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Maran: “Obiettivo metà classifica? Ricordiamoci da dove partiamo”

Maran

Seconda parte dell’intervista a Rolando Maran: “Ecco il mio calcio”. Gli allenatori preferiti, le sconfitte con Parma e Inter e tanto altro.

MARAN. Ha 55 anni, di cui gli ultimi sedici vissuti in panchina. Cittadella, Brescia, Bari, Triestina, Vicenza, Varese, Catania e Chievo. E ora Cagliari, una nuova sfida sulla panchina rossoblù iniziata in estate. Una sfida che Rolando Maran ha cominciato con grande entusiasmo e professionalità. Gli attestati di stima non sono mancati, i risultati altalenanti pure. Ma Maran, intervistato da L’Unione Sarda (qui la prima parte) non demorde e vuole sempre di più: “Il segreto è sentirsi più forte di quello che sei per superare i tuoi limiti. È la realizzazione dei sogni“.

PARTITE. Parma? Non si può avere tutto e subito, in un percorso di crescita ci stanno anche delle sconfitte. Tra l’altro, per un tempo la squadra sapeva quello che voleva. E quel giorno ero orgoglioso di allenare il Cagliari e non il Parma. Inter? Le scelte vanno fatte prima non a posteriori. È giusto dare spazio a tutta la squadra se sta lavorando bene. Se Faragò subentra e fa una grande partita contro il Bologna, il merito è anche della gara giocata a San Siro“.

IL CALCIO DI MARAN. Modulo? Non sono i numeri a fare il vestito ma l’interpretazione della partita. Poi è chiaro che abbiamo dei concetti. Il 4-3-1-2 è un punto di riferimento, ma cambiamo spesso, in entrambe le fasi. Il mio è un calcio fatto di sacrificio ma propositivo. L’ideale è avere giocatori che decidono le partite con un allenatore che gli dà equilibrio. Mi diverto di più a vincere e mi piace farlo attraverso il gioco. L’organizzazione difensiva è il presupposto per attaccare meglio. Se passi la partita a rincorrere gli altri, ti può andare bene una volta, due, ma alla lunga no“.

ALLENATORI.Non mi ispiro a nessuno in particolare. La categoria italiana oggi è al top in Europa. Metto Allegri e Ancelotti davanti a Sarri, ma solo perché hanno vinto di più. Quanto incide un allenatore? Questo non lo so, ma incide. Soprattutto quando una squadra ha bisogno di un’organizzazione“.

MARAN IN PANCHINA.Io insegnante di calcio? Forse proprio insegnante no, ma mi piace che la mia squadra cresca giocando a calcio. Poi subentrano altri fattori, come l’intensità, la rabbia, il sangue negli occhi. Tattica o gruppo? Le due cose non possono prescindere l’una dall’altra. Io allenatore normale? Bisogna capire cosa s’intende per normale. Se l’essere normale significa non fare l’incantatore di serpenti, ne sono ben felice.

CAGLIARI: PRESENTE E FUTURO.Qui cercavo l’occasione giusta per crescere e l’ho trovata. In una piazza prestigiosa, di grande fascino, con compagni di viaggio ideali e un presidente ambizioso. Giulini dice che l’obiettivo è metà classifica? Premesso che dobbiamo sempre ricordarci da dove siamo partiti, il nostro è un percorso di crescita, poi non so dove questo ci porterà. So molto bene, però, quanto valore ha la salvezza. Il che non significa limitarci o non voler stupire tutti, anzi“.

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