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Cagliari, la Serie A è fondamentale ma non c’è una visione

Una salvezza importante, ma anche un campionato da analizzare: i punti chiave di una stagione portata a termine tra luci e ombre

La stagione 2018/2019 è andata agli archivi, il traguardo è stato raggiunto ma le modalità dovevano e potevano essere ben altre. Il Cagliari ha ottenuto una salvezza importante, fondamentale per una società che vuole provare a crescere strada facendo. Ma è proprio la strada che appare tutt’altro che delineata.

Il campionato da poco concluso portava con se diverse aspettative, se non altre quella riguardante un deciso cambio di rotta rispetto al cosiddetto ‘navigare a vista’ proposto nelle ultime stagioni. Tre i punti fondamentali che non hanno portato a un deciso miglioramento: il il cambio del direttore sportivo, il mercato, il cambio di allenatore.

IL DS. L’arrivo di Marcello Carli alla direzione sportiva della società non ha portato finora benefici tangibili. Il mercato estivo prima, così come quello invernale poi sono stati decisamente deludenti e improntati più sulla quantità che sulla qualità. Da Klavan e Bradaric (anche se il primo è stato penalizzato dalle varie assenze per infortuni) ci si attendeva molto di più. Per quanto riguarda Castro, invece, ha fatto intravedere solo in parte quello che potrebbe dare a questa squadra: ne avrà la possibilità il prossimo anno.

IL MERCATO. Ciò che però ha letteralmente sconcertato è il mercato di gennaio. La partenza dei vari Sau, Farias e Dessena avrebbe dovuto essere colmata con giocatori ‘pronti all’uso’, in una delicatissima fase della stagione in cui la squadra rossoblù stava incontrando numerose difficoltà. Ancora una volta (dopo l’acquisto nel gennaio del campionato scorso di Ceter) si è puntato su un giocatore totalmente da scoprire come Oliva, corpo estraneo e tuttora oggetto misterioso della rosa, o a giocatori come Thereau che non vedevano il campo da diversi mesi e che infatti hanno continuato a non vederlo. Cosa ha portato tutto ciò? La squadra ha dovuto fare letteralmente a meno dell’aiuto rappresentato dal mercato di riparazione (salvo per la sorpresa Pellegrini), aggrappandosi così alle forze interne che, piano piano, hanno condotto in porto una nave assemblata non proprio al meglio.

IL TECNICO. In questo il mister Maran ha avuto dei meriti, ma è anche da sottolineare che certe scelte di mercato (la permanenza in estate di Farias e Sau, salvo poi optare per le loro cessioni a gennaio) hanno prodotto tanti fraintendimenti, perdite di tempo e rischiose uscite a vuoto.

I NUMERI. Per un piccolo bilancio vengono in soccorso i numeri: dei campionati in Serie A sotto la gestione Giulini, il migliore resta il primo, con Rastelli in panchina e Capozucca ds: 47 punti finali, con una media di 1, 24 a partita. Distante il risultato ottenuto da Maran (41 punti, media 1,08), più vicino a quello di López lo scorso anno (39 punti, media 1,02). Continuano a essere tanti i gol incassati (54), ma pesano anche i pochi gol messi a segno (appena 36, terzultimo peggior attacco della categoria), nonostante (e grazie) alla presenza di Pavoletti. È invece aumentato il rendimento tra le mura amiche (30 punti), tasto dolente dello scorso anno anche se, quasi come se si trattasse della classica coperta corta, è peggiorato il rendimento esterno: appena 11 i punti ottenuti lontano dalla Sardegna Arena, terzo peggior risultato del campionato.

Sono questi tutti elementi buoni sui quali riflettere, e che sottolineano come al Cagliari manchi ancora una visione, un progetto serio sul quale porre solide basi. Al momento, al netto del progetto stadio (che non sarà di rapida realizzazione), la sensazione resta semplicemente quella di sopravvivenza.

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