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Abeijon: “Via da dodici anni, ma mi sento ancora Sardo. Il Cagliari è tutto”

Primo estratto dell’intervista di Nelson Abeijón a L’Unione Sarda. “Il Guerriero” parla del suo amore per Cagliari e del compagno e amico di sempre Diego López.

ABE, IL GUERRIERO. Nelson Javier Abeijón Pessi, nato a Montevideo il 21 luglio di 45 anni fa. Per tutti, Abe. “Il Guerriero”. Nove stagioni in rossoblù, dal ’98 al 2006. Con una parentesi al Como nel 2003, per i contrasti con l’allenatore Giampiero Ventura. Prima di festeggiare la promozione in Serie A: “Il ricordo più bello della mia avventura in Sardegna” – dice Abe in un’intervista a L’Unione Sarda, di cui vi proponiamo due estratti (qui il secondo). “Non scorderò mai le lacrime di gioia dei tifosi, quel giorno al Sant’Elia. Ogni giorno per strada. Ci ringraziavano per avergli ridato la possibilità di guardare il resto d’Italia a testa alta. Ma in fondo eravamo noi a dover ringraziare loro per averci permesso di vivere qualcosa di speciale nella terra più speciale. Per questo dico, questa salvezza vale più di qualsiasi altra cosa”.

IL ROSSOBLÙ SULLA PELLE.Il Cagliari è qualcosa che ti resta dentro a prescindere. Come i figli, i genitori, i fratelli. Come un tatuaggio che porti con te ovunque. Ieri, oggi, domani, sempre. Sono andato via da dodici anni ormai, ma continuo a sentirmi un cagliaritano, un sardo. Quando lo dico ai miei amici o ai miei parenti mi prendono per matto e forse un po’ lo sono. Solo io, però, so quello che ho vissuto con quella maglietta addosso, la sento ancora appiccicata sulla pelle. Le gioie, i dolori. Le tante emozioni vissute sul campo o tra la gente, gente speciale, che sa cosa significhi il sacrificio, il rispetto, la passione. Perché il Cagliari non è solo una partita di calcio, il Cagliari è tutto“.

IL PRESENTE DI ABE. Ora l’ex centrocampista del Cagliari è allenatore in seconda del Cerro, una delle sedici squadre di Montevideo. E sogna, un giorno, la panchina rossoblù: “Chiaramente tra vent’anni, quando Diego si sarà stufato. Ci arriverò col bastone, ma sarà bellissimo ugualmente. In panchina ho iniziato quasi per caso, dopo aver smesso. La mia idea di calcio? Mi piace giocare in modo sfrontato, senza mai buttare la palla. L’allenatore con il quale sono cresciuto di più è Sonetti: mi ha aiutato soprattutto dal punto di vista caratteriale. Ora mi ispiro a Holan e Simeone“.

L’AMICO DIEGO. Ora però sulla panchina rossoblù siede il suo amico di sempre, Diego Lòpez. Compagno di mille battaglie per Abe: “Quando giocavamo non pensavo avrebbe allenato, lo ammetto. Quattro giorni l’ho sentito per messaggio. Gli ho fatto i complimenti per la vittoria di Firenze. Lui mi ha ringraziato e ricordato che non è ancora finita, che è durissima. È comunque fiducioso. Alla squadra ha dato equilibrio e solidità difensiva, anche se certe sconfitte sono state pesanti. Ha trasmesso tranquillità e senso di appartenenza. Sa bene cosa significhi giocare per il Cagliari, sa che in palio non c’è solo una partita di calcio ma l’onore di un intero popolo. Per questo mi è dispiaciuto leggere su facebook tutti quei commenti negativi. Ho pensato: ‘Ma stanno davvero parlando di Diego? Il simbolo di tante battaglie che ha lasciato l’Uruguay per sempre per il Cagliari e la Sardegna? Per fortuna, nel calcio c’è sempre l’ultima parola. Diego se la sta prendendo e quando il Cagliari si salverà, credetemi, in tutta l’Isola non ci sarà persona più felice di lui“.

 

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