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La parabola discendente del Cagliari e l’addio di Riva

Dopo la magica annata dello scudetto la squadra rossoblù deve fare i conti con una inesorabile discesa che porterà alla retrocessione in serie B

Nella stagione 1971-72 il Cagliari prova a tornare tra le grandi. Riva è tornato dal suo grave infortunio del Prater, ma non è lo stesso giocatore capace di incredibili sgroppate che mandavano in delirio il pubblico.

Tuttavia Manlio Scopigno riesce a reinventargli un ruolo ad hoc, cercando comunque di sfruttare le sue doti di goleador. E non sbagliò!

Rombo di Tuono fu capace di realizzare ben 21 reti ed il suo Cagliari si classificò quarto, che valse pure la qualificazione in Coppa Uefa.

I tifosi sono convinti: il Cagliari è tornato! Ma la gioia durò ben poco, a cominciare dall’addio del Filosofo, che in cuor suo sapeva che l’epopea rossoblù era finita, che preferì farsi da parte.

Al suo posto venne chiamato EdmondoMondinoFabbri a cui dopo il fallimento del Mondiale in Inghilterra del 1966, dovette inserire nei suoi insuccessi anche l’esperienza in Sardegna.

In Coppa il Cagliari viene eliminato ai trentaduesimi di finale per mano dell’Olympiakos, mentre in campionato conclude in un anonimo ottavo posto. Gigi Riva realizza la “miseria” di 12 goal.

Giuseppe Chiappella sostituisce Fabbri, ma i risultati vanno di male in peggio, specie nella stagione 1974-75 quando Gigi Riva viene messo fuori gioco per quasi l’intera stagione a causa di una fastidiosa pubalgia.

La squadra è letteralmente in crisi e la società esonera Beppone per chiamare Luigi Radice. L’ex terzino di Milan e Fiorentina, pioniere del gioco a zona, prende con se come secondo il buon Mario Tiddia.

Con pazienza e piccoli passi portano la squadra ad una clamorosa salvezza, e preziosi furono i dieci goal di Bobo Gori.

Ma nel 1976 arriva la retrocessione. E’ probabilmente l’anno più amaro della storia rossoblù, a cominciare dal quel maledetto 2 febbraio: Gigi Riva, nel tentativo di contrastare lo stopper del Milan Aldo Bet, si procura la lacerazione di un adduttore, di fatto ponendo fine alla sua carriera.

In quei momenti il silenzio regnava sovrano al Sant’Elia e in tutti aleggiava la medesima sensazione, ovvero che il Campione non sarebbe più tornato il campo. Perso il suo uomo simbolo, la squadra perde la bussola (che in quella stagione lo spagnolo Luis Suarez Miramontes non era mai stato capace di orientare) e pure la serie A.

 

 

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