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Dario Silva: “Ho perso una gamba, e allora? La vita continua e sorrido, senza alcun rimpianto”

Le parole dell’ex giocatore del Cagliari, che racconta le sue mille vite. L’ultima, quella in una pizzeria come tuttofare. Senza mai dimenticare Cagliari: “La mia casa”

Non ha mai dimenticato la Sardegna, tanto meno la maglia rossoblù. Nonostante le tante peripezie, Dario Silva ha sempre un ricordo indelebile degli anni trascorsi sull’Isola. Ora, però, la vita è un’altra.

“Mi sono reinventato”, spiega l’ex giocatore del Cagliari a Sportweek, che ora fa il cameriere in una pizzeria di Malaga, “vivo qui da tre anni, sono un tuttofare. Qui vengono curiosi, ex compagni, turisti, giornalisti. Prima o dopo le partite è sempre una bolgia”.

CAGLIARI. “La Sardegna è la mia casa, Cagliari è la città più bella che abbia visto. Seguo sempre il club, impazzisco per Nandez e Pereiro, sono due fenomeni. Quando torno nell’Isola è sempre come se fosse la prima volta. Mi chiamavano ‘Sa Pibinca’ perché non stavo mai fermo”.

TRAPATTONI. “Se sono diventato un calciatore lo devo a lui, mi ha fatto capire il gioco a suon di strilli. Un giorno, a fine allenamento, mi tolsi le scarpe per andare sotto la doccia, ma il Trap mi portò a centrocampo dicendomi che la seduta non era ancora finita”.

CELLINO. “Avevo un bel rapporto con lui, è uno che ti dice le cose in faccia. Spesso veniva negli spogliatoi prima del match e ci caricava. Vive la squadra a 360 gradi. Ventura? quando tornammo in Serie A dissi al presidente di scegliere tra me e lui: non lo sopportavo. Cellino decise di tenere il tecnico e io volai in Spagna, prima all’Espanyol, poi al Malaga“.

L’INCIDENTE. “Avevo lasciato il calcio da poco, quando la macchina andò a sbattere ero a Montevideo. Non ricordo molto di quei giorni, ma ora me ne frego. Ho perso una gamba, e allora? La vita continua e sorrido, senza alcun rimpianto. Vorrei fondare un team di ciclismo e sfidare i miei amici, è uno sport che ho sempre amato. Conoscevo Marco Pantani, una volta mi regalò la sua bandana”.

FRANCESCOLI. “Ho giocato con grandi campioni, difficile scegliere il più forte. Ricordo Enzo Francescoli, un genio. Il giorno del mio primo gol in Nazionale, nel 1994, fu lui a mettermi la palla sulla testa. Ero un bambino felice”.

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