sardegna Arena, sono da brivido. I tifosi hanno ragione a scuotere la testa. D’altronde, metterla sotto la sabbia per negare campagna acquisti e cessioni deficitaria, il taglio di figure competenti e ben inserite, rosa con troppi doppioni e alcuni inadeguati, atteggiamenti opachi e un occhio e più attento al merchandising e al commerciale, non paga. Il che non significa che avere i conti in regola o puntare sui giovani sia un male. Anzi. Ma occorre una quadra. Con Eusebio Di Francesco che – pur pagando colpe non solo sue – pare essere un tanto in confusione. La squadra nel secondo tempo ha fatto un tiro e mezzo in porta, i cambi hanno mutato di poco o nulla l’inerzia della partita. La poca qualità si è fatta sentire. E adesso, il mercato diventa cruciale. Intanto, l’aria si è fatta molto pesante. Il Benevento? Ha 21 punti dopo sedici turni: gli stessi che ha fatto nell’anno in cui è retrocesso. Chapeau!
ASPETTATIVE DELUSE. La squadra dei 57 tiri in porta nelle ultime due partite contro il Cagliari dei 4 punti nelle ultime otto gare. Entrambe sono nel terzetto delle peggiori formazioni della A per possesso palla, battute solo dalla Samporia. Eusebio Di Francesco piazza Pavoletti e Nainggolan dal 1’. Ma non è una notizia. Mentre Caligara la spunta su Oliva e Tramoni, possibile terzo avanzato con il Ninja in mediana. Tripaldelli al posto di Lykogiannis, Sottil in panca. Inzaghi riparte dai due ex, Ionita (132 gare, 6 reti in rossoblù) e Sau (202 gare in rossoblù e 49 reti)). Schiattarella e Lapudula in attacco, con l’eterno Glick a guidare la difesa. Si parte. L’approccio è buono. Su palla morbida di Nainggolan, gol annullato erroneamente a Pavoletti, lo scontro con Montipò pare insignificante. Il match è subito caldo: nei primi 6’ Abbastista ammonisce Caligara e Schiattarella. La partenza è positiva: finalmente il Cagliari è aggressivo dal via. Il 4-2-3-1 viene sgretolato dal Ninja che va a ovunque. Al 12’ Cragno su Lapadula: rigore prima concesso, poi cancellato. Le immagini scagionano il portiere. Sau a seguire, difesa di gesso, perdona il Cagliari con scavetto a tu per tu di nulla a lato.
Il Benevento leva il fiato. Con Insigne e Hetemaj, Tripaldelli e Caligara sono in affanno. A destra, per Zappa e Nandez su Barba e Ionita, va meglio. Marin, poco incisivo nelle due fasi, ha un bel destro. Ma c’è Nainggolan. Su palla recuperata, l’indo-belga impegna Montipò da 50 metri. Dal corner l’1-0 di Joào Pedro. La reazione ospite è debole. I rossoblù ripartono, sempre con il numero 4. Che spara due bordate alle stelle dal limite, peccato. Poi, al 42’, c’è Sau: gran gol in mezza girata al volo su assist di Schiattarella: 1-1. Ma Walukiewicz dov’era? Anche se la società lo dà nell’orbita delle grandi d’Europa (!), il polacco deve ancora crescere. Due minuti e il Benevento passa in vantaggio: Tuia di testa, completamente solo, precede tutti. Un altro inserimento del tonarese pare letale. Il bilancio? Enormemente deficitario.
FANTASMI ALLA SARDEGNA ARENA. Sottil al posto di Caligara è il minimo per provarci. Marin sbaglia lo stop elementare su palla dentro l’area di Nàndez. Male. Il Cagliari ha il pallino, il Benevento viene schiacciato. Il neoentrato impegna Montipò, corner. I rossoblù pressano, Difra urla come un ossesso. Se dopo 20’ del secondo tempo perdi in casa e sei a 3 punti dalla terzultima piazza, c’è poco da stare tranquilli. Entra Simeone, fuori Tripaldelli: Eusebio gioca all’attacco. Escono Sau (tra i migliori) e Lapadula per Caprari e Di Serio: i due si divorano il 3-1. Entra Pisacane per Ceppitelli. All’80 si chiude il quarto debutto in rossoblù di Nainggolan: sufficienza striminzita solo per i primi 20’. Poi, dinamismo da ritrovare in rossoblù e idee stentate. Deve ritrovare ritmo e continuità. Entra Pereiro. La palla pesa cento chili, la paura incombe e favorisce chi deve difendersi. Nàndez perde la testa, doppio giallo. Inaccettabile. In dieci, ci prova Pavoletti. Inzaghi inserisce Maggio e Dabo. Destro di Simeone nel recupero, Montipò para. Finisce 2-1. La crisi è granitica.
Pazienza e Pisadog. “Le feste sono finite. Ora basta! Sconvolts!” Lo striscione è comparso allo stadio nel cuore della notte, in pieno coprifuoco. L’hanno piazzato di fronte all’ingresso delle squadre. La pazienza è agli sgoccioli in tutti i segmenti della tifoseria. Fabio Pisacane, 151 presenze al Cagliari, contratto in scadenza a giugno. Coperta buona per tutte le occasioni, comprese le costole fratturate e la disponibilità data a Zenga. Ma pare sia game over. È quasi fatta per un biennale al Lecce. In bocca al lupo. Però! Gli indicano l’aeroporto manco fosse un kleenex. E sarebbe crudele se corrisponde al vero quel che gli avrebbe detto il presidente del Cagliari quest’estate: “Fabio, vai all’Olbia!”. Di Francesco si è adeguato. In ritiro al difensore dei Quartieri spagnoli, avrebbe detto: “Lavora, ti seguo, così come seguo Ladinetti!”. Non occorre essere scienziati per intuire lo sgarbo.
Al di là delle considerazioni oggettive, perché se è vero che non parliamo di Nesta o Sergio Ramos, è altrettanto assodato che il giovane centrocampista deve ancora diventare calciatore maturo. Aver messo sullo stesso piano, se non altro per educazione e rispetto, un difensore di 32 anni con oltre 140 gare e tre reti in A con un ragazzino del 2001 è e rimane un errore. Poi, ci sono i puntini di sospensione: possibile, per stare all’ultima imbarazzante imbarcata con il Napoli, ma anche alle giocate odierne di Sau, che Pisacane non potesse essere utile alla causa con i rapidi e piccoletti Lozano, Insigne e Di Lorenzo? Non può esserci risposta. Ma le scelte sono state diverse. Così come quelle avute dal campo. Intanto, il presidente, intervistato e messo a suo agio, cambia scenario: “Pisacane, magari resta. Gli voglio bene”. Sigh!