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Langella: “Zola il più grande. López allenatore già in campo”

Qualcosa di indimenticabile? Il 3-2 al Palermo di Grosso e Toni a 3′ dalla fine, nel 2004“. Parola di Antonio Langella, per i sardi “Arrogu Tottu“, in un’intervista rilasciata oggi a La Nuova Sardegna.

Domenica si affrontano due uomini per lui fondamentali: Delneri contro Lopez. Chi vince? Diego ha entusiasmo, personalità, sa quello che vuole. A Udine farà la sua partita per non perdere: un punto sarebbe ottimo. Delneri, ha esperienza: l’ho avuto a Bergamo, è tra i tecnici che mi ha dato di più. Vorrà vincere”.

Per il quarantenne di Sorso, in rossoblù dal 2002 al 2007 (136 partite e 20 gol), López è prima di tutto un amico e un compagno: “Diego si fa ascoltare. Iniziava a urlare negli spogliatoi e finiva in doccia, dopo la partita. Si vedeva che guardava lontano e aveva le carte giuste per allenare, leggere le gare e caricare il gruppo. Non gli servono suggerimenti, sa lui».

Avete mai litigato? «Sì. L’anno con Giampaolo in panca accusò me e qualche altro di non brillare in allenamento. Ce le siamo dette. Ma è finita lì e forse mi deve ancora una pizza. Caratteri forti, ma sapeva che se c’era da fare la guerra per la squadra e per raggiungere gli obiettivi, sarei stato presente».

Un ricordo speciale?Le sue urla nella partita contro la Juve di Buffon, Del Piero, Cannavaro, Camoranesi e Nedved al Sant’Elia. Perdevamo 1-0, gol di Emerson. Sentivo Diego, ci incitava e non mollava mai. Poi, Zola fece quella magia di testa“.

Quel gruppo era tosto, siamo sempre stati in serie A. Ci siamo trovati a stringere i denti nelle ultime giornate e ne siamo usciti. E Diego era sempre l’ultimo a mollare. Serve pazienza, anche per risolvere i problemi tutti assieme. Ho conosciuto solo uno bravo a capovolgere le partite: Gianfranco Zola“.

Indimenticabili anche le sue tre partire in nazionale. Con esordio proprio al Sant’Elia contro la Russia: “Un brivido che non dimentico“. «L’Italia? Si deve rifondare con un allenatore che ha vinto ovunque. Penso a Ancelotti o Mancini. Il progetto nazionale va messo nelle mani di tecnici esperti a livello mondiale»

Ventura (suo allenatore dal 2002 al 2003, ndr) è bravo ma soffre la personalità dei giocatori più esperti. Ed è noto per essere permaloso e poco tollerante con le opinioni altrui. A questi livelli devi saper gestire pressione e critiche. Altrimenti salti. Forse l’errore sta a monte. Quando Tavecchio l’ha chiamato c’era un problema di ingaggio degli altri big, alcuni impegnati con grandi club. C’è poco da rimuginare, si deve cambiare passo in fretta”.

Sulla questione stranieri e oriundi:Brasile o Argentina non fanno giocare un italiano, uno svizzero, un polacco. E non ho nulla contro Eder o Jorginho. Ma va messo un tetto di due, tre stranieri, in caso contrario non se ne viene fuori. Chi può deve avere coraggio, altrimenti verranno altre Svezia“.

Da dove si riparte? “Da giovani come Rugani, Cutrone, Florenzi, Darmian, Conti, Gagliardini, Romagnoli, Insigne. Va rivitalizzato l’intero sistema con una filosofia nuova. Qualcuno che mi somiglia? Forse, per la potenza e la difesa della palla prima del tiro, Belotti».

Meglio il Cagliari di quest’anno o dell’anno scorso? “Borriello ha fatto tanti gol, Isla, Bruno Alves e Tachtsidis sono grandi giocatori. C’erano Murru e Di Gennaro. Un organico più esperto, ma ci vuole tempo. Pavoletti a Genoa ha fatto sfracelli, a Napoli era chiuso dai tre tenori. Verrà fuori, col Benevento ha segnato da bomber di razza. Intanto, applausi per Barella, davvero forte. Poi, penso a Joao Pedro e Farias: ci ho giocato nel Chievo. Mi piacciono ma difettano in continuità. Possono fare meglio”.

E tra Rastelli e López?Non conosco Rastelli ma in B ha vinto il campionato e da neopromossa in A si è piazzato a metà classifica. Ma senza i risultati, si sa, il primo a pagare è l’allenatore. Quest’anno il Cagliari è partito per la salvezza. Tenuto conto che alcuni club già annaspano, Benevento in testa, centrerà il bersaglio“.

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